Gabriele Salari, TuttoScienze 9/12/2009, 9 dicembre 2009
AVEVA INVENTATO IL RADAR MA NON HA MAI TROVO’ MAI NESSIE
Sulla pista delle bestie ignote» (Sur la Piste des Bêtes Ignorées) è un libro di Bernard Heuvelmans, uscito nel 1955, che poneva le basi di una nuova branca della scienza, la criptozoologia, vale a dire lo studio di quegli animali misteriosi, provenienti da un passato remoto, di cui non mancano gli avvistamenti, ma la cui esistenza non è stata ancora sufficientemente dimostrata. A rimanere affascinato dalla lettura di quest’opera fu anche un eccentrico scienziato americano, Robert Rines, che è morto a Boston, dove era nato 87 anni fa.
Decise così che avrebbe dedicato la sua vita alla ricerca di Nessie, la celebre creatura che abiterebbe le profondità del lago di Loch Ness e che è diventato l’animale-simbolo della criptozoologia. Eppure Rines, figlio di un avvocato specializzato in brevetti, aveva davanti a sé almeno quattro diverse carriere, quella di avvocato, di inventore, di fisico e anche di compositore.
Si dimostrò subito, infatti, una promessa della musica, imparando a suonare il violino ad appena 6 anni e all’età di 11 anni si ritrovò casualmente a duettare con un passante, suonatore di flauto, che lo notò in un campo estivo nel Maine. A passare di lì era Albert Einstein. Ma non si è mai saputo davvero se questo incontro fortuito influì sulla sua scelta di studiare fisica al prestigioso Massachusetts Institute of Technology di Boston, dove poi insegnò per oltre 50 anni, oppure no. Di certo, durante gli studi iniziò anche a comporre musica e nello stesso tempo a progettare un innovativo radar ad alta risoluzione. Nell’esercito, poi, dove prestò servizio come operatore radar, continuò le sue ricerche e, quando finì la Seconda Guerra Mondiale, era comandante in capo del laboratorio di ricerca della base navale di Fort Drum.
Dopo la guerra si laureò in legge, iniziò a lavorare all’Ufficio federale brevetti, ma soprattutto, nel 1963, fondò la «Academy of Applied Science» con l’obiettivo di stimolare la ricerca scientifico-tecnologica e l’innovazione. Il suo talento di inventore, però, si sprigionò pienamente solo a partire dal 1972, quando - durante una luna di miele in Scozia con la seconda moglie - avvistò una gobba lunga otto metri simile a quella di un elefante nel lago di Loch Ness e decise di investire tempo e risorse per dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio l’esistenza del «mostro».
Si racconta, ma forse è solo leggenda, che studiò un’essenza profumata che avrebbe dovuto attrarre la creatura e intanto tentò di addestrare dei delfini a portare sul dorso telecamere subacquee. Di certo, equipaggiò un’imbarcazione con telecamere e sonar, affittò un cottage sul lago e non si fermò, fino a quando non riuscì a realizzare delle foto che sembrarono convincere la comunità scientifica. Si tennero audizioni nel Parlamento inglese e, nel 1975, il naturalista Sir Peter Scott (tra i fondatori del Wwf) gli diede addirittura un nome scientifico, quello di Nessiteras rhombopteryx. Venne descritto come un plesiosauro, misteriosamente sopravvissuto da almeno 65 milioni di anni. Sir Scott, noto disegnatore di uccelli, ritrasse due Nessie che sguazzavano allegramente: anche lui era rimasto abbagliato dal mito.
Ma alla fine tutti i tentativi sono andati a vuoto. Dopo oltre 800 brevetti che portano il suo nome, Rines non è riuscito a dimostrare l’esistenza di Nessie e questo fallimento l’ha ossessionato. Non importa se durante la guerra aveva inventato un radar capace di intercettare aerei a 200 miglia, nonostante la nebbia, o che i suoi progressi sul sonar siano stati determinanti nel 1985 per trovare il relitto del «Titanic» e pochi anni dopo quello della corazzata tascabile «Bismarck». Creò anche un sistema agli ultrasuoni per il trattamento della cataratta, che sperimentò su se stesso, e non si fermò nemmeno davanti al progetto di arrestare i tornado.
Non solo. Nella prima guerra del Golfo i temibili missili «Patriot» arrivarono sempre al bersaglio grazie a una tecnologia sviluppata dallo stesso Rines, ma tutti questi successi non bastarono a placarlo. Ancora nel 2001 era tornato a Loch Ness per continuare le sue ricerche e solo lo scorso anno ha dovuto ammettere la sconfitta. Anni di scandagliamenti del fondo del lago non hanno portato che al ritrovamento di un bombardiere della Seconda guerra mondiale e a quello di alcune vongole fossili di 12 mila anni fa, fatto che dimostrerebbero un antico collegamento tra il lago e il Mare del Nord.
Ciò che sorprende in questa singolare figura di scienziato e di inventore è che fino all’ultimo non ha abdicato a nessuna delle sue passioni e infatti è di 10 anni fa il suo ultimo brevetto: un sistema di apprendimento a distanza basato su Internet. Ma - osservano ora i suoi biografi - come poteva un uomo tanto geniale credere che una creatura preistorica delle dimensioni di un dinosauro sopravvivesse 65 milioni di anni, senza farsi mai vedere e senza lasciare tracce?
E’ un piccolo mistero nel grande mistero perdurante di Loch Ness. Forse ad alimentare le sue speranze incrollabili c’era l’episodio del ritrovamento, nell’ormai lontano 1938, di una creatura marina che si credeva estinta da decine di milioni di anni. Emerse dall’Oceano Indiano, ma si trattava soltanto di un pesce da un metro e mezzo di lunghezza, il celacanto. Meno suggestivo di un mostro marino, di sicuro, ma arriva pur sempre dritto dritto dalle profondità della Preistoria.