Sergio Romano, Corriere della Sera 6/12/2009, 6 dicembre 2009
Ho sentito parlare della vicenda di Ezra Pound, il poeta americano che, per aver appoggiato la Repubblica di Salò, venne accusato di alto tradimento dal suo Paese e rinchiuso in manicomio per 12 anni prima di poter ritornare a Venezia, dove morì
Ho sentito parlare della vicenda di Ezra Pound, il poeta americano che, per aver appoggiato la Repubblica di Salò, venne accusato di alto tradimento dal suo Paese e rinchiuso in manicomio per 12 anni prima di poter ritornare a Venezia, dove morì. Può chiarirmi come andarono le cose e come fu che, un personaggio di tale valore letterario, dovette subire una pena simile? Silvia Sperelli Palermo Cara Signora, La sua lettera mi ha ricordato una conversazione con Roberto Vivarelli, storico dell’Italia liberale e del fascismo, professore per molti anni nella Scuola Normale Superiore di Pisa. Vivarelli mi raccontò di avere incontrato Ezra Pound nell’inverno 1954-1955 quando era, per i suoi studi, a Philadelphia. Lesse Pound, volle fare la sua conoscenza e gli fece visita nel Saint Elizabeth Hospital di Washington. Lo trovò in una camera che aveva sbarre alla finestre (il Saint Elizabeth era un manicomio) ma era sufficientemente spaziosa e confortevole. Il «matto» aveva il diritto di ricevere visite, purché concordate, ed era quotidianamente assistito dalla moglie. Vivarelli pensa che le autorità americane abbiano dovuto sciogliere, dopo il suo arresto, un nodo assai imbrogliato. Avrebbero potuto imputargli le sue prediche anti-americane, pronunciate durante il conflitto dalla radio di un Paese nemico, ma il capo d’accusa, in tal caso, sarebbe stato «tradimento » e la sentenza, probabilmente, la morte. Pound, d’altro canto, aveva gia subito una brutale detenzione a Pisa e aveva, quando fu catturato, 60 anni. Per salvarlo dalla morte decisero di proclamarlo insano di mente e lo installarono in un ospedale dove ricevette persino un premio letterario della Biblioteca del Congresso assegnato da una giuria di cui facevano parte T.S. Eliot e W.H. Auden. Quando tornò in patria, Vivarelli apprese che un giovane editore, Vanni Scheiwiller, aveva lanciato una campagna per la liberazione di Pound e stava raccogliendo firme tra personalità della cultura italiana. Aggiunse la sua firma, collaborò alla campagna e fu lieto di apprendere, nel 1957, che una analoga iniziativa di alcuni intellettuali americani aveva raggiunto il risultato desiderato. Al racconto di Vivarelli, cara Signora, aggiungo che la soluzione escogitata dalle autorità americane può sembrare simile a quella adottata dal sistema sovietico quando voleva sbarazzarsi di un dissidente. Ma con una importante differenza. Il «matto » sovietico veniva trattato come tale e imbottito di medicine che avevano l’effetto di renderlo effettivamente fuori di mente. Nella lunga «degenza» di Washington, invece, Pound poté scrivere i «Canti pisani», una delle più importanti opere letterarie del Ventesimo secolo.