Massimo Gaggi, Corriere della Sera 4/12/2009, 4 dicembre 2009
Wikipedia che perde colpi è un episodio isolato o una crepa nel magico mondo del crowdsourcing , quel fenomeno di partecipazione volontaria (e gratuita) a mille iniziative online che sta cambiando il nostro modo di apprendere, informarci, dialogare e lo stesso mercato del lavoro? L’esodo di 50 mila collaboratori nei primi mesi di quest’anno ha messo in ginocchio un’enciclopedia che è il più riuscito esperimento di democrazia culturale in Rete
Wikipedia che perde colpi è un episodio isolato o una crepa nel magico mondo del crowdsourcing , quel fenomeno di partecipazione volontaria (e gratuita) a mille iniziative online che sta cambiando il nostro modo di apprendere, informarci, dialogare e lo stesso mercato del lavoro? L’esodo di 50 mila collaboratori nei primi mesi di quest’anno ha messo in ginocchio un’enciclopedia che è il più riuscito esperimento di democrazia culturale in Rete. Dal citizen journalism (notizie e commenti messi in Rete da chi non fa di professione il giornalista) alle tante imprese che attingono all’«intelligenza collettiva» del web per vendere meglio i loro prodotti o crearne di nuovi, l’economia della condivisione ha trasformato Internet nel veicolo di una vera rivoluzione sociale. Wikipedia, nata otto anni fa, è stato uno dei motori di questa rivoluzione: tre milioni di volontari (oggi quelli attivi sarebbero meno di centomila), un’enciclopedia sterminata redatta in dieci lingue e consultata ogni mese da 325 milioni di utenti. Dal 2007, però, l’entusiasmo è in calo e ora l’esodo è diventato quasi fuga. Chi se ne va spiega che l’enciclopedia ha perso il suo fascino: le voci più interessanti sono ormai state scritte e le barriere introdotte contro i vandali che aggiungono informazioni false hanno tolto all’impresa il suo sapore libertario e comunitario. Wikipedia «blindata» è più sicura, ma anche più simile alle altre aziende. La filosofia della condivisione è ormai diffusa, la tecnologia la sostiene: la crisi dell’enciclopedia californiana non basta, di per sé, a mettere in discussione un modello. Ad esempio l’Ibm sta utilizzando la «saggezza » dei suoi 400 mila dipendenti e collaboratori sparsi in 170 Paesi per sviluppare n.Fluent, un software di traduzione automatica (converte l’inglese in dodici lingue, italiano compreso). Eppure la «stanchezza del volontario» non colpisce solo Wikipedia: ci sono casi come quello di «crowdSpring» e «99design», esperimenti di design collettivo che, partiti bene, sono stati denunciati dai partecipanti come iniziative che riducono la creatività a commodity. Perfino il crowdsourcing di Barack Obama è in crisi: il suo esercito di volontari, entusiasta e attivissimo durante l’emozionante campagna elettorale, è quasi svanito ora che il presidente «istituzionalizza» i supporter, chiedendo loro di predicare il verbo delle sue riforme. Chi crede nella «saggezza collettiva» non cambia idea, ma in Rete si discute: «Non si può lavorare gratis in eterno», «è anche un modo di eludere le norme sul lavoro», «il giornalismo dei cittadini è utile, ma spesso è poco professionale». Il fenomeno evolve, insomma, verso forme più stabili e mature: funzionerà meglio, ma senza spontaneismo rischia di perdere quell’atmosfera da «club degli amici» che ha fatto la fortuna del crowdsourcing.