Angelo Mincuzzi, Il Sole-24 Ore 9/12/2009;, 9 dicembre 2009
EFFETTO DOMINO A DUBAI. CINQUE HOLDING A RISCHIO
Affonda Palm Jumeirah, l’isola a forma di palma costata alla Nakheel più di 12 miliardi di dollari e l’onta dell’insolvenza. Affonda di cinque millimetri all’anno, in alcuni punti anche di un centimetro, e con l’innalzamento del mare potrebbe finire sott’acqua. E con Palm Jumeirah affonda anche la Borsa di Dubai, ormai in caduta libera, con un altro 6,1% bruciato nella giornata di ieri. Ma assieme a loro crollano soprattutto le speranze che la crisi di Dubai World possa essere breve e circoscritta.
un bollettino pesante, per certi versi inaspettato, quello che arriva dal Golfo Persico. Il colpo più duro lo assesta un rapporto della Morgan Stanley che traccia un quadro inquietante per il futuro di Dubai. Non ci sarebbero soltanto i 26 miliardi di dollari di debiti di Dubai World a ipotecare le prospettive dell’emirato. No, dicono Paolo Batori e Mohamed Jaber, gli autori dell’analisi. I debiti a rischio potrebbero essere nell’ipotesi peggiore quasi il doppio: 46,7 miliardi di dollari. Un segno che la crisi potrebbe allargarsi ad altre società rimaste finora estranee all’affaire di Dubai World. Un effetto domino che metterebbe a dura prova i creditori, e con essi i mercati di tutto il mondo. Non è certo un caso se l’onda d’urto delle notizie provenienti da Dubai si sia infranta ieri sulle Borse internazionali.
Secondo Morgan Stanley il debito totale di Dubai sarebbe superiore a 108 miliardi di dollari. In questo quadro, sono possibili tre scenari, ognuno con il suo pesante fardello. Il primo, il migliore, prevede che la crisi si arresti all’interno del perimetro di Dubai World. Totale dei debiti a rischio: 26 miliardi. Ma questa è storia di oggi. Il secondo scenario considera la possibilità che altre cinque società annuncino chiaramente la propria impossibilità di onorare le scadenze: si tratta di Istithmar, Drydocks, Dubai Financial Group, Dubai Holding Investment Group e Dubai International Capital. In questo caso i debiti a rischio ammonterebbero a 34,7 miliardi di dollari. La terza ipotesi, quella peggiore, prevede che alla lista delle società in difficoltà se ne aggiungano ancora altre cinque: Dubai Holding, posseduta direttamente dall’emiro Al Maktoum, Dubai Holding Commercial Operations, Bourse Dubai e Dubai Sukuk Center. Sarebbe il disastro: 46,7 miliardi di dollari di debiti a rischio.
Impossibile dire quale dei tre scenari sia il più probabile, ma lo studio sembra propendere per il secondo. Ciò significa che altri 8,7 miliardi di dollari potrebbero gonfiare i 26 già congelati da Dubai World.
Chi andrebbe a colpire questo ennesimo aggravamento della crisi è presto detto. Il rapporto sostiene che il debito delle sole società controllate dal governo di Dubai sia oggi di 89 miliardi di dollari, pari al 116% del Prodotto interno lordo dell’emirato. Il 44% di questa cifra è stata sottoscritta dalle banche internazionali. Solo il 13% dagli istituti di credito degli Emirati. La crisi si scaricherebbe dunque fuori dai confini di Dubai, verso l’Europa, l’Asia, gli Stati Uniti.
E a gettare acqua sul fuoco dellesperanze di una conclusione rapida delle trattative tra Dubai World e i creditori, è anche il ministro delle Finanze di Dubai, Abdulrahman Al Saleh: sei mesi, annuncia, sono troppo pochi per ristrutturare il debito della holding. Ci vorrà più tempo, ma quanto non si sa. E nel frattempo un gruppo di creditori del bond di Nakheel che scade il 14 dicembre, un bond da 3,5 miliardi di dol-lari, ha chiesto a Dubai World il rimborso del debito spiegando che non intende accettare la sua richiesta di moratoria.
Ma non basta. Nel calderone, infatti, ci si mette anche Moody’s, che declassa i rating di altre sei società di Dubai, tra le quali Dp World, il quarto operatore portuale del mondo, e Emaar Properties, che ha costruito il più alto grattacielo del globo, il Burj Dubai. E vanno giù anche i rating della società che gestisce la zona franca di Jebel Ali, della Dewa, la società dell’acqua e dell’elettricità dell’emirato, del Difc Investments, il braccio finanziario del Dubai International Financial Centre. Si tratta dei "gioielli" di Dubai.
Emaar ha accusato il colpo perdendo un altro 9,8% alla Borsa di Dubai, dopo il crollo del 10% di lunedì. Ma fa impressione pensare che dal 25 novembre, giorno dell’annuncio della moratoria del debito di Dubai World, l’indice della Borsa abbia perso il 21% del suo valore. E non sembra essere finita qui. Nakheel, che qualchemese fa ha ricevuto dal governo un aiuto di 2,4 miliardi di dollari, ha chiuso il primo semestre dell’anno con una perdita di 3,6 miliardi di dollari. Nello stesso periodo del 2008 la società aveva registrato un utile di 720 milioni, ma nel frattempo il giro d’affari è crollato del 78%. Affondato. Come potrebbe accadere a Palm Jumeirah, il fiore all’occhiello di Nakheel. Almeno fino a ieri.