Cesare Peccarisi, Corriere della Sera 6/12/2009, 6 dicembre 2009
Quando Dolph Lundgren, nei panni del terribile pugile russo Ivan Drago, lanciava minaccioso al Sylvester Stallone di Rocky 4 la famosa frase ’ti spiezzo in due’, doveva sprizzare 11-vaccenil-acetato da tutti i pori
Quando Dolph Lundgren, nei panni del terribile pugile russo Ivan Drago, lanciava minaccioso al Sylvester Stallone di Rocky 4 la famosa frase ’ti spiezzo in due’, doveva sprizzare 11-vaccenil-acetato da tutti i pori. Questo è il nome chimico del feromone dell’aggressività fra maschi, appena individuato dai biologi Liming Wang e David Anderson del California Institute of Technology: un loro studio, pubblicato su Nature, dimostra come questa sostanza serva alla sopravvivenza della specie. Il suo scopo sarebbe quello di ridurre la densità della popolazione maschile, incentivando i combattimenti se cibo e femmine scarseggiano. I due ricercatori, intendiamoti, hanno isolato il cVA (questa la sigla del feromone) nell’insetto drosophila: procedura comune per questa classe di ormoni, a partire dal primo identificato 50 anni fa nella farfalla della seta. Oggi sappiamo che i feromoni, il cui nome deriva al greco pherein (trasportare) e hormon (stimolare), sono presenti anche negli altri animali, uomo compreso, che li usano per comunicare con individui della loro specie o di specie diverse. Finora se ne conoscevano tre tipi: di identificazione, di allarme e sessuali. Questi ultimi sono i più noti, soprattutto da quando la biochimica Winnifred Cutler della Pennsylvania University isolò dal sudore di giovani donne il feromone dell’attrazione sessuale, poi sintetizzato in laboratorio col nome di Athena 10:13. Con questo, in uno studio pubblicato nel 2005 su New Scientist , fece aumentare del 68 per cento le attenzioni sessuali dei partner di 22 donne in menopausa che l’avevano usato come formulazione spray, del tutto inodore. Arriverà adesso anche uno spray da combattimento, ricavato dal sudore dei pugili? «Nell’uomo l’aggressività è un fenomeno complesso; – dice Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano – questa scoperta potrebbe spiegare in parte la violenza osservabile in gruppi etnici ristretti, socialmente non integrati e in sovraffollamento, ma il fatto che ciò non sia una costante dimostra quanto il controllo inibitorio del nostro cervello abbia la meglio sugli influssi feromonali». Cesare Peccarisi