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 2009  dicembre 10 Giovedì calendario

Ora gli investitori temono la bolla dei Sirtaki bond- Dopo la crisi dei mutui facili americani (i subprime), la caduta del mercato immobiliare, soprattutto in America, e il tonfo delle Borse mondiali, ora gli investitori temono di scoprire un nuovo lato oscuro della crisi: la bolla di bond e titoli di Stato

Ora gli investitori temono la bolla dei Sirtaki bond- Dopo la crisi dei mutui facili americani (i subprime), la caduta del mercato immobiliare, soprattutto in America, e il tonfo delle Borse mondiali, ora gli investitori temono di scoprire un nuovo lato oscuro della crisi: la bolla di bond e titoli di Stato. Cioè quei prodotti finanziari che finora venivano considerati un porto sicuro per i risparmiatori che vogliono dormire sonni tranquilli. La bufera è già nell’aria. Uno dei primi ad accorgersene è stato il governatore di Banca d’Italia Mario Draghi, che qualche giorno fa ha lanciato l’allarme: «Nei prossimi 5 anni verranno a scadenza una quantità immensa di titoli, cominciando da 4mila miliardi di obbligazioni non-investment grade, di bassa qualità. E poi c’è tutto il rischio sovrano, il debito degli Stati, cresciuto con le misure anti-crisi». Il rischio è che alcune obbligazioni, i titoli di debito emessi dalle società e anche dagli Stati, vengano rimborsati a fatica o non vengano rimborsati affatto, cioè vadano in default. In questo caso investitori e risparmiatori rimarrebbero col cerino in mano, come è successo con i Tango bond dell’Argentina o le obbligazioni Parmalat. Gli investitori son già corsi ai ripari: ieri la pioggia di vendite si è abbattuta sui titoli di Stato spagnoli e greci, nel contempo è partita la corsa alle obbligazioni tedesche a 10 anni, titoli considerati di migliore qualità. Basta guardare l’aumento del differenziale di rendimento rispetto al decennale tedesco: rispetto al Bund si sono allargati gli spread dei nostri Btp (da 82 a 89 punti base), dei titoli greci (180 punti base) di quelli spagnoli (da 60 a 67 punti base), e di quelli portoghesi (da 63 a 76). Che vuol dire? I rendimenti di bond ellenici e iberici salgono ma è perché il rischio è più alto, non è più facile tenere sotto controllo il debito statale. Certo non bisogna creare allarmismi: dall’Ue sono arrivate a raffica rassicurazioni che la Grecia non finirà in bancarotta. Ma al popolo degli obbligazionisti fanno paura sia le parole del premier greco Papandreu («la crisi finanziaria minaccia la sovranità nazionale) sia quelle dell’agenzia di rating Fitch: «per la Grecia rimane il rischio di un default del debito pubblico, anche se agisce la Banca centrale europea». Il problema dei titoli di Stato della Grecia, i Sirtaki Bond, è molto sentito anche in Italia. Ieri l’associazione dei consumatori Adusbef ha chiesto a Bankitalia e governo e governo di vigilare perché «dovrebbero essere circa un milione le posizioni italiane che avrebbero investito in obbligazioni dello Stato ellenico. Fondi pensione e singoli risparmiatori avrebbero ancora in portafoglio bond in dracme acquistati prima dell’ingresso della Grecia nell’euro». Un capitolo importante è poi quello dei fondi obbligazionari governativi, cioè di quei prodotti che investono in titoli di Stato, e quindi potrebbero avere in pancia i Sirtaki Bond. Secondo Morningstar, colosso mondiale nell’analisi degli strumenti finanziari, al 30 settembre su 25 fondi obbligazionari governativi euro di diritto italiano, 13 sono esposti alla Grecia. Tra questi (vedi tabella in alto) figurano un fondo di Leonardo Sgr con un’esposizione del 18%, uno della Popolare Vicenza (11%) e due di Eurizon (Intesa Sanpaolo) con un’esposizione superiore all’8%. Questo non vuol dire che siano fondi a rischio: è probabile che i gestori di questi fondi ultimamente abbiano per prudenza già alleggerito le loro posizioni sulla Grecia. Ma un risparmiatore accorto farebbe comunque bene a controllare.