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 2009  dicembre 09 Mercoledì calendario

UN ALTRO MERCOLEDì DA LEONI


It’s the Bay that calls the day». la baia che chiama. la natura che decide il giorno della gara. Servono le onde, quelle giuste. Minimo 20 piedi, più di sei metri, edifici liquidi in movimento. Il tempo giusto per aspettarle a Waimea, Hawaii, va dal primo dicembre a fine febbraio.
Venerdì scorso George Downing, il direttore di «The Quicksilver In Memory of Eddie Aikau», la più dura e pura delle gare di surf del mondo, ha raccolto tutto il popolo del surf in attesa e ha vaticinato: «Il 7, l’8 o il 9. Succederà in uno di quei giorni». Poi ha scambiato un’occhiata con Clyde Aikau, il fratello minore della leggenda, e si è rimesso a guardare il mare in attesa di un nuovo mercoledì da leoni.
Di un remake delle avventure di Matt, Jack e Leroy, i protagonisti del cult-movie di Milius che mescolava l’epopea solare del surf californiano con gli ultimi spruzzi insanguinati della guerra del Vietnam.
«The Eddie», come lo chiamano quelli del ramo, è una gara anomala come le onde di cui è fatta. nata nel 1987 per celebrare Eddie Aikau, bagnino dalla contea di Honolulu. Un fuoriclasse, capace di surfare per otto ore di seguito, di «entrare in acqua quando nessuno altro avrebbe osato», come recita il mantra locale. Salvò molte vite, non la sua. Nel 1978 fu colto da una mareggiata al largo di Molokai, scomparve fra le onde, nessuno lo vide più.
Quest’anno si celebra il 25esimo anniversario della gara, ma le edizioni effettuate sono solo 7, l’ultima nel 2004/2005, quando Bruce Irons domò una belva alta dieci metri. Se gli dei acquatici della Waimea Bay non chiamano, se le onde sono troppo basse (o troppo alte, come nel 1997/’98) le tavole restano quiete sulla spiaggia. «Waimea è speciale», ripete Downing. «Devi aspettare che tutti gli elementi compongano il puzzle. Poi mandi fuori i migliori e senti la loro voglia di catturare quell’onda».
Sembra l’anno buono. Gli alberghi lungo la Kamehameha Highway sono affollati, e lunedì i 28 concorrenti di «The Eddie», i migliori del mondoi, sono entrati in acqua per provare i loop e le pipeline su cavalloni alti fra i 25 e i 40 piedi, che già all’alba si lanciavano come torri azzurre sulla North Shore. Il due volte campione del mondo australiano Tom Carroll è finito schiacciato fra due incudini d’acqua: un errore entrando su una cresta, caviglia saltata, ambulanza. Addio gara. Un po’ come era capitato a Mark Twain, un secolo e mezzo fa: «La tavola ha picchiato contro la costa dopo tre quarti di secondo, e io il fondo circa nello stesso momento».
Il surf in realtà è un antico rituale sacro riservato agli Ali’i, i sovrani polinesiani che colonizzarono le Hawaii. Una prova di destrezza sovrumana, su tavole lunghe fino a sei metri e pesanti 70 chili, che testimoniava della loro superiorità sul popolo. Il primo occidentale a scoprire la magia del surf fu il capitano Cook, quando nel 1778 con la Discovery sbarcò laggiù e si fece incantare dagli atleti locali: «Non potei fare a meno di pensare che quell’uomo provasse la più sublime delle emozioni nel sentirsi trascinare con tale velocità dal mare».
Dopo di lui toccò a Jack London, che si appassionò e lo lanciò sulla West Coast degli States con un articolo del 1907, «Lo sport dei re: il surfing a Waikiki», preparando il grande boom degli anni ”50 e ”60. Poi sono venuti i Beach Boys e le loro good vibrations, le «Endless Summer», le estati infinite che diedero il titolo al documentario di Bruce Brown (1966), il «Big Wednesday» di Milius, la parabola anarchica di Keanu Reeves e Patrick Swayze in «Point Break» (1991), quella dei pinguini equilibristi di «Surf’s Up» (2007). Oggi il surf è anche un business miliardario, ma resta uno sport libertario, intonatissimo ai tempi ecologicamente angosciati che viviamo. Perché come dice Kelly Slater, 9 volte campione del mondo, l’Alì e il Federer del surf, uno dei 28 del «The Eddie» di quest’anno, «essere surfisti e ambientalisti è una cosa sola». Ma serve anche incoscienza: «Ho cavalcato tutte le onde dal ”69 a oggi», sorride Clyde Aikau. «Quella di quest’anno potrebbe la più grande di tutte. Chi quel giorno non sarà al 101% farà meglio a lasciar surfare qualcun altro».