Antonello Cherchi, Il Sole-24 Ore 7/12/2009;, 7 dicembre 2009
PER FARE UNA LEGGE OCCORRONO 58 ORE
Quasi la metà: quattro giorni e mezzo contro due e mezzo. Se nella precedente legislatura occorrevano 104 ore di lavoro delle Camere per far arrivare in porto una legge, ora si è scesi a 58. Merito della schiacciante maggioranza parlamentare, ma anche del massiccio ricorso alle votazioni di fiducia e, soprattutto, all’ingombrante presenza dei decreti legge.
Il confronto dei primi diciannove mesi delle ultime due legislature evidenzia, infatti, come la decretazione d’urgenza sia sensibilmente aumentata ai nostri giorni: da 28 Dl approvati durante il governo Prodi ai 39 dell’era Berlusconi, con un balzo di quasi il 40 per cento. C’è poi da considerare che per 19 volte – su 22 che è stata chiesta (tante quante fu accordata nell’intera passata legislatura, che però di questi tempi già volgeva al declino) – la fiducia ha riguardato disegni di legge di conversione.
Non c’è, dunque, alcun dubbio: la presenza delle iniziative di Palazzo Chigi all’interno del Parlamento è fortissima. Delle 123 proposte diventate legge alla data del 30 novembre, 105 portano il sigillo dell’Esecutivo: ai 39 Ddl di conversione vanno infatti aggiunti 66 disegni di legge che hanno seguito il normale iter, anche se per tre di essi si è comunque fatto ricorso al voto di fiducia. Praticamente, 5,5 leggi al mese. Media che sale a 6,5 approvazioni mensili se si somma anche lo sparuto gruppo (16) di disegni di legge di iniziativa parlamentare e i due Ddl di iniziativa mista.
Nella passata legislatura il bottino era, al 30 novembre, assai più magro, con un totale di 77 proposte di legge approvate, anche se il peso dell’iniziativa governativa non era da meno: rappresentava, infatti, l’87% dell’attività, dato che ai 28 decreti legge si devono aggiungere 39 Ddl targati Palazzo Chigi. Il che significa una media di 3,5 leggi al mese, che salgono a quattro se si aggiungono le dieci proposte di legge di iniziativa parlamentare.
La preponderanza dell’intervento dell’Esecutivo non è, dunque, fatto nuovo, per quanto nelle ultime due legislature abbia assunto un profilo più consistente. Pure nella XIV legislatura, infatti, le leggi del Governo rappresentavano il 78% e nella XIII quasi il 77 per cento.C’è,però, da considerare che la tendenza è comune anche agli altri ordinamenti europei, come ha messo in evidenza una recente analisi dell’osservatorio sulla legislazione di Montecitorio. Un dato che non deve, comunque, far passare in secondo piano il rischio che una sempre più incisiva presenza del Governo, in particolare con i decreti legge blindati attraverso la fiducia, svilisca le prerogative parlamentari, come ha di recente sottolineato il presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Gli altri numeri del confronto dicono di un aumento, nella legislatura in corso, delle sedute delle Camere, tanto in aula quanto in commissione, ma al contempo di una diminuzione delle ore dedicate ai lavori (quasi- 11%). Che, come detto, non influisce però sulla produzione complessiva.
In calo anche la corsa al disegno di legge: se nella XV legislatura si era oltrepassata quota 5mila, al momento si è sotto tale soglia (sono 4.824). I numeri sono, comunque, ragguardevoli, tanto più che – costante di tutte le legislature – la stragrande maggioranza di quelle proposte è destinata a rimanere lettera morta. Spessissimo a non essere esaminata neanche una volta.
Altro dato da segnalare è quello relativo all’attività legislativa delle commissioni. Entrambe le legislature hanno privilegiato il dibattito in aula, riservando alle commissioni l’ultima parola solo in poche circostanze: il 13% dei casi nell’attuale legislatura, che si riduce al 5% nel passato Parlamento.
Praticamente invariata, invece, l’attività ispettiva, con circa 19mila provvedimenti – tra mozioni, interrogazioni, interpellanze, ordini del giorno e risoluzioni – presentate. Nell’attuale legislatura, però, c’è una migliore performance degli atti conclusi, che crescono dell’8,5 per cento • LA GAZZETTA INVASA DA MIGLIAIA DI COMMI - Sono loro – i decreti legge – a vincere anche la classifica dei provvedimenti più ingombranti. La Gazzetta Ufficiale ha dovuto dedicare ai Dl approvati fin qui quasi la metà dello spazio, mentre le altre leggi ordinarie hanno richiesto l’8% dei fogli. Invasive anche le leggi collegate alla manovra di finanza pubblica, le quali hanno coperto il 22% della carta.
Oltre alle leggi ordinarie, "morigerata" è all’apparenza anche la legge comunitaria, per quanto un solo provvedimento abbia preteso lo stesso spazio (quasi l’8%) che hanno chiesto le oltre trenta leggi di ratifica e le leggi finanziarie e di bilancio.
Ma c’è un altro parametro – come ha fotografato il rapporto 2009 sullo stato della legislazione predisposto dalla Camera – che dà l’idea della preponderanza delle leggi di conversione: quello dei commi. Dentro i decreti legge approvati fino a oggi se ne contano 2.816, il che significa il 61% del totale. La legge comunitaria ne ha messi in fila 187 (ma non va dimenticato che si tratta di un unico provvedimento), nelle leggi ordinarie approvate finora se ne contano 343, in quelle di ratifica 248, nelle leggi finanziarie e di bilancio 266 e nei collegati alla finanziaria 727.
C’è, però, un dato che non va sottovalutato: anche laddove il numero dei commi sembra contenuto, andrebbe valutata la loro lunghezza. Perché – come soprattutto le ultime finanziarie insegnano – ce ne sono di particolarmente estesi. Praticamente, quanto una legge.
A.Che.