Corinna De Cesare, Corriere della Sera 4/12/2009, 4 dicembre 2009
Tra crisi, mortalità aziendale e una propensione ad assumere giovani sempre meno accentuata (-7% nel 2008), una cosa è certa: la scolarità resta l’unico fattore progressivamente differenziante in termini retributivi
Tra crisi, mortalità aziendale e una propensione ad assumere giovani sempre meno accentuata (-7% nel 2008), una cosa è certa: la scolarità resta l’unico fattore progressivamente differenziante in termini retributivi. Come spiega il rapporto 2009 «Domanda di lavoro e retribuzioni nelle imprese italiane» realizzato da Unioncamere insieme a OD&M Consulting e il contributo di Gi Group: dai 22.500 euro di stipendio medio percepito dai lavoratori che hanno al massimo la licenza dell’obbligo, si passa ai 37.620 dei laureati con titolo specialistico. Ma dove si fa più carriera e qual è il titolo di studio che dà più «frutti »? Tra i settori con più chance troviamo i servizi delle comunicazioni e creditizio-assicurativi, seguiti dai comparti industriali della gomma-plastica, alimentare, chimico-petrolifero e cartario-poligrafico. Le attività con minori prospettive di crescita salariale sono invece la metallurgia, le costruzioni, l’agricoltura e i servizi domestici. Ma se è vero che più si studia e più si guadagna, è altrettanto vero che non tutti gli indirizzi offrono le stesse prospettive retributive. Anche a cinque anni dalla laurea le differenze sono marcate: gli stipendi più alti (fonte Almalaurea, dottori preriforma) spettano ai laureati in medicina, ai laureati con indirizzo economico e statistico, a quelli in ingegneria e del settore chimico-farmaceutico. Più sfortunati i dottori del gruppo disciplinare letterario (1.122 euro la retribuzione media) e in generale dell’insegnamento (1.069 euro) che vanno ad occupare le ultime posizioni della classifica. Dove però non mancano sorprese: tra gli ultimi gradini infatti troviamo anche il gruppo giuridico e psicologico. «Alcuni laureati, come quelli di lettere – spiega Andrea Cammelli, direttore di Almalaurea – pagano il prezzo di un mercato pubblico meno dinamico». Diverso il discorso per altri curricula, come quello di giurisprudenza o psicologia, che sembrano aver perso appeal. «Non è così – aggiunge Cammelli – nei primi anni post laurea i ragazzi si concentrano su praticantato e tirocini». Ma attenzione, il famigerato pezzo di carta, precisano gli esperti, non è un’assoluta garanzia. «C’è una concorrenza sempre più sfrenata – spiega Mario Vavassori, amministratore delegato di OD&M consulting – e alcune lauree sono talmente affollate che l’offerta supera di gran lunga la domanda di lavoro». Fondamentale resta la persona. «Il percorso di studi continua a essere importante per la prima fase della carriera – conferma Erika Perez, senior manager di Robert Half, società di recruitment specializzato – ma a fare la differenza sono le caratteristiche e le potenzialità di ogni singolo individuo». Corinna De Cesare