Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  dicembre 05 Sabato calendario

GSTAAD

(Svizzera) – Gli oc­chi blu di Emmanuelle Seigner appaiono per un attimo. Dietro il vetro di una finestra, al secon­do piano, l’attrice sposta la ten­da e guarda fuori. Aspetta, in­dossa un golf grigio, parla al te­lefono. Anche il volto di Ro­man Polanski si intravede sol­tanto, pochi minuti dopo, oltre il parabrezza di un’Audi nera. Maglietta e giacca blu, il volto sembra smagrito. Il regista che per quarant’anni ha offerto la sua faccia al cinema e al pubbli­co oggi distoglie gli occhi dai fotografi che lo inseguono. Do­po oltre due mesi di carcere en­tra rapido nel suo chalet di Gstaad, il villaggio più esclusi­vo delle Alpi svizzere. Gli arre­sti domiciliari iniziano pochi minuti prima delle 13, intorno ci sono trenta centimetri di ne­ve.

La balorda notte hollywoo­diana in cui violentò una ragaz­zina di 13 anni chiede il conto a Polanski 32 anni dopo. Quel­la sera, nella villa di Jack Ni­cholson, offrì a Samantha Gai­ley champagne e Quaalude, un barbiturico che si usava per sballare. Venne accusato di sei reati, si dichiarò colpevole di uno, «rapporti illegali con una minorenne», scappò dagli Stati Uniti prima della sentenza. Ave­va 44 anni e oggi, a 76 compiu­ti, si ritrova con un braccialetto elettronico allacciato intorno al­la caviglia. Due volte, in attesa della decisione sull’estradizio­ne negli Usa, le autorità elveti­che gli hanno negato i domici­liari. «Pericolo di fuga». Uscito infine dal carcere, da ieri la sua «catena» è un versamento su un conto dello Stato: quattro milioni e mezzo di franchi (po­co meno di 3 milioni di euro). Se Polanski si azzardasse a vio­lare le regole, la cauzione gli verrebbe confiscata.

Gstaad è alla confluenza di cinque valli dietro il Monte Bianco. Un villaggio di 2.500 abitanti che ha ospitato Liz Taylor, Roger Moore, Ursula Andress, John Travolta. «Per noi la discrezione è fondamen­tale », dicono all’ufficio del turi­smo. Polanski di solito passa qui il Natale con la famiglia e gli amici. Lo farà anche que­st’anno, perché la sentenza sul­l’estradizione non arriverà pri­ma di qualche settimana. Lo spazio vitale del regista è limi­tato da un campo elettronico che registra gli impulsi del braccialetto alla caviglia. Se si allontana, scatta un allarme. Po­lanski però può ricevere amici, uscire in giardino, lavorare ai suoi progetti; nessun limite per la connessione Internet; te­lefonate ed email senza control­li.

Due piani rivestiti in legno con cornicioni intarsiati, lo cha­let è all’ingresso di Gstaad, su una collina. Si chiama «Milky way», una piccola scritta rossa e verde su un angolo. Si raccon­ta che appena entrato, ieri, Po­lanski si sia commosso dicen­do «finalmente, è una liberazio­ne ». Dal 26 settembre era reclu­so in una cella del carcere di Winterthur, vicino Zurigo. Se dovesse arrivare davanti a un giudice, a Los Angeles, rischia una pena massima di due anni. L’amico regista Janusz Morgen­stern ha detto: «Ci ha convissu­to così a lungo, che alla fine la paura di quel processo negli Usa è diventata un’ossessione latente». L’incubo di Polanski, che inizia in una villa extralus­so della California e finisce in questo esclusivo resort in Sviz­zera, somiglia sempre più a un soggetto per un film di David Lynch. Ieri il regista di «China­town » e «Rosemary’s baby» non si è neppure affacciato alla finestra. rimasto con la mo­glie e i due figli, Morgane e El­vis. Il ragazzino è stato l’unico ad uscire di casa, per una breve corsa nella neve. Ha 12 anni.

Gianni Santucci