Guido Olimpio, Corriere della sera 7/12/2009, 7 dicembre 2009
Hillary studia il caso Amanda: valuterò i dubbi sul processo- WASHINGTON – Tre giorni fa una zia di Amanda aveva affermato: il Dipartimento di stato si interesserà del caso
Hillary studia il caso Amanda: valuterò i dubbi sul processo- WASHINGTON – Tre giorni fa una zia di Amanda aveva affermato: il Dipartimento di stato si interesserà del caso. Sembrava più un auspicio che una notizia. E invece, la famiglia Knox nell’incessante campagna di mobilitazione ha raggiunto il cuore della Washington politica. E al massimo livello. In un’intervista alla rete Abc, il segretario di Stato Hillary Clinton ha sostenuto che «ascolterà chiunque abbia qualche preoccupazione » sulla gestione della vicenda di Amanda. Ma ha aggiunto che per il momento non ha espresso «alcun timore» al governo italiano. Una sortita provocata dalle domande del giornalista George Stephanopoulos che ha ricordato i duri commenti della senatrice democratica Maria Cantwell verso il sistema giudiziario del nostro Paese. Unendosi al coro di proteste per il verdetto, l’esponente politica aveva sostenuto che la condanna è avvenuta «nonostante un’evidente mancanza di prove» e per un evidente anti americanismo da parte dell’opinione pubblica italiana. Concetti ribaditi sempre ieri dalla Cantwell insieme alla delusione: «Eravamo sicuri di una sentenza di innocenza». Hillary, quasi scusandosi (e non si capisce di cosa), ha affermato che non aveva avuto il tempo di occuparsi della questione Amanda perché «completamente immersa in ciò che stiamo facendo in Afghanistan ». Ma la Clinton vuole recuperare il tempo perduto: «Mi incontrerò con la senatrice Cantwell e con chiunque abbia qualche preoccupazione, ma al riguardo non sono in grado di farmi un’opinione». Una promessa che sarebbe stata comunicata dalla famiglia ad Amanda nel carcere di Capanne. I genitori della ragazza sperano che sposi la tesi innocentista e vogliono soprattutto che faccia sentire il peso della superpotenza sull’alleato. «Ora pretendo che il governo statunitense intervenga nel caso, in caso contrario sarei molto contrariato», sono state le parole del padre, Curt Knox. Una richiesta in sintonia con certi appelli lanciati in alcune trasmissioni televisive in questi ultimi mesi. Uno su tutti: «Cosa aspetta l’America a mandare un plotone di marines a liberare quella povera ragazza?». Come se Amanda fosse finita nelle mani di un regime dispotico. Toni accesi ben lontani dalla prudenza diplomatica di Hillary Clinton. Il «partito di Amanda», in questi mesi, ha sempre giocato duro pur di ribaltare l’immagine negativa della giovane e contrastare le accuse. I familiari, gli pseudo investigatori privati in cerca di notorietà, gli avvocati hanno trovato una sponda accogliente nei mass media. Le tv hanno quasi sempre fornito una versione a senso unico. Dando la parola a ospiti per i quali la ragazza di Seattle è «vittima» di una giustizia bizzarra. Trasformando la storia giudiziaria in una «partita» Italia contro Stati Uniti. Sorvolando sugli strani comportamenti di Amanda dopo il delitto e dimenticandosi che insieme a lei è stato condannato l’italianissimo Raffaele Sollecito. Presentando Perugia come una piccola cittadina di provincia dalla mentalità chiusa. L’offensiva mediatica, prevedono gli esperti, non è destinata a fermarsi. E continuerà fino al processo di appello: il partito di Amanda è convinto questa volta di strappare l’assoluzione.