Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  dicembre 06 Domenica calendario

«Gli errori di Obama»- Una crisi che potrebbe aggravarsi per colpa di Obama. Il pericolo del risorgere delle speculazioni

«Gli errori di Obama»- Una crisi che potrebbe aggravarsi per colpa di Obama. Il pericolo del risorgere delle speculazioni. L’operato del governo italiano. Ne ha parlato Guido Rossi con Libero, giurista in passato alla guida di Consob e Telecom Italia, che abbiamo incontrato a Trieste a margine dei Nobels Colloquia. Professor Rossi, la crisi sta passando? «Forse, ma il problema è la possibilità di una nuova caduta. Negli Usa il sistema dei derivati (una delle cause della crisi attuale) si è in larga misura ripreso, inoltre con gli attuali tassi vicini allo 0% è poco costoso per le banche prendere soldi a prestito e investirli in buoni del Tesoro. Ci sono quindi nuove pericolose speculazioni, come dico non solo io, ma anche esperti come Krugman e Stiglitz (entrambi Nobel per l’economia, ndr)». In che campi esiste il pericolo speculazione? «Ad esempio il settore dei credit default swaps, che sono in sostanza scommesse relative alle insolvenze delle società, comparto che opera fuori da ogni controllo normativo, ancora in una opacità completa. Così come opacità c’è in tutti quei settori non controllati, come gli hedge fund o i fondi di private equity, che lavorano senza qualsiasi tipo di vigilanza. possibile quindi che si formi un’altra pericolosa bolla finanziaria». Negli USA questi problemi hanno già provocato una crisi, quella in corso. Perché non sono stati risolti? «Il problema è che Obama, nel settore delle regole finanziarie, ha semplicemente riportato il sistema alla situazione di pre-crisi. Per esempio Volcker (ex direttore della banca centrale americana, ndr) gli ha suggerito di reintrodurre il Glass’Steagall Act, la norma che separava banche normali, tradizionalmente più solide e banche d’affari, più propense al rischio. Krugman gli ha anche suggerito di introdurre la Tobin tax (una tassa sulle speculazioni finanziarie, ndr). Ma Obama non ha seguito questi suggerimenti, ha seguito invece le teorie delle grandi banche». La Casa Bianca poteva realisticamente fare qualcosa di diverso? «Poteva, come qualcosa di diverso aveva fatto Roosevelt proprio nei primi mesi della sua nomina, ad esempio introducendo il Glass ”Steagall Act e istituendo la Sec (l’autorità di controllo della borsa USA, equivalente alla Consob italiana, ndr). Ora invece non è stato fatto niente». Cosa altro avrebbe potuto fare il governo Usa? «Avrebbe potuto attuare inoltre tutte le manovre suggerite dal libro bianco del Tesoro americano. In quel documento si proponeva l’istituzione di una nuova agenzia di controllo del mercato, si proponeva che i derivati dovessero essere scambiati tramite una clearing house, una sorta di agenzia di transazione, per aumentare la trasparenza, si proponeva che le dimensioni delle banche fossero controllate per evitare che il fallimento di una minacci l’intero sistema. Ma tutto questo non è stato fatto. Anche se negli altri campi il governo Obama è da promuovere ampiamente, nel settore delle regole finanziarie è rimasto schiavo di Wall Street». In Italia invece? « ben noto che io non sia d’accordo in generale sulla politica economica di Berlusconi, ma nel settore delle regole finanziarie e dei rapporti con le banche credo che il governo italiano abbia fatto quello che doveva fare». Nello specifico cosa le è piaciuto? «La gestione dei Tremonti bonds (i buoni a garanzia statale emessi dalle banche per rafforzare le proprie finanze, ndr). Quando furono proposti non vennero accettati dagli istituti di credito e sembrava ci fosse un contrasto violento, poi rientrato, tra il Tesoro e il sistema bancario. In pratica invece il governo semplicemente propose alle banche questa boccata d’ossigeno, nel caso fosse stata necessaria, e queste ritenerono di poterne fare a meno. Tremonti lasciò fare, non imponendo liquidità e prestiti a tassi bassi al mercato, ed è riuscito pertanto ad evitare la situazione americana dove si è avuto un aumento spaventoso del debito pubblico. La politica di restrizione del debito pubblico di Tremonti credo insomma che vada approvata».