Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  dicembre 06 Domenica calendario

Le lettere inedite di Contini a Gadda (+ LETTERE)- «Conobbi Carlo Emilio Gadda nella prima metà del maggio 1934, direi verso l’11

Le lettere inedite di Contini a Gadda (+ LETTERE)- «Conobbi Carlo Emilio Gadda nella prima metà del maggio 1934, direi verso l’11. Quell’incontro mi era raccomandato dagli amici di ”Solaria”». Gianfranco Contini racconta così l’inizio di un’amicizia, e di un sodalizio intellettuale, destinata a durare quarant’anni. All’epoca, il filologo ha passato da poco la ventina. Lo scrittore la quarantina. Il primo ha vinto una borsa di studio parigina al fine di perfezionarsi in filologia romanza. Il secondo è impiegato in Vaticano, Ufficio lavori pubblici. Entrambi, di lì a poco, lasceranno un segno indelebile. Contini manderà di colpo in pensione il Benedetto Croce critico letterario con un articolo del 1937: Come lavorava l’Ariosto. Una indagine sulle correzioni (le «varianti») d’autore che illumina la «officina» del genio ferrarese, e quindi le sue scelte stilistiche, mostrando la retta via all’italianistica: la ricerca di prima mano sui manoscritti (Croce li giudicava «scartafacci»). Una strada percorsa con decisione e applicata agli antichi e ai moderni. Imprescindibili i lavori successivi per capire la poesia del Duecento, Dante, Petrarca ma anche Eugenio Montale. Gadda invece è Gadda da qualche tempo. Ha già pubblicato La Madonna dei filosofi e Il castello di Udine. Nel 1938 e nel 1939 escono su Solaria alcuni «tratti» della Cognizione del dolore. Poi verrà l’Adalgisa. Nel 1988, Contini raccoglie in volume settantasei lettere ricevute nel corso degli anni dallo scrittore: Carlo Emilio Gadda, Lettere a Gianfranco Contini a cura del destinatario 1934-67, Garzanti, 1988. Nel 1998 Giulio Ungarelli ne rintraccia e pubblica altre venticinque: Carissimo Gianfranco. Lettere ritrovate (1943-1963), Archinto, 1998. Era solo metà carteggio: mancavano le missive di Contini a Gadda. Nel 2003 Dante Isella ne annunciava però il ritrovamento: cinquantasette lettere, da restaurare causa danni alluvione del 1966, a cui se ne sono aggiunte altre cinque. Isella, curatore fra le molte altre cose delle opere di Gadda, prima di morire nel 2007, aveva progettato di riunire in un unico volume l’intero carteggio: le parti edite e quelle inedite. Ed eccolo qua, fresco di stampa: Gianfranco Contini-Carlo Emilio Gadda, Carteggio 1934-1963. Con 62 lettere inedite, Garzanti, Milano 2009. Si scopre così che l’amicizia poggia su «consonanze» che non sono esclusivamente letterarie. Ad esempio affonda in certi «elementi etnici», come scherza Gadda, «elementi» che sarebbero poi le comuni radici lombarde, rivendicate simpaticamente anche da Contini in un inedito resoconto di una visita a Cremona (il padre di Contini era di Chiari, Brescia; la madre di Rivolta D’Adda, Cremona): «Ma direi che siamo stati tutti, noi, loro, gente agréable; e la Lombardia meridionale». Oppure l’amicizia affonda in certi scatti d’ansia, campo in cui Gadda era «specialista», che qui si avvertono anche in Contini: «Lavoro parecchio ”di” filologia romanza. Ma la mia fiducia ha ricorsi periodici, come una sinusoide; m’inquieto: sono poi davvero qualcuno, o meglio qualche cosa? O non esisto, effettivamente? E ho una paura pazza dell’errore, intanto che continuo a perpetrarlo; sento un’umiliazione da peccato originale». Oppure, ancora, in un comune senso del pudore che non solo può essere scambiato per «gelida riservatezza» (Contini) perfino negli scritti ma può anche costringere al «Lei» due persone che si conoscono bene. Sarà Contini, su richiesta di Gadda, a rompere il ghiaccio: «grazie della proposta (che aspettavo da un pezzo): dunque attacco io, se no si va all’infinito, e dico: tu». La società letteraria tutto sommato rimane sullo sfondo. Gadda e Contini preferiscono parlare di sé o delle rispettive opere. E il filologo non risparmia qualche battuta. Il futuro commentatore che «ti dovrà inoculare nelle antologie scolastiche», dice Contini, sgobberà come un matto nelle note, ma si vendicherà con questa definizione lapidaria: «Carlo Emilio Gadda. Bizzarro autore di evidente ascendenza espressionista, sotto l’influenza di James Joyce e A. G. Cagna (uno scapigliato piemontese, ndr)». Caro Gadda, mi mandi pure qualche cartolina di prenotazione. Farò il possibile per «piazzarla».Ma il genere «vecchia signora» quassù non alligna; non si è mica a Milano: ci sarà di peggio (...) Lavoro parecchio ”di” filologia romanza. Ma la mia fiducia ha ricorsi periodici, come una sinusoide; m’inquieto (e non solo, s’intende, in filologia romanza): sono poi davvero qualcuno, o meglio qualche cosa? o non esisto, effettivamente? E ho una paura pazza dell’errore, intanto che continuo a perpetrarlo; sento una umiliazione da peccato originale. Allora non dovrei più fare nulla; so di non meritare; e inizio, gratuitamente, una nuova apertura di credito. Ci sono costretto, in fondo: se no, come farei a vivere? Vede bene che non agisco in malafede. Ma il danno è che finiscoacrederci perdavvero; sebbene, fondamentalmente, l’individuo che ha meno stima di me sia proprio io stesso. Passo,hol’impressione, perunmezzo Lucifero. Eh Cristo. Lasci correre queste confidenze, che danno sempre un po’ fastidio al «destinatario »; o almeno imbarazzo. Non ci si può rimediare, come al pianto dei bambini. Speriamo, arrivederci. PS. Vuol mandare (se non ha già provveduto) una copia del «Castello» a Giacomo Debenedetti (c.so San Maurizio 36, Torino). Io gliene ho parlato molto. E spero che leggerà volentieri il libro. Suo Gianfranco Contini Domodossola, 7 giugno, 1934 Caro Gadda, (...) grazie della Sua lettera; e della intrepidità con la quale ha affrontato la lettura della mia prosa, impresa abbastanza acerba, pare, secondo un giudizio plebiscitario (si riferisce ad alcuni precoci scritti novecenteschi usciti su rivista, ndr). Io mi diverto moltissimo, tanto più chequasi tutto quellochehofatto appartiene alla preistoria di me; la cautela del pubblico (si cammina in punta di piedi, e si spegne la voce, nelle mie stanze) fa sì che quei qualunque prodotti oltrepassino, frattanto, me pover’uomo, pieno di miserie, e tanto diverso dalla gelida riservatezza e soddisfazione che quelli devono far supporre. Addio, caro Gadda; torni a scrivere e voglia bene al suo Gianfranco Contini Domodossola, 29 luglio 1934 Carissimo, in attesa di Ambrosiano (uno scritto di Gadda, ndr) comunico: che la sorella di Ardigò (Gadda e Contini sono stati a Cremona dai parenti materni del critico, gli Ardigò, ndr) si chiama infatti Dina, diminutivo di Adelaide, benché il nome ufficiale-anagrafico sia Elvira (in commemorazione, risulta, d’unazia paterna morta sposa di tre mesi, e forse già en chemin verso la maternità). Ti comunico la particolare simpatia della Dina per te, ben partecipata da tutta la famiglia.Ma direi che siamo stati tutti, noi, loro gente agréable; e la Lombardia meridionale. Grazie per il valido contributo alla riuscita della mia settimana (Seguirono: dua altri giorni di Cremona; Crema, delusiva; via Pandino, Rivolta d’Adda, con visite a cugini e cimiteri, e informazioni, che m’invidierai certo, sui meticciamenti, sui tori frigidi o invertiti ecc.; Lodi vaghissima; e Milano per strada, con sosta d’un’ora ivi e mia vana telefonata, venerdì alle due, al Rio de Janeiro). Venerdì o sabato mi muovo per una settimana fiorentino-centrale, presumo. Ciao e grazie ancora. Gianfranco Contini Domodossola, 27 marzo 1940 Carissimo, averlo saputo prima, del disponibile Pierini (Pensione di Forte dei Marmi, ndr). Lascio passare l’acme, e quasi certamente vi capito. Bastano dunque due giorni di preavviso? Conviene prendere un cocchio alla stazione del Forte? Emergo da alcuni giorni di tenesmi (diarrea, ndr), con febbre relativa. Perciò ho cercato nel noto vocabolario del Cherubini alla voce scatologica per eccellenza, e ne ho ricevuto la sberla seguente: «Registro questa voce e parte della sua figliuolanza (non già tutta, ché troppa le ne concede il volgo) per semplice debito di vocabolarista. I giovani studiosi però eviteranno questi putidori, ancorché innocenti, come li sogliono fuggire le persone ben educate, non che nelle scritture, anche nel comun conversare». La figliuolanza è rappresentata da «L’è mingam...,mal’ha c..., elcan»,«Colorde m... de pover», «Cinqu e cinqu des, tì la m...., emì i scires». Ciao, tuo Contini Domodossola, 11 agosto 1941