Giulio Mancini, Il Messaggero 9/12/2009, 9 dicembre 2009
NICOLAS: « MORTO, LASCIATELO QUI. DOMENI CI PENSO IO A FARLO SPARIRE»
Non c’entrano né droga né alcool nella truce esecuzione di Stefano Onofri da parte dei tre diciottenni finiti agli arresti con l’accusa di concorso in omicidio aggravato. Gli esami ai quali sono stati sottoposti gli accusati hanno negato la presenza di tracce di sostanze che ne avessero potuto alterare la volontà.
Sarà l’udienza di convalida fissata oggi alla Procura della Repubblica del Tribunale di Tivoli a stabilire se Nicolas Iori e Michele Sisti devono restare in carcere, a Rebibbia. Gianluca di Nardo, al quale sono stati concessi gli arresti domiciliari, per ora non ha l’autorizzazione a frequentare le lezioni presso l’istituto di Tivoli al quale è iscritto. E il permesso potrebbe arrivare con l’udienza odierna.
Con il procedere delle ore emergono particolari sempre più agghiaccianti su quella maledetta notte tra il 5 e il 6 dicembre in cui i quattro si sono incontrati nella campagna di Castel Madama, al terreno di proprietà degli Iori. Nicolas avrebbe dato appuntamento a Stefano con una chiamata addebitata al ricevente. L’incontro è avvenuto in un orario tra le 22,30 e la mezzanotte.
«E’ morto. Mettiamolo qui che poi domani ci penso io a farlo sparire» avrebbe ingiunto con freddezza ai complici Nicolas. Il quale, invece, al rientro a casa alle due di notte ha detto tutto al padre. Maurizio Iori con il figlio ed il maresciallo dei carabinieri vanno al cascinale. Considerate le condizioni in cui versa Stefano, si avverte il 118. Alle 2,45 il ferito è in viaggio sull’ambulanza verso il Policlinico dove morirà poco meno di ventisei ore dopo. Stefano era a terra, in un capannone di lamiera, seminudo, con il torace scoperto. In vita ma agonizzante: la temperatura misurata sul suo corpo era di 27 gradi. In terra i carabinieri hanno recuperato un solo bossolo di una pistola calibro 6,35.
Sulla provenienza della pistola e sul suo ritrovamento non sono stati ancora sciolti i dubbi. Nicolas ha detto di averla ottenuta dagli «amici» ma il sospetto è che Michele Sisti c’entri qualcosa. Suo padre, presidente dell’associazione cacciatori di Castel Madama, ha il porto d’armi e possiede delle pistole ma nessuna corrisponde al calibro che ha colpito Stefano a morte. Lo sparatore ha riferito di aver gettato l’arma nell’Aniene. Le ricerche dei sommozzatori dei vigili del fuoco, però, non sono state ancora avviate in quanto il maltempo sconsiglia l’operazione. Il tratto di fiume si trova a valle di una diga e pertanto la corrente non dovrebbe trascinare altrove la pistola.
Assente in casa dei tre fermati la droga, così come non sono state trovate tracce di stupefacenti e di alcol nel loro sangue. Sequestrate una mazza da baseball sulla scena dell’aggressione e le Fiat Panda di proprietà di Stefano e di Nicolas.
Ieri la messa celebrata nella chiesa di San Michele Arcangelo era sovraffollata. Don Leonardo Perez, ha chiesto di «affidare alla misericordia del Signore l’anima di Stefano e di chiedere a Maria di vegliare su tutte le famiglie coinvolte in questa tragedia» ma non ha reso pubblico il suo segreto. «Questa fine assurda di Stefano sussurra don Leonardo io l’ho vissuta sulla mia pelle, nel mio cuore. Il 7 dicembre di due anni fa ho perso mio fratello di 38 anni con le stesse modalità. Anche lui è stato ucciso in Colombia per una storia di gelosia per la moglie contesa».