Angelo Mincuzzi, Il Sole-24 Ore 4/12/2009;, 4 dicembre 2009
AJMAN, LA DUBAI LOW COST (CON TRUFFA) - I
cammelli. Eccola, la fregatura. Dovrebbero esserci famigliole felici che passeggiano nel verde, bambini che giocano, palazzi di lusso e giardini, fontane, centri commerciali, ragazzi che schiamazzano in piscina, turisti che si trastullano con la pancia sotto il sole. E invece ci sono solo i cammelli. Cammelli che avanzanosulle dune del deserto butterate da ciuffi d’erba mentre il vento fa volare la sabbia e te la infila negli occhi.Ma dov’è Marmooka City? E dove sono finite Ajman Eye e Awali City? E Aqua City, Ajman Emirate City e Ajman Up Town? «Sparite», sospira Marco Moscardi, «volatilizzate coni miei 25mila euro di acconto. E con i soldi di un mio amico siciliano, e con quelli di tanti altri italiani, inglesi, australiani, americani che hanno investito qui i loro risparmi con la speranza di una casa. Una grande fregatura».
La chiamano proprio così, gli italiani di Dubai: «La fregatura di Ajman». I cartelli lungo la strada proiettano un sogno da favola ma la realtà che restituiscono è solo questa immensa landa deso-lata sotto il sole. Chilometri e chilometri di nulla: sabbia, cammelli e copertoni abbandonati. Dietro il sogno non c’è niente. Non lo avrebbe mai immaginato di caderci anche lui, questo giovane italiano arrivato dieci anni fa a Dubai. «E dire- racconta Moscardi - che mi ci sono buttato anch’io nel real estate. Ho cavalcato l’ultima onda. Il primo anno è andato bene, il secondo è stato un disastro. La crisi. Ma è ad Ajman che sono cominciate le disavventure ». Qui sulla Emirates Road, di fronte al cartello di Marmooka City, la città che non esiste, del suo appartamento non c’è neppure un mattone. Ajman è il più piccolo tra gli stati degli Emirati Arabi: 250 chilometri quadrati sul Golfo Persico, 350mila abitanti, in gran parte coltivatori di datteri e pescatori. Un puntino sulla mappa ma a soli trenta minuti da Dubai, senza il suo fascino rutilante ma più genuino e, soprattutto, più economico. Qualche anno fa l’emiro di Ajman ha deciso che voleva anche lui la sua fetta di ricchezza ed ecco anche qui i faraonici sogni di sviluppo immobiliare. Miliardi di dollari in costruzioni. Ciò che resta lo si vede oggi: il 90% dei progetti è stato cancellato. «E il costruttore che ha i miei soldi è scappato con la cassa. La sua impresa aveva un buco di 400 milioni di dollari», chiosa Moscardi.
Lorenz Ziller, altoatesino con una società di brokeraggio e di investimenti immobiliari a Dubai, è altrettanto categorico: «Ho pagato col sangue anche io. Ad Ajman ho comprato un palazzo intero, ma il costruttore non era registrato nell’elenco dell’emirato, non aveva neppure pagato le rate per il terreno ed è scappato anche lui. All’estero». Quanti Ziller e Moscardi vivono a Dubai? E quanti in Italia? Nessuno lo sa, perché non esistono registri che raccontino questa contabilità. Alla Corte di giustizia di Dubai pendono undici casi di corruzione, con 34 manager a giudizio, quasi tutti di società immobiliari, accusati di aver distratto somme per 950 milioni di dollari. Ma i casi sono molti di più. Per ogni cliente truffato che si rivolge alla Corte ce ne sono cento che non lo fanno. E il perché lo racconta Moscardi: «Se voglio fare causa al costruttore che è scappato con i miei soldi, devo anticipare seimila euro alla Corte per le spese legali. Gli avvocati vanno pagati in anticipo e chiedono dal 10 al 15% del valore della causa. Solo per ricorrere in giudizio dovrei sborsare quasi 10mila euro, senza nessuna garanzia di avere indietro i miei 25mila. E a Dubai è lo stesso».
Già, succede anche questo nella Disneyland degli emirati. Ci si ritrova sul lastrico in men che non si dica. I blog e i forum animati dagli stranieri che vivono a Dubai diffondono nella rete come un tam tam le loro esperienze. Sembra di rivivere le immagini in bianco e nero di Totò e della fontana di Trevi. Nella loro drammaticità alcuni episodi hanno un che di esilarante. Come quello degli inglesi che assaporavano già i loro appartamenti in tre torri sulla Marina di Dubai. Hanno acquistato tre buchi nel terreno, ma tre anni dopo quei buchi sono ancora lì e dei grattacieli non c’è neanche l’ombra.
Giulia Ward, pistoiese di 28 anni, racconta cos’era Dubai quando cinque anni fa è arrivata qui: «C’erano costruttori che vendevano tutto sulla carta, ricevevano le autorizzazioni del governo e poi chiudevano la società sparendo con i soldi. Le fregature erano dietro l’angolo e molti italiani ci sono caduti ». Erano i tempi dei voli charter dall’Italia zeppi di investitori alla ricerca dell’occasione della vita.E di affari, inutile nasconderlo, se ne facevano. Tanti. «Un appartamento di superlusso di 100 metri quadrati si comprava per 60- 120mila euro a seconda della zona. Dopo sei mesi si rivendeva al doppio. Al terzo passaggio quei 100 metri valevano come un appartamento di 300 », ricorda Giulia Ward.
Centinaia di migliaia di transazioni tutte sulla carta, perché a passare di mano non erano case in cemento e mattoni, ma progetti. Speranze. I costruttori vendevano i disegni e con quei soldi acquistavano altri terreni. Disegnavano nuovi progetti e ricavavano altri soldi che utilizzavano per acquistare altri terreni, e così via all’infinito, in un’ingordigia pantagruelica. Ma ci si è messa la crisi a spezzare l’incanto.I prezzi sono precipitati, gli acquirenti non hanno pagato, ed è cominciata la catena dei default. Le autorità di Dubai sono corse ai ripari imponendo ai costruttori di iscriversi in un registro. Di dimostrare il possesso dei terreni e la loro solidità finanziara. E poi di costruire il 20% dell’edificio prima di poter vendere. E di depositare i proventi in un conto vincolato.
Il giro di vite ha funzionato a Dubai. E i costruttori già impelagati nel miracoloso schema Ponzi del real estate, a corto di liquidità e senza più la possibilità di far girare la giostra delle vendite su carta, si son chiesti: che fare? Ma certo, tutti ad Ajman, dove il mercato era ancora un Far West. così che è iniziata la "grande fregatura". «Ora – interviene Ziller – l’80%del mio tempo lo passo a risolvere i problemi dei miei clienti. La soluzione ce l’ho:uno swap. Chiedo di cedermi il credito su Ajman e offro in cambio un appartamento della stessa metratura, a un costo leggermente superiore. Ma a Dubai».
E così, davanti a queste macchine che sfrecciano veloci per la Emirates Road senza nemmeno più credere ai cartelli ammiccanti di Marmooka e di Awali City, ora restano soltanto i cammelli. I cammelli e mucchi di copertoni che arrostiscono al sole.