Giuseppe Guastella, Corriere della Sera 6/12/2009, 6 dicembre 2009
MILANO
Avrebbero fatto felice qualunque gallerista d’arte e direttore di museo, invece 19 dipinti e disegni di artisti del calibro di Monet, Picasso, Van Gogh, Gauguin e Modigliani, da sei anni erano al buio, nascosti in soffitte e cantine di tre case di Parma. Dicono valgano 100 milioni, ma nessuno poteva ammirarli. Per una ragione: secondo la Procura di Parma, che con la Gdf li ha trovati e sequestrati, erano di Calisto Tanzi e stavano per essere venduti di soppiatto per evitare che finissero nelle mani delle migliaia di risparmiatori che attendono ancora di essere risarciti dopo il fallimento da 14 miliardi che nel dicembre 2003 ha travolto il gruppo alimentare.
Di un tesoro di Tanzi si parla anni.
Il cavaliere di Collecchio ha sempre smentito di aver trasferito all’estero prima del default denaro contante o altri beni, anche se un suo viaggio in Ecuador via Portogallo nell’imminenza del crollo è ancora avvolto da un alone di mistero e dopo l’arresto del 27 dicembre a casa sua non fu trovato praticamente nulla. Lunedì scorso, all’udienza a Parma del processo sul crac aveva negato di aver nascosto quadri di valore.
Il giorno prima, «Report» su Raitre aveva trasmesso l’intervista a una guardia del corpo di Tanzi che aveva rivelato che alla vigilia del crollo gioielli, pellicce e opere d’arte, tra cui dipinti di valore, furono presi dal caveau della sontuosa villa di famiglia di Alberi di Vigatto nella campagna parmense e da cassette di sicurezza in banca e caricati su furgoni bianchi partiti alla volta della Svizzera. Mentre Tanzi ripeteva in Tribunale che «non c’è nessun caveau» e che «i quadri sono stati tutti venduti », «grazie alla trasmissione di Milena Gabanelli si è aperta una pista – spiega il procuratore della Repubblica Gerardo Laguardia – e abbiamo messo sotto controllo telefoni e indiziati ».
Il cerchio si chiude nel pomeriggio di venerdì. L’ultima intercettazione è decisiva e porta diritto a Stefano Strini, il genero di Tanzi. «Avevamo agganciato alcuni personaggi che trafficano in quadri – continua il procuratore di Parma ”, ci siamo resi conto che la trattativa si stava chiudendo e che le opere stavano per essere vendute. Un colpo di fortuna». La Gdf di Bologna rintraccia i tre e irrompe durante l’incontro. Di fronte ai sostituti procuratori Lucia Russo e Vincenzo Picciotti, Strini capisce di non avere scampo, vuota il sacco, collabora, indica dove le tele sono state nascoste. Si scopre che era in dirittura d’arrivo con un trafficante toscano, che forse i quadri sarebbero finiti a un magnate russo con casa a Forte dei Marmi. I magistrati salgono sulle loro auto personali e con le Fiamme gialle vanno a bussare in piena notte alle porte di due abitazioni a Parma e una nella vicina Ponte Taro. Trovano le opere. I padroni di casa dicono di non sapere niente, di aver fatto una cortesia a Strini, il quale prima del fallimento del dicembre 2003 gli aveva chiesto di custodire quei pacchi.
La carta e il cellophane proteggono opere preziose di alcuni dei maggiori artisti del XIX e XX secolo. La «Scogliera di Pourville» di Monet, valutata dieci milioni di euro, un «Ritratto di ballerina» di Degas, un autoritratto di Ligabue, una natura morta di Gauguin, un tronco d’albero e una natura morta di Van Gogh, una natura morta di Picasso. Poi ci sono un Manet raffigurante alberi, un acquerello su carta di Cezanne, non mancano Pizarro, Nitti, Modigliani e altro ancora. Un tesoro che, però, a quell’ora non si sa come portar via. Ci pensa il pm Lucia Russo che chiama il marito e carica tutto sul suv di casa. Strini e il mediatore vengono indagati per favoreggiamento e ricettazione di beni sottratti al fallimento Parmalat. I quadri saranno stimati e messi a disposizione del fallimento.
«Una vicenda dai contorni complessi e oscuri, mi meraviglierei se risultasse che Tanzi fosse consapevole di una trattativa che potrebbe essere stata fatta alle sue spalle», dichiara uno dei legali di Tanzi, l’avvocato Giampiero Biancolella, preoccupato che anche quel che resta della credibilità del cliente crolli di fronte ai giudici. «Mi meraviglierei se non fosse consapevole di quello che faceva il marito della figlia», risponde a distanza un Laguardia «molto soddisfatto» perché, invece, «questa vicenda è un indizio consistente che possono essere state celate altre cose e la prova della volontà di Tanzi di portar via il più possibile».
Giuseppe Guastella