Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  dicembre 07 Lunedì calendario

La rivolta dei giudici di Perugia "Chi critica non conosce le carte"- PERUGIA - Di certo al tribunale di Perugia rimpiangono i giorni in cui un giudice poteva condannare un ladro per il furto di cinque quintali di granturco con una battuta in dialetto: «Cinque quintaletti? Cinque annetti»

La rivolta dei giudici di Perugia "Chi critica non conosce le carte"- PERUGIA - Di certo al tribunale di Perugia rimpiangono i giorni in cui un giudice poteva condannare un ladro per il furto di cinque quintali di granturco con una battuta in dialetto: «Cinque quintaletti? Cinque annetti». Tempi lontani anni luce oggi che una sentenza della Corte d´Assise perugina minaccia di incrinare i rapporti tra Italia e Stati Uniti. Il pm Giuliano Mignini appare visibilmente sorpreso dalle critiche arrivate dall´America dopo la condanna di Amanda Knox a ventisei anni di carcere. «Io sono sereno, ho la coscienza di aver fatto il mio dovere di pubblico ministero - spiega - non è mai facile chiedere una condanna al carcere a vita. Non lo è stato in modo particolare in questo caso dove gli imputati erano poco più che ventenni. Ho tre figlie che hanno più o meno la stessa età. L´ergastolo però era la sanzione giusta per un delitto tanto efferato. Dagli Stati Uniti sono arrivate critiche pesanti al nostro ordinamento giudiziario: ho sentito dire che si sarebbe preteso che la corte restasse segregata, come accade per le giurie americane, per l´intera durata del processo. Davvero si può pensare di poter chiudere in una camera di consiglio otto giudici per undici mesi?». Ad amareggiare Mignini però sono soprattutto le accuse di aver svolto un´inchiesta superficiale, di non aver trovato prove concrete della colpevolezza di Amanda e Raffaele. «Non è piacevole sentirsi dire dall´altra parte dell´Atlantico che la procura della Repubblica di Perugia non ha trovato le prove - dice il pm perugino che già in passato ha avuto contrasti con gli Stati Uniti per aver indagato Douglas Preston, giallista americano, nell´ambito dell´indagine sul mostro di Firenze - sono critiche inaccettabili. Soprattutto da una senatrice statunitense. Le prove contro Amanda Knox sono state valutate da ben diciannove giudici tra gip, gup, tribunale del Riesame, Corte di Cassazione. Credo che alla base di questa polemica con gli americani ci sia presunzione e soprattutto un´impressionante superficialità. Io e la collega Manuela Comodi non siamo stati gli avvocati dell´accusa, come qualcuno ha detto in aula. Siamo pubblici ministeri, il nostro compito è anche quello di trovare elementi favorevoli agli imputati. Ed è stato fatto, lo dimostra la scarcerazione di Patrick Lumumba, accusato da Amanda. Noi abbiamo trovato il testimone svizzero che lo ha scagionato. Le dichiarazioni di Amanda invece sono apparse sino dal primo momento inverosimili». Mignini d´altronde sembra non aver apprezzato particolarmente la sentenza di venerdì notte. «Sto riflettendo se ricorrere in appello - ammette - di certo si pone un problema di equità nel trattamento sanzionato. Rudy Guede, imputato di un numero minore di reati, ha avuto, pur con il rito abbreviato, una condanna superiore ad Amanda e Raffaele. Qui si tratta della coerenza dell´ordinamento». Manuela Comodi, la collega di Mignini, preferisce tagliar corto: «Il movente, il valore che gli può dare, il dolo d´impeto e il valore che si può dare a tutto ciò negli Stati Uniti sono frutto del ragionamento di singoli giudici. Da noi esistono regole precise, codificate, entro le quali i giudici devono restare. E in questo caso sono state rispettate come non mai». Nella polemica interviene anche il gip Claudia Matteini che, dimenticando di aver convalidato il fermo di Lumumba poi diventato parte lesa, dice: «Queste critiche sono sorprendenti. Tutto si è svolto nella massima trasparenza. E poi non dimentichiamo che per le dichiarazioni di un´americana un innocente è stato per quindici giorni in prigione». Il presidente della Corte d´Assise Giancarlo Massei subito dopo la sentenza è partito per il Giappone. Beatrice Cristiani, il suo giudice a latere, confessa: «Ho comprato il giornale e ho letto che gli americani criticavano la nostra sentenza. Beh, non credo che il nostro ordinamento preveda interventi dall´estero».