Sergio Romano, Corriere della sera 10/12/2009, 10 dicembre 2009
GLI INGLESI E IL RISORGIMENTO PERCH AIUTARONO I SAVOIA
Da un libro di Arrigo Petacco sull’Unità d’Italia si evince come l’Inghilterra sia stata un’alleata davvero preziosa per il nascente Stato italiano.
A cominciare dal duro giudizio che questa esprimeva nei confronti del governo austriaco nel Lombardo-Veneto per arrivare alla nota diramata contro un possibile intervento militare delle potenze europee contro il movimento unitario italiano (che si era trovato unito pure nelle sue molteplici espressioni). Qual è il suo giudizio in merito? Si può dire che l’Inghilterra sia stata un’alleata tanto preziosa quasi quanto la Francia di Napoleone III?
Massimo Bassetti
adrepans@libero.it
Caro Bassetti,
La risposta alla sua domanda è certamente sì. L’aiuto militare francese fu decisivo nel 1859, ma la Francia desiderava tutt’al più uno Stato dell’Italia settentrionale, sottratto all’Austria e legato per quanto possibile ai propri interessi. Napoleone III era sensibile al sentimento nazionale degli italiani e non aveva dimenticato gli anni in cui, giovane carbonaro, aveva partecipato alle insurrezioni romagnole. Ma le ambizioni italiane suscitarono in buona parte della società francese una certa diffidenza e persino un socialista, Pierre-Joseph Proudhon, espresse su Garibaldi un giudizio severo. La Gran Bretagna, invece, assecondò il processo dell’unificazione e non esitò a sostenerlo con segni e messaggi non soltanto verbali e simbolici. La presenza di due navi inglesi nel porto di Marsala durante lo sbarco dei Mille disse chiaramente al Regno borbonico che l’operazione di Garibaldi godeva delle sue simpatie e della sua protezione.
Le ragioni dell’atteggiamento britannico furono in parte culturali, in parte strettamente politiche. I liberali inglesi erano favorevoli ai moti nazionali europei. Il loro leader, William Gladstone, scrisse un feroce pamphlet contro il Regno delle due Sicilie. Londra accolse generosamente Mazzini e contribuì a fare di lui un grande personaggio europeo. Il viaggio di Garibaldi a Londra fu un successo e suggerì alle aziende di ceramica dello Staffordshire la costruzione di statuette variopinte del generale che hanno decorato da allora i caminetti delle case del Regno Unito.
Le ragioni politiche furono altrettanto importanti. Se la Francia desiderava togliere all’Austria il controllo dell’Italia settentrionale, la Gran Bretagna voleva avere nel Mediterraneo uno Stato amico che avrebbe ridotto l’influenza francese nella regione. La nuova Italia, dal canto suo, vide nella politica inglese una garanzia per la propria sicurezza. La flotta britannica avrebbe assicurato gli equilibri mediterranei, difeso le coste della penisola contro i suoi possibili nemici, facilitato la politica coloniale italiana nel Corno d’Africa. Per molti anni Gran Bretagna e Italia furono legate da un tacito patto d’amicizia che fu più saldo di un vero e proprio trattato e che la Grande guerra contribuì a consolidare. L’avvento di Mussolini non cambiò la situazione. Quando si lanciò nell’avventurosa operazione di Corfù contro la Grecia nel 1923 e la Gran Bretagna lo richiamò all’ordine, il nuovo presidente del Consiglio fece un passo indietro. La rottura cominciò nel 1935 quando la politica mediterranea e coloniale di Mussolini si scontrò con gli interessi e gli obiettivi della politica britannica. Ma questa è un’altra storia.