Fulvio Milone, La stampa 7/12/2009, 7 dicembre 2009
Amore criminale, aguzzino a 18 anni- Ha dato appuntamento alla sua vittima nella notte: doveva esserci un chiarimento dopo una lite per una ragazza contesa
Amore criminale, aguzzino a 18 anni- Ha dato appuntamento alla sua vittima nella notte: doveva esserci un chiarimento dopo una lite per una ragazza contesa. Lui, però, impugnava una mazza da baseball, e con quella ha spaccato le ossa al rivale. Aveva anche una pistola: l’ha usata, sparando un colpo a bruciapelo, alla testa. Stefano, 26 anni, è ricoverato in fin di vita nel Policlinico Umberto I di Roma. Per i medici sarà un miracolo se si salverà. Lo scenario dell’aggressione di cui è rimasto vittima non è la periferia smembrata e violenta della capitale ma un piccolo paese di seimila anime, Castel Madama, circondato dalla campagna. E a colpirlo non è stato un criminale spietato e sanguinario ma un ragazzo di 18 anni che, credendo di averlo ucciso, prima ha chiesto aiuto a due amici per sbarazzarsi del corpo, poi si è confidato con il padre che ha chiamato i carabinieri. Erano giorni che i due ragazzi cercavano la lite. Stefano aveva messo gli occhi sulla fidanzata dell’altro. Il diciottenne, di cui i carabinieri non hanno reso noto il nome, non era però disposto a farsi da parte. Una storia banale, insomma, di quelle che finiscono, nel peggiore dei casi, con una scazzottata nella piazza del paese. Non è andata così. Il diciottenne ha dato appuntamento al rivale fuori dal paese, in una cascina in piena campagna. C’è andato in macchina, armato di una mazza da baseball e una pistola. Doveva essere accecato dall’odio. Ha preso alla sprovvista Stefano, l’ha colpito più volte con la mazza fino a farlo stramazzare. Poi ha impugnato la pistola e ha premuto il grilletto. Stefano non si è più mosso. Il diciottenne era convinto di averlo ucciso. Ha telefonato a due amici che l’hanno aiutato a nascondere il corpo fra i cespugli. Quel che è rimasto della notte, però, ha portato consiglio al ragazzo che, alla fine, ha preso la sua decisione: ha chiamato il padre, gli ha raccontato tutto e gli ha chiesto aiuto. E il padre ha fatto la scelta più dolorosa per lui, ma la più giusta. Ha chiamato il 112: «Mio figlio ha ucciso un uomo, venite a prenderlo». Il finale di questa storia si è svolto nella caserma della compagnia di Tivoli, con il ragazzo che ha confessato: ha raccontato delle liti per la fidanzata contesa, del pestaggio con la mazza da baseball e di quella revolverata sparata a bruciapelo come un colpo di grazia. Ha detto, il ragazzo, dove si trovava il corpo. I carabinieri sono andati alla vecchia cascina, e quando si sono chinati su Stefano si sono accorti che il giovane respirava ancora. L’hanno portato in ospedale, i medici dicono che le sue condizioni sono disperate. L’aggressore ha fatto anche i nomi dei due amici che l’hanno aiutato. Per lui è scattata l’accusa di tentato omicidio, per gli altri quella di concorso nello stesso reato.