Paolo Valentino, Corriere della Sera 6/12/2009, 6 dicembre 2009
WASHINGTON
Lei guida la più potente diplomazia del mondo. Lui fa lo stesso lavoro per Sua Maestà britannica. Lei ha 62 anni, un marito famoso che notoriamente non sa tenere chiusa la patta dei pantaloni e la cui ingombrante presenza soltanto ora sta mettendosi finalmente alle spalle. Lui di anni ne ha solo 44. E’ sposato con una violinista della London Symphony Orchestra, che adora. Ed è considerato l’ enfant prodige dei laburisti, speranza della sinistra inglese ed europea.
Eppure a vederli l’una accanto all’altro al Consiglio Atlantico di Bruxelles, venerdì scorso, sembravano usciti da un quadretto di Peynet. Occhi dolci, affettuose strizzatine al braccio, sguardi complici, sorrisi: sarebbe stato facile scambiare Hillary Clinton e David Miliband per una coppia d’innamorati, due adolescenti nel pallone.
Un po’ in verità è così, come ha ammesso Madame secretary in una recente intervista: «Se lo vedete, vi prendete una cotta. così vibrante, vitale, attraente intelligente. Veramente una bella persona. Eppoi è così giovane», ha detto l’ex first-lady a Vogue . Con entusiasmo appena più contenuto, Miliband ha ricambiato: « delizioso avere a che fare con lei, 1 a 1. allegra, è ironica e sa anche mettere le cose in prospettiva».
Ma, di bollente, per quanto se ne sappia, al momento non c’è nulla. Nonostante il malizioso Times di Londra chiosi che se la riunione belga fosse andata avanti ancora per un po’, uno dei due avrebbe gridato all’ altro «prendi una stanza!». Anche se poi, commenta il quotidiano, «sarebbero ovviamente a discutere di strategie globali » .
La loro sembra piuttosto un’ affinità elettiva, la declinazione personale della «special relationship », il rapporto speciale che da sempre lega il Regno Unito, la madre di tutte le democrazie, agli Stati Uniti che ne furono la creatura ribelle. Certo non è la prima volta che accade: già due loro predecessori, Condoleezza Rice e Jack Straw, ebbero una grande intesa e si scambiarono gentilezze straordinarie. In un’occasione il segretario di Stato cedette al ministro inglese il suo letto sull’aereo ufficiale, durante un viaggio di ritorno da Bagdad.
Ma era nulla al confronto alla chimica personale stabilitasi tra Hillary e David. «Se fossimo stati a scuola – ha detto un diplomatico che ha partecipato al vertice di Bruxelles – il professore li avrebbe separati e fatti sedere in banchi diversi». Nel giovane capo del Foreign Office, la veterana Hillary deve vedere la prossima generazione di leader progressisti che andrà al potere.
Miliband è insomma il tipo di persona che ha sempre ammirato: brillante, giovane, innovativo, capace di pensieri non convenzionali ma con un piede nella tradizione liberal, un po’ come incontrare nuovamente Bill più di quaranta anni dopo. A Hillary e alla leggenda dei Clinton, antesignani della Terza Via, il ministro inglese guarda con un misto di filiale venerazione.
«In questa cosa siamo insieme e soltanto insieme possiamo vincere», ha detto soddisfatta Hillary, al termine della riunione di Bruxelles, nella quale i Paesi atlantici si sono impegnati a mobilitare altri 7.000 soldati per la missione a Kabul. Parlava dell’Afghanistan, naturalmente, il segretario di Stato. Ma è un fatto che nessuno in questa fase le sia stato più vicino di David Miliband, il quale, insieme al segretario della Nato Rasmussen, ha guidato la carica per convincere gli alleati recalcitranti ad assecondare l’escalation e la nuova strategia dell’Amministrazione americana. E sicuramente a Miliband pensava la signora Clinton, quando ha spiegato di «essere rimasta commossa dai commenti pubblici e privati, fatti dai ministri alleati».
Tutti, ma uno in particolare.
Paolo Valentino