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 2009  dicembre 09 Mercoledì calendario

MUSTANG, ADDIO AL FAR WEST


Il mustang è una leggenda che procede al contrario, dalla frontiera del Far West alle pianure del centro e dell’Est. I cavalli selvaggi sono troppi, dice il governo, e rischiano di morire di fame se aumentano dove sono ora, nei pascoli occidentali. Per questo il ministro dell’Interno, Ken Salazar, sta organizzando una colossale migrazione, che prima di cominciare ha già sollevato il polverone della protesta dei gruppi animalisti, che negano la drammaticità della situazione. Sono 37 mila, secondo l’Ufficio della gestione del territorio, i mustang che si dividono il verde delle terre federali del Nevada e di altri nove Stati.
Per l’Ufficio della Gestione del Territorio, il braccio operativo del ministero, le praterie occidentali non bastano a una popolazione di stalloni, cavalle e puledri che raddoppia ogni quattro anni, se nessun cacciatore li può toccare. E i mustang negli Usa sono protetti da una legge del 1971, che li ha definiti «simboli viventi dello spirito storico e pionieristico del West, che continuano a contribuire alla diversità delle forme di vita all’interno della nazione e ad arricchire le vite del popolo americano». Solo dieci anni prima, Clark Gable aveva recitato, nel celebre film di John Huston «Gli spostati», la parte di un maturo ex cowboy che fa innamorare una divorziata e depressa Marilyn Monroe pur vivendo tra il gioco d’azzardo e la caccia ai mustang da avviare alla macellazione. Quella era ancora «frontiera selvaggia».
Da allora l’America, che è in continuo revisionismo autocritico delle proprie colpe passate e presenti, dallo sterminio dei nativi alla schiavitù, dal razzismo alla demonizzazione delle pellicce, ha eretto uno steccato a tutela dei cavalli: una legge vieta fondi pubblici per i veterinari che lavorano nei macelli equini, imprese che negli Usa sono pochissime e per lo più controllate da capitali esteri. Così oggi sulla loro sorte si litiga tra governo e animalisti per troppo amore. Tempo fa si era tentato di frenarne la crescita con la sterilizzazione, ma catturarli a uno a uno per la puntura era lungo e dispendioso. Meglio il trasferimento di massa, da 11.500 a 25 mila. Non saranno però i cowboy federali ad accompagnare i branchi verso le loro mete del Far East: elicotteri del ministero a volo basso li indirizzeranno nei maxiparcheggi di raccolta, dove saranno stipati in camion e carrozze ferroviarie per la loro nuova frontiera. Non c’è molta poesia in questa maxioperazione.
Immigrati anche loro come tante razze diventate americane per scelta, o per deportazione, i mustang sono stati introdotti dagli spagnoli nel XVI secolo. Prima della nascita degli Usa avevano già riconquistato lo stato di animali selvaggi e hanno poi vissuto nelle praterie: liberi in branchi, per difendersi dai predatori, o domati dall’uomo. Come nella lotta esistenziale degli indiani contro i bisonti: nel parco storico creato da Kevin Kostner presso Deadwood, in Sud Dakota, una maxiscultura all’aperto con una decina di Sioux a cavallo dei loro mustang documenta la scena di caccia. I pellerossa decidevano la quantità di bisonti necessaria alla loro tribù e a cavallo dei mustang fendevano il branco al punto giusto, spingendo le vittime designate verso un burrone. Il cavallo, poi, è diventato arma per tutti, vincitori e sconfitti: nativi contro cowboy e pionieri, federali contro le tribù, nordisti contro sudisti.