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 2009  dicembre 03 Giovedì calendario

Stefano Onofri, 26 anni. Di Castel Madama, tifoso della Roma, grande e grosso ma mite e gentile tanto che in paese lo chiamavano tutti ”Stefanone il gigante buono”, faceva l’elettricista e per un anno era stato fidanzato con Elisa, cameriera in un bar-pasticceria, capelli castani, altezza media, che però qualche settimana fa l’aveva lasciato per mettersi con un Nicolas Iori di anni 18, «piccoletto di statura e fumantino», che lavorava col padre montando controsoffitti

Stefano Onofri, 26 anni. Di Castel Madama, tifoso della Roma, grande e grosso ma mite e gentile tanto che in paese lo chiamavano tutti ”Stefanone il gigante buono”, faceva l’elettricista e per un anno era stato fidanzato con Elisa, cameriera in un bar-pasticceria, capelli castani, altezza media, che però qualche settimana fa l’aveva lasciato per mettersi con un Nicolas Iori di anni 18, «piccoletto di statura e fumantino», che lavorava col padre montando controsoffitti. Stefano, «ossessionato» da quella ragazza che era stata il suo primo amore, la seguiva ovunque e la riempiva di telefonate e messaggini, tanto che una volta Nicolas l’aveva preso di petto dicendogli chiaro e tondo: «Lasciala stare, ormai è la donna mia». La sera di sabato 5 dicembre, verso le 22, Nicolas chiamò Stefano addebitandogli la chiamata perché non aveva soldi nel cellulare e gli diede appuntamento in un terreno di proprietà della sua famiglia, nella campagna di Tivoli, dove arrivò in macchina armato di una mazza da baseball e di una pistola calibro 6.35 presa chissà dove. Appena il rivale scese dalla sua Fiesta lo colpì più volte con la mazza fino a farlo stramazzare in terra, quindi lo obbligò a togliersi la camicia, lo fece inginocchiare, e gli sparò dritto nella faccia. Subito dopo, credendolo morto, telefonò a due coetanei amici suoi, Michele Sisti e Gianluca Di Nardo, che l’aiutarono a nascondere il corpo in un capanno di metallo, lo coprirono con un telo, e parcheggiarono la sua auto tre chilometri più in là, per sviare le indagini. Lo Iori, buttata la pistola nell’Aniene, vagò alcune ore senza meta, poi verso le due di notte rientrò a casa e raccontò tutto al padre che subito avvisò i carabinieri. Stefano, trovato nel capannone che respirava ancora, morì in ospedale dopo ventiquattr’ore di agonia. Verso le 22 di sabato 5 dicembre nelle campagne di Tivoli in provincia di Roma.