Glauco Maggi, Libero 5/12/2009, 5 dicembre 2009
Troppe bugie, Al Gore rischia di perdere l’Oscar- Al Gore ha cancellato la sua presenza ad una megaconferenza sul riscaldamento globale a Copenaghen, durante l’appuntamento sul clima organizzato dall’Onu
Troppe bugie, Al Gore rischia di perdere l’Oscar- Al Gore ha cancellato la sua presenza ad una megaconferenza sul riscaldamento globale a Copenaghen, durante l’appuntamento sul clima organizzato dall’Onu. Non per un fastidioso raffreddore, ma per «un cambio improvviso della sua agenda». Chi pensa che sia una fuga dal pubblico (tremila persone avevano già pagato il biglietto) non è malizioso. Travolto dalle polemiche e dall’imbarazzo: il premio Nobel aveva pattuito un cachet d’eccezione. Basti pensare che fra i fortunati che avevano pagato il biglietto, vi era anche chi aveva sborsato 1.200 dollari a testa per poter stringere la mano e farsi fotografare con la superstar dell’eco-catastrofismo. Mala scomodissimaverità èanche che gli ”scienziati verdi” sono diventati rossi di vergogna (il direttore dell’università britannica Anglia si è dimesso) dopo che sono emersi dalle loro stesse e-mail i trucchi, le omissioni e la sparizione dei dati sul calore che hanno fatto vincere ad Al Gore il Nobel della pace. Il quale non ha oggi evidentemente il fegato di rischiare i fischi e i pomodori organici in questo momento di estremo imbarazzo per l’ambientalismo militante. Da Hollywood,due delle rarissime voci di conservatori del mondo del cinema si sono intanto levate per chiedere che ad Al Gore sia chiesto di restituire la statuetta dell’Oscar, vinta con il film ”The inconvenient truth” . Sono Roger L. Simon e Lionel Chetwind, membri della Academy of Motion Picture Arts and Sciences, che assegna gli Oscar ogni anno. Nel 2007, l ”Acca - demia contribuì a lanciare Al Gore alla conquista del Nobel, elevandone la figura come coautore del documentario tra virgolette che diventò un Manifesto per il movimento verde. L’ex vicepresidente guadagnò anche i 100 mila dollari del premio, che per la verità sono spiccioli rispetto ai milioni che sta guadagnando da tempo, mescolando gli interessi da investitore in società dell’energia verde impegnate a spartirsi la torta dellecommesse e delle agevolazioni pubbliche all’attività di propagandista a tempo pieno. Ma se a Hollywood sta iniziando a vacillare il mito di Al Gore, è anche tempo di ripensamento tra i verdi americani, sempre più disillusi dalla politica ambientalista di Obama, che ieri ha annunciato a sua volta un cambiamento di programma: a Copenaghen non sarà più il 9 ma il 18, congli altri capi di Stato. Ricordano quando, nel 2007, Barack aveva messo la sua firma sotto una legge che impegnava l’America ad abbassare entro il 2050 dell’80% i livelli di gas serra rispetto ai livelli del 2005. Propaganda per la imminente campagna presidenziale. Poi, una volta alla Casa Bianca, la questione del riscaldamento della terra è diventata una ”cenerento - la” nell’agenda del governo. Tutte le energie sono state spese per la sanità e i portatori verdi di voti e finanziamenti cominciano ad accusare il presidente di tradimento. I vertici democratici del Senato decisero di escludere la legislazione in tema energetico dal binario procedurale accelerato, riservandolo alla riforma sanitaria. «L’am - ministrazione guardò al problema delle emissioni e disse: qui non possiamo avere una vittoria sicura. Cerchiamo un argomento dove vinciamo facile. E decisero per la salute», ha ricostruito così il fiasco ambientalista Carl Pope, direttore esecutivo del Sierra Club. In effetti, la riforma per dare una mutua a tutti e quella per ridurre le emissioni di gas sono legate da un filo comune, il costo alto che graverebbe su famiglie e aziende.Mase imporre una tassa aggiuntiva alle fasce medio-alte e dare il controllo al governo di un sesto della economia Usa può almeno essere difeso con la retorica della copertura della salute per tutti, la riforma energetica in difesa del pianeta non è digeribile. Nel ”97, il Senato Usa bocciò con 95 voti a zero il trattato di Kyoto, perché imponeva costi e vincoli agli americani e non alle economie dei giganti inquinatori come Cina e India. Da allora il pubblico americano ha visto che Kyoto è fallito e non ha abbassato le emissioni neppure nei Paesi firmatari. Da ultimo, ha anche scoperto che le carte degli scienziati alla base della religione del riscaldamento globale sono truccate. Per questo sarà molto difficile che la riforma energetica ottenga i voti che servono in Senato. Qualunque sia la promessacheObama faràaCopenaghen.