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 2009  dicembre 06 Domenica calendario

Aldo Cazzullo, L’Italia de noantri, Mondadori, 2009, 176 pagine, 18 euro. Simboli. Gli italiani oggi mangiano le stesse cose

Aldo Cazzullo, L’Italia de noantri, Mondadori, 2009, 176 pagine, 18 euro. Simboli. Gli italiani oggi mangiano le stesse cose. Se ancora due generazioni fa in Piemonte per condire si usavano carne o burro, oggi il pomodoro si ritrova in ogni sugo. «Il pomodoro è il vero simbolo nazionale. Se un italiano ha una macchia sulla camicia, è una macchia di pomodoro». Monete. «Dico che Roma e il Sud, sempre più simili tra loro, hanno acquistato una centralità, imposto un’egemonia culturale, innestato sul particolarismo diffuso anche al Nord uno stile di vita rilassato, a volte indolente, poco disposto al sacrificio, poco interessato al bene comune. Uno stile di vita che ha agevolmente prevalso, secondo la legge naturale per cui la moneta cattiva caccia la moneta buona […] Se la Grecia conquistò il conquistatore romano, a lungo andare Roma e il Sud hanno conquistato gli eserciti scesi da Nord». Rinunce. Giuliano Soria, il patron del Grinzane Cavour, che secondo le accuse faceva la bella vita pasteggiando a barolo tra un massaggio a domicilio e una seduta nei centri benessere coi soldi dei finanziamenti pubblici, per un totale di 8 milioni di euro, complice il fratello Angelo (responsabile della comunicazione Regione Piemonte). Il segno che Torino ha rinunciato alla sua diversità. «La città austera dell’azionismo e del comunismo, di Bobbio e di Togliatti […] da tempo ha ammainato la bandiera dell’egemonia culturale e anche il vessillo della superiorità morale». Unificazione. «Non penso affatto, con i leghisti, che una parte malata della nazione abbia contagiato quella sana. Semplicemente, credo che l’unificazione sia davvero compiuta, che l’Italia oggi sia finalmente una, nel bene come nel male». Torino. «La Torino di oggi è città ibrida, priva di un’identità definita. Metà della popolazione è di origine meridionale, e non si è integrata come a Milano, è composta di ragazzi nati a Torino ma che parlano con accento pugliese o campano, calabrese o siciliano […]. Torino, insomma, assomiglia all’Italia più di quanto non sia mai accaduto. Ci sono più dipendenti comunali che operai. Si mangia per strada, ogni ristorante ha aperto il suo ”dehors” come si dice qui, ci sono pure i funghi per scaldarsi d’inverno come nelle città turistiche». Destra. A Torino, come quasi dappertutto, il partito di Berlusconi è il primo partito, anche se la destra non ha mai vinto le elezioni perché la sinistra una sua primizia. «Eppure Sergio Chiamparino, il sindaco più amato d’Italia, nel ”94 fu dolorosamente battuto nel collegio di Mirafiori da Alessandro Meluzzi, psicologo di Forza Italia svanito dalla politica senza lasciare tracce». Romanocentrismo. «Noantri non è un concetto soltanto romano. Se non altro perché l’Italia diventa sempre più romanocentrica, e quindi un po’ più romana […] La nuova Alitalia punta su Fiumicino anziché su Malpensa. Il nuovo capo di Assolombarda, i rappresentante di 6 mila aziende fulcro dell’economia padana, è un manager pubblico originario di Roma, Alberto Meomartini […] Il maestro Muti, già simbolo della Scala, viene ingaggiato da Alemanno (e Vespa). Perfino il Giro d’Italia del centenario non è arrivato a Milano, come da antica tradizione, ma a Roma. La capitale progetta di strappare al Nord la Formula 1. Quanto al raduno nazionale degli alpini, nel 2009 non si è fatto sulle Alpi, ma a Latina». Romanesco. «Il romanocentrismo della fiction e del cinema fa sì che il romanesco diventi italiano, o comunque lingua franca, per cui a Trento come a Cosenza si dice ormai ”buzzicona”, ”pischello”, ”sgalletata” (oltre all’ormai universale frocio)». Idiomi. «A Torno nessuno dice più cerea, a Bologna nessuno dice più soccmel, ma a Roma li mortaci tua! Lo dicono tutti». Nord. «Per i romani, che non distinguono un accento padano dall’altro, il Nord è un nulla nebbioso e indistinto chiamato Milano, così come i vecchi torinesi chiamavano tutti i meridionali ”napuli”». Veline. «Un formidabile fattore di romanizzazione è la Rai, e in genere la tv. Un tempo si diceva che la televisione fosse lo specchio dell’Italia. Ora è vero il contrario: l’Italia pare lo specchio della televisione. La tv propone un lessico intraducibile in qualsiasi lingua occidentale (dovendo spiegare al lettore inglese il concetto di velina, letteronza e meteorina, l’’Indipendent” si è infilato in un ginepraio da decine di righe: ”Wheaterwoman picked up by Emilio Fede, popular italian anchorman…’)». Campanili. «Noantri è la parola-chiave non solo di Roma, ma anche dell’Italia di oggi. Non a caso riecheggia quasi uguale in tutti i dialetti. ”Nuiautri” dicevano i miei nonni. ”Salvo un paio de foresti, semo tutti de noantri” si sente dire con un senso di sollievo nel Nordest […] Noialtri: la famiglia, il campanile, il clan, il partito, la fazione, la corporazione, la curva da stadio, il mandamento mafioso». Cortili. «”Noantri” non è soltanto il nome della festa di Trastevere […]. Noantri non è solo il modo provinciale e compiaciuto di ricondurre il mondo a noi stessi, alla nostra dimensione, al nostro cortile. Noantri è una logica di vita. Applicata anche alle élite […] La mondanità, dove gente di spettacolo, di politica e di affari si incrocia, si accoppia, si associa e non si separa mai definitivamente». Famiglia. «Come non vedere che la famiglia gioca un ruolo conservatore nella società italiana? Che siamo circondati da figli d’arte e figli di papà, ovunque, al cinema e negli studi degli avvocati, in Parlamento e nei giornali, dal medico e in università? Se l’ascensore sociale è guasto […] è perché i figli ereditano con il cognome e i beni pure il mestiere e lo status del padre. perché la logica di fedeltà e di appartenenza – al partito, al burocrate, all’ordine professionale – fa premio su quella della competenza. perché tra uno bravo e libero e un altro incapace e servo, non soltanto il capopartito ma pure l’italiani medio tenderà a preferire il secondo». Mestieri. «Quanto all’ereditarietà dei mestieri, Diocleziano la impose per legge, in modo che anche in tempi di peste e carestia nel suo impero non mancassero ciabattini e panettieri». Luoghi comuni. L’Italia il paese delle tante capitali, la terra delle centocittà. «Ma non esiste l’Italia del bene comune e del ”particulare”. Non c’è il paese delle virtù civili e quello degli interessi privati. Esiste una sola Italia: l’Italia de noantri. Noi italiani siamo diventati, nel bene e nel male, un po’ tutti meridionali. Gli accenti restano diversi, ma la mania di gridare e gesticolare ormai ci accomuna. I ravioli cambiano mille nomi ma il sapore è sempre più simile; e comunque i viaggiatori preferiscono i panini congelati degli autogrill, che si chiamano tutti allo stesso modo. E Roma, capitale di un paese sempre più romanocentrico, è anche la più grande città meridionale d’Europa». Malaffare. «Un euro su tre che circola nel nostro pese è frutto di affari illegali o criminali e questa non è l’economia del Sud; è l’economia italiana. E ancora: il degrado dei rapporti umani, la scortesia dilagante, la mercificazione dei valori sono forse esclusiva di una porzione del territorio nazionale? Non avete avuto sentore che a Bolzano come a Lecce, in Valle d’Aosta (la regione che ha il record di presidenti arrestati per corruzione: quattro di fila, tipo gli ultimi quattro segretari del Psdi) come in Basilicata la politica sia diventata la prosecuzione degli affari con altri mezzi?». Sud. «Tutti i Sud del mondo ce l’hanno fatta, l’Irlanda terra di emigrazioni e carestie bibliche è più ricca dell’Inghilterra, la Spagna supera il nostro pil procapite, i salari greci sono più alti di quelli campani, pure il Sud America di Lula e della Bachelet rivendica il suo miracolo economico; soltanto il nostro Sud non riesce a farcela e si è convinto che non ce la farà mai». Predoni. «C’è una sola cosa che mi sta a cuore più del Ponte sullo Stretto: la revisione storica. tempo che l’intera nazione prenda coscienza del male che ci ha fatto Garibaldi: l’Unità d’Italia ci ha portato sottosviluppo, immigrazione, e un genocidio chiamato brigantaggio, con gli insorti impiccati, bruciati vivi e denigrati come banditi […]. Piuttosto che sotto il re, sarebbe stato meglio vivere federati con la presidenza del Papa. Ma il primo invasore non è stato Garibaldi; è stato Ulisse. E il primo della lunga serie di scrittori che hanno umiliato i siciliani Omero. Polifemo era il povero siciliano, un pecoraio che badava al gregge e vendeva il suo formaggio. Ulisse arriva dal mare, sconfigge il gigante cattivo, lo acceca, lo lascia per morto, e passa pure alla storia come il civilizzatore buono. Da lì comincia il saccheggio dell’isola, troppo ricca per non attirare i predoni» (Raffaele Lombardo, leader del Movimento per le Autonomie, in un colloquio con Aldo Cazzullo). Obelischi. L’obelisco del Foro Italico a Roma, su cui giganteggia ancora la scritta ”Mussolina Dux”. Nel ”44, quando a Roma entrarono gli americani, raccontava Sandro Curzi che lui e i suoi compagni minarono il monumento per abbatterlo, ma furono fermati da un comunista anziano: l’obelisco apparteneva al popolo. Fascismo. «Roma è considerata una città di destra. In realtà dal ”93 sino al 2008 ha sempre prevalso la sinistra, nel voto amministrativo e anche alle elezioni politiche. Roma è semmai una città con una forte destra, e con una memoria collettiva totalmente pacificata nei confronti del fascismo. La dittatura non è un buco nero della storia, una vergogna collettiva, una tragedia su cui meditare. parte integrante e rivendicata della vicenda del paese e in particolare della città». Capitale. «Roma ha sviluppato una sua idea del fascismo. Mussolini le ha dato una nuova urbanistica [..]. Le ha dato una piccola borghesia urbana con l’espansione dello Stato e del parastato, un proletariato con le borgate e l’edilizia, un hinterland agricolo e industriale con la bonifica della pianura pontina e la fondazione di Pomezia. Soprattutto a Mussolini riuscì davvero ciò che l’Italia liberale e sabauda, l’Italia di Porta Pia, era riuscito solo sui libri di storia: fare di Roma la capitale d’Italia». Menefreghismo. Aldo Cazzullo, langarolo cresciuto a Torino, che non si abitua al menefreghismo romano, a entrare al bar dire «buongiorno» senza essere salutato, chiedere un caffè ristretto senza sentirsi dire né sì né no, dire «grazie», senza ascoltare «prego», sentirsi dare sempre del tu. Salvo capire che si comportano così solo i romani che non ti conoscono. «Se ti conoscono i romani sono la delizia del genere umano». Quartieri. «Il punto è che i romani saranno pure 3 milioni, ma si conoscono tutti […] La stragrande maggioranza nasce, vive e muore nello stesso quartiere». Vaticano. L’influenza del Vaticano su Roma. «Sono del Vaticano i due ospedali più importanti, il Bambino Gesù che cura i piccoli e il Policlinico Gemelli che si occupa degli adulti. Sono i Musei Vaticani gli unici a reggere il confronto con i grandi musei del mondo […] Fedele al Vaticano sono non soltanto l’aristocrazia, ma pure l’imprenditoria e la politica. Nella Prima Repubblica, la Chiesa com’è noto comandava tramite la Dc: al celebre no di De Gasperi (all’alleanza coi missini) è seguita una lunga teoria di sì, molti dei quali pronunciati da Andreotti». Disabili. A Roma risiederebbero più disabili che in tutta Italia alla fine della Grande Guerra, stando ai permessi rilasciati dal Comune (63 mila, associati a 170 mila targhe). Solo tra marzo e aprile 2009 ne sono stati scoperti 355 falsi, negli ultimi quattro anni ne sono stati cancellati 10.520, per lo più appartenenti a defunti. Consulenti. Il docente universitario retribuito con tremila euro per ridurre la mortalità dei rospi (in Val Cavallina, titolo dello studio «mitigazione dell’impatto del traffico stradale sulle popolazioni anfibie»). Vantando la capacità di imitare il verso del lupo, un altro docente universitario prestò consulenza alla Valle d’Aosta per monitorare la specie mediante wolf-howling (compenso 8.750 euro). Extracomunitari. Il 7,2 per cento delle imprese individuali italiane è gestito da extracomunitari (tra cui 45 mila marocchini, 32 mila cinese, 26 mila albanesi, 13 mila senegalesi, 11 mila tunisini, 10 mila egiziani, 8 mila bengalesi). Avvocati. La categoria più rappresentata in Parlamento: gli avvocati, 44, uno su ogni 3181 iscritti alla Cassa dell’Ordine. «A far le proporzioni, i dipendenti pubblici dovrebbero avere 1100 deputati, e gli operai più ancora». Empatia. «La più grande dote di Veltroni è proprio quella di entrare in empatia con la persona che ha di fronte. Ne impara subito il nome di battesimo e comincia a chiamarlo Mario o Claudia, conscio – come Berlusconi – che per ognuno il suono più dolce è quello del proprio nome, si informa su fratelli, genitori, coniugi, fidanzati. Chiede notizie del lavoro. Vuole sapere dall’interlocutore sconosciuto e casuale quali libri legge, quali sport pratica, per quale squadra tifa. Ti sorride spesso, non perde la calma, ha una battuta ironica ma non offensiva per tutti. Se ha un difetto, è proprio questo sorvolare la superficie delle cose, senza aprirsi davvero, senza spezzare la crosta delle apparenze, senza assumersi sino in fondo la responsabilità di decidere, e quindi, scontentare qualcuno». Superiorità. «D’Alema infatti non solo si considera superiore a Veltroni per intelligenza politica e capacità di manovra, doti che quasi tutti gli riconoscono; si considera migliore di lui anche sul piano umano e morale, e non perdona a Veltroni di aver persuaso quasi tutti del contrario». Superficialità. «Veltroni ha una grossa capacità di comunicare, ma quel che dice spesso è difficile da afferrare, da decifrare. Usa un linguaggio aperto ad ogni soluzione, dice tutto e il contrario di tutto. Sento un gran bel parlare, belle promesse, il sogno, il mondo migliore, l’amore, i riferimenti coltivati da sempre, Kennedy, don Milani, Olof Palme. Ora pure la Melandri e Tardelli. Come si fa a essere contro Tardelli, il vincitore del Mundial? Ma l’Italia di oggi è un Paese sbandato, che ha bisogno di ricette meno spettacolari e più amare» (Francesco De Gregori nell’ottobre 2003). Adesioni. «Berlusconi non ha mai preteso di cambiarci. Lui ha aderito agli italiani. E, aderendo a noi, ci ha cambiati più di quanto abbai potuto l’indottrinamento del regime. Berlusconi ha interpretato lo spirito profondo del paese, ha dato al linguaggio goliardico da spogliatoio maschile la dignità di linguaggio pubblico, ha detto le cose che i democristiani osavano a malapena pensare, ha rivendicato ciò che prima si taceva, ostentato ciò che prima si faceva di nascosto». Peccati. Quando Baget Bozzo scrisse una lettera al ”Foglio” confessando sentimenti omoerotici, da non confondere con l’omosessualità. «La Chiesa punisce la pratica, non la condizione; in sostanza, a don Gianni piacevano gli uomini; ma non erano questi i suoi peccati».