Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  dicembre 06 Domenica calendario

In manette due boss Sono 3.600 in 18 mesi E ora il capo dei capi (+ scheda)- Catturati altri due mafiosi

In manette due boss Sono 3.600 in 18 mesi E ora il capo dei capi (+ scheda)- Catturati altri due mafiosi. Non due qualunque: in manette sono finiti Giovanni Nicchi e Gaetano Fidanzati, 28 e 75 anni. Uno salito in fretta al vertice di Cosa nostra, l’altro è tuttora tra i capimafia storici: il boss emergente e il padrino degli anni caldi. Uno è stato arrestato a Palermo, l’altro a Milano. Entrambi, però, erano nella ”lista dei trenta latitanti di massima pericolosità”. Un elenco da cui sono passati - e poi depennati - nomi del calibro di Totò Riina e di Bernardo Provenzano. Ma da ieri ne resta solamente uno di alto livello: Matteo Messina Denaro, il boss trapanese ricercato dal 1993. Suona la campana La prima operazione scatta nel cuore di Palermo. Alle 14.50 la sezione Catturandi irrompe in un appartamento al primo piano di via Juvara 25. Come per una sfida beffarda: il covo è a pochi passi dal palazzo di Giustizia. Il boss è «appena arrivato in quel luogo, al massimo da 24 ore», spiegano in questura, «forse per incontrare qualcuno». L’ingresso è «tenuto sotto osservazione» e, all’arrivo delle provviste, i sospetti sono confermati: scatta il blitz. In casa ci sono Nicchi e una coppia di ventenni, fermata per favoreggiamento. Il latitante è leggermente ingrassato rispetto alle vecchie foto del viaggio a New York scovate dalla polizia. La missione Americana del 2002 aveva il significato di un’investitura, perché conferiva a Nicchi il ruolo di emissario. A mandarlo oltreoceano, Provenzano in persona: il boss dei boss voleva trattare una svolta per Cosa nostra, un’alleanza economica con i picciotti usciti ”perdenti” dalla prima guerra di mafia degli anni Ottanta. E aveva scelto lui: u picciotteddu, il ragazzino. Era cresciuto in fretta, Nicchi, svezzato dalla vicinanza del padrino Nino Rotolo, l’ultimo dei vecchi corleonesi rimasto in libertà. Fino al luglio 2006, quando Rotolo era finito in carcereassiemeal gotha della mafia palermitana, Provenzano, e Nicchi aveva ereditato quel ruolo di primo piano. Adesso, più appesantito rispetto a quelle vecchie immagini, con una compagna fissa e padre di due figli, il 28enne si concede il vezzo di baffi, pizzetto e basette sottili. Segue la moda, pur restando nell’ombra, e indossa un maglione viola in cashmere e il Moncler. Era ricercato per associazione mafiosa ed estorsione, oltre ad un presunto traffico di armi. Ora non lo è più, la polizia ha messouna’X” sopra la sua foto in cima alla lista dei trenta. A Palermo è festa. Gli agenti non rinunciano a un lungo serpentone di auto che, con sirene e lampeggianti accesi, percorre le strade della città. Il corteo sfila accanto all’albero dedicato a Giovanni Falcone, e all’appartamento dove viveva il giudice, in via Emanuele Notarbartolo, per una forma di rispetto e omaggio nei confronti del pm-simbolo nella lotta a Cosa nostra. In questura, Nicchi è scortato nella stanza del dirigente della squadra mobile. Lì gli agenti con il mefisto ancora sul volto aprono la finestra e suonano la campana: è il rito cheannuncia aicittadini la cattura di un boss e auspica un bis. Quindi già da oggi scatta la caccia alla prossima cattura. E tutti, a questo punto, sperano nel numero uno: Matteo Messina Denaro. L’ultima sigaretta L’altro boss,uncapomafia che a 75anni non ha ancora scelto la strada della pensione, alle 15 esce per una passeggiata con il cognato e, nel centro di Milano, si trova circondato da venti uomini con i mitra in mano e il giubbotto antiproiettili fissato al torace. Sarà anche un vecchietto, ma Fidanzati è uno che quando agisce lascia il segno. E lo fa da oltre 40 anni. L’ul - tima mossa risale all’ottobre 2008, quando ha fatto uccidere il genero, Giovanni Bucaro, perché violento in famiglia. In cella era finito la prima volta negli anni ”70, quando per caso venne fermata un’auto con a bordo Fidanzati, Tommaso Buscetta, Salvatore Greco, Gaetano Badalamenti e Gerlando Alberti. Il nome di Fidanzati ricorre soprattutto in inchieste italiane e americane sui traffici mondiali di eroina e cocaina. ritenuto il re del narcotraffico. Una volta uscito dal carcere, il boss torna a ricoprire il suo ruolo di capo famiglia dell’Acquasanta, lavorando per la riorganizzazione della Cosa nostra palermitana. I carabinieri se n’accorgono e, da un anno, è di nuovo nella lista dei 30. Bloccato in via Marghera, il 75enne tenta l’ultimo colpo di coda. Nega, dà false generalità ai poliziotti. Poi si ricompone, capisce che ormai è finita, e riacquista dignità. Senza opporre resistenza ammette di essere Tanino, si consegna agli agenti e chiede loro una sigaretta. «Basta farneticazioni» Il primo a parlare è Roberto Maroni, ministro dell’Interno, che sottolinea come questi arresti «rendano giustizia riguardo a certe farneticazioni», riferendosi alla deposizione di due giorni fa in cui Gaspare Spatuzza accomunava il premier alla mafia. «Ma le catture dei latitantinon sono mai a orologeria: sarebbe un’idiozia pensarlo», prosegue Maroni, che guarda già oltre: «Ora manca solo Matteo Messina Denaro, lo prenderemo presto». Per il ministro della Giustizia Angelino Alfano «è l’ennesimo risultato dello Stato in questa stagione indimenticabile di lotta serrata alla criminalità organizzata». Infatti, in 18 mesi di governo Berlusconi, si parla di «otto mafiosi arrestati al giorno» (Maroni, il 10 ottobre scorso) e i numeri non mentono: da maggio 2008, sono finiti in cella 3.637 affiliati di Cosa nostra. La lotta alla mafia Governo Berlusconi 377 operaioni di polizia giudiziaria (+53% rispetto ai 18 mesi precedenti) 3.630 arresti (+22% rispetto ai 18 mesi precedenti) 282 latitanti in arresto 17 quelli che appartenevano all’elenco dei trenta più pericolosi 10.089 i beni sequestrati 5.629 milioni di euro il loro valore +56% rispetto ai 18 mesi precedenti 2.673 i beni confiscati 1.753 milioni di euro il loro valore +364% rispetto ai 18 mesi precedenti 665,7 milioni di euro il Fondo unico di Garanzia nel quale confluiscono le somme sequestrate alla mafia al 31 ottobre 2009 13 i consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose dall’inizio della legislatura