Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  dicembre 10 Giovedì calendario

GLI INGLESI E IL RISORGIMENTO PERCH AIUTARONO I SAVOIA


Da un libro di Arrigo Petacco sull’Unità d’Italia si evince come l’Inghilterra sia stata un’alleata davvero preziosa per il nascente Stato italiano.
A cominciare dal duro giudizio che questa esprimeva nei confronti del governo austriaco nel Lombardo-Veneto per arrivare alla nota diramata contro un possibile intervento militare delle potenze europee contro il movimento unitario italiano (che si era trovato unito pure nelle sue molteplici espressioni). Qual è il suo giudizio in merito? Si può dire che l’Inghilterra sia stata un’alleata tanto preziosa quasi quanto la Francia di Napoleone III?
Massimo Bassetti
adrepans@libero.it

Caro Bassetti,
La risposta alla sua do­manda è certamente sì. L’aiuto militare francese fu decisivo nel 1859, ma la Francia desiderava tutt’al più uno Stato dell’Italia settentrio­nale, sottratto all’Austria e lega­to per quanto possibile ai pro­pri interessi. Napoleone III era sensibile al sentimento nazio­nale degli italiani e non aveva dimenticato gli anni in cui, gio­vane carbonaro, aveva parteci­pato alle insurrezioni romagno­le. Ma le ambizioni italiane su­scitarono in buona parte della società francese una certa diffi­denza e persino un socialista, Pierre-Joseph Proudhon, espresse su Garibaldi un giudi­zio severo. La Gran Bretagna, invece, assecondò il processo dell’unificazione e non esitò a sostenerlo con segni e messag­gi non soltanto verbali e simbo­lici. La presenza di due navi in­glesi nel porto di Marsala du­rante lo sbarco dei Mille disse chiaramente al Regno borboni­co che l’operazione di Garibal­di godeva delle sue simpatie e della sua protezione.
Le ragioni dell’atteggiamen­to britannico furono in parte culturali, in parte strettamente politiche. I liberali inglesi era­no favorevoli ai moti nazionali europei. Il loro leader, William Gladstone, scrisse un feroce pamphlet contro il Regno delle due Sicilie. Londra accolse ge­nerosamente Mazzini e contri­buì a fare di lui un grande per­sonaggio europeo. Il viaggio di Garibaldi a Londra fu un suc­cesso e suggerì alle aziende di ceramica dello Staffordshire la costruzione di statuette vario­pinte del generale che hanno decorato da allora i caminetti delle case del Regno Unito.
Le ragioni politiche furono altrettanto importanti. Se la Francia desiderava togliere al­l’Austria il controllo dell’Italia settentrionale, la Gran Breta­gna voleva avere nel Mediterra­neo uno Stato amico che avreb­be ridotto l’influenza francese nella regione. La nuova Italia, dal canto suo, vide nella politi­ca inglese una garanzia per la propria sicurezza. La flotta bri­tannica avrebbe assicurato gli equilibri mediterranei, difeso le coste della penisola contro i suoi possibili nemici, facilitato la politica coloniale italiana nel Corno d’Africa. Per molti anni Gran Bretagna e Italia furono le­gate da un tacito patto d’amici­zia che fu più saldo di un vero e proprio trattato e che la Gran­de guerra contribuì a consolida­re. L’avvento di Mussolini non cambiò la situazione. Quando si lanciò nell’avventurosa ope­razione di Corfù contro la Gre­cia nel 1923 e la Gran Bretagna lo richiamò all’ordine, il nuovo presidente del Consiglio fece un passo indietro. La rottura co­minciò nel 1935 quando la poli­tica mediterranea e coloniale di Mussolini si scontrò con gli interessi e gli obiettivi della po­litica britannica. Ma questa è un’altra storia.