Angela Frenda, Corriere della Sera 6/12/2009, 6 dicembre 2009
MILANO
Della lettera ricevuta dal pentito Gaspare Spatuzza non vuole parlare. Fonti a lui vicine, però, spiegano che monsignor Giuseppe Molinari si è sentito tirare dentro questa storia. E adesso che i riflettori si sono accesi vorrebbe solo non «essere usato» come un trofeo da esibire a sostegno di una conversione che, sempre secondo il vescovo dell’Aquila, è stata troppo pubblicizzata. Anche dal diretto interessato. Sbagliata, fanno sapere informalmente dalla Curia, pure la notizia che Molinari gli avrebbe parlato tre volte: soltanto una, precisano, per confessarlo. evidente, però, che da parte di molti esponenti della Chiesa c’è imbarazzo per essere stati coinvolti pubblicamente in questa vicenda. Anche se, chiariscono – a scanso di equivoci e di strumentalizzazioni politiche contro un pentito che sta collaborando intensamente con i magistrati – che sull’autenticità di una confessione, essendo un fatto interiore, è difficile dare giudizi. Anche per gli uomini di Chiesa. Quello di un mafioso, come accade a tutti gli esseri umani, è un percorso difficile da indagare. Ancor di più se subentra un pentimento accompagnato da una conversione religiosa. Che nel caso di Spatuzza è supportata da una serie di elementi concreti. Come i sei esami in teologia in materie non semplici: Sacra Scrittura (prese 25/30), ad esempio, o Patrologia (24/30). Come i libri che chiedeva: da Teologia della Rivelazione di Renè Latourelle a Dio uno e trino di Piero Coda. E poi la scelta di una cella isolata. La partecipazione alla messa giornaliera dove, racconta il cappellano del supercarcere di Ascoli Piceno, il frate cappuccino Pietro Capoccia, «si offriva tutte le volte di distribuire i foglietti. E, al termine, chiedeva anche spiegazioni sulle letture». Ma quello di Spatuzza è un interesse religioso maturato al punto da aver bisogno di strumenti specifici. «Mi chiese il breviario – racconta don Capoccia ”. Glielo sconsigliai: che te ne fai, dissi, sono quattro volumi. Ma lui insisteva...». Una determinazione che il cappellano ancora oggi conferma: «Parlare di conversione però è sbagliato.
Nessuno può sapere se è vero o se Spatuzza sta mentendo. Quello che posso dire è che viveva come un monaco, pregava ogni giorno, e spesso esprimeva concetti alti. Agli esami gli insegnanti si sono stupiti: finalmente uno preparato». Il problema, semmai, per don Capoccia, è la pubblicizzazione data da Spatuzza di questo percorso religioso: «Vedere quei documenti sui giornali è stato un colpo. Monsignor Caniato (il capo dei cappellani, ndr ) mi ha anche sgridato per aver consegnato al pentito la lettera di risposta del Papa, che era per me, ed era una di quelle comuni, standard. Una benedizione papale che non può essere certo prova di conversione. Mentre la sua lettera di auguri al Santo Padre non esiste: era una cartolina prestampata. stato tutto ingigantito. E questo, devo ammetterlo, mi ha lasciato interdetto. Ma sto ai fatti: e nel Gaspare Spatuzza che ho conosciuto io ho visto interesse religioso. Nella sua coscienza, però, può leggere solo Dio».
Angela Frenda