Paola Bottelli, Il Sole-24 Ore 4/12/2009;, 4 dicembre 2009
LE LICENZE? LE LASCIO AGLI ALTRI
«Non vendo l’azienda: la mia è una family company e finora ho avuto la grande fortuna di non avere bisogno di cedere ai tanti corteggiatori che hanno bussato alla mia porta. Debiti non ne ho, ed è la mia salvezza: mia sorella Evangelina è proprio bravissima nella gestione».
Manolo Blahnik, classe 1942, nato alle Canarie da madre spagnola e padre ceco, è a Vigevano. Non è affatto una stranezza: il designer di scarpe («innanzitutto comode e poi sexy, mai alla moda ») più amato dalle quattro protagoniste di Sex and the City, Carrie in testa, fa produrre da oltre trent’anni le sue scarpegioiello in uno dei distretti più importanti d’Italia, presso i calzaturifici Caimar e Re Marcello.
Lui fa la spola da Londra o dai numerosi viaggi di lavoro, insieme con la nipote Caterina, trentenne laureata in architettura, suo braccio destro e clone dell’attrice Anna Hathaway («Chi è? Quella del Diavolo veste Prada?
Non la conosco», dice il designer). Bella e decisa a non far trapelare neppure una cifra sul business che, secondo fonti industriali locali, non si discosta molto da 60 milioni di euro all’anno (in pratica, 300mila paia che escono dalle fabbriche a un prezzo medio di 200 euro, più che raddoppiato a livello retail).
Completo doppiopetto grigio, papillon viola con pois lilla, scarpe da toreador in camoscio grigio e fiocco in gros-grain, capelli bianchi tirati indietro e occhiali cerchiati di tartaruga, Blahnik – insignito dal sindaco Ambrogio Cotta Ramusino della "scarpetta d’oro" – inaugura il nuovo Museo internazionale della calzatura Pietro Bertolini nelle sale del Castello Sforzesco. Dove, nelle vetrinette, sono esposti gli stivali cuissard bianco ghiaccio di Paco Rabanne anni 70 e le babbucce consunte in lino avorio con nastro in canneté di Papa Giovanni XXIII, i mocassini misura 59 del re del basket Shaquille O’Neal e le scarpine da bebé di Umberto di Savoia datate 1905. Oltre, ovviamente, alle creazioni del festeggiato e di tanti altri brand.
Signor Blahnik, è un momento di crisi nel mondo del lusso e tante aziende, anche celebri, sono in difficoltà...
Noi non pensiamo in continuazione ai soldi. La gente pensa che io sia ricchissimo, ma non è vero: sono un designer che fa scarpe e con questo lavoro ricchissimi non si diventa. Certo, se facessi un po’ di licenze il discorso cambierebbe.
Quante offerte ha ricevuto?
Tantissime, ma ho sempre risposto grazie, non mi interessa. Anche ora, al mio rientro a Milano, incontrerò una persona importante che vuole che firmi scarpe a buon mercato: sa, quelle che fanno fare soldi a palate.
una catena del fast fashion?
Mah, non me lo ricordo. Ma la trovo una cosa così cheap.
La fanno tanti nella moda, però...
Se lo farò vorrà dire che sono disperato. Non voglio lavorare con un altro che mi impone la zip sullo stivale in un certo punto. Sono individualista.
Preoccupato per la crisi di Dubai?
Ero lì due settimane fa: ho due negozi. Sì, mi fa paura quando penso alle persone che a Vigevano lavorano per me. Qui ci sono dei modellisti unici al mondo, con i quali parlo e parlo, perché ovviamente non lavoro con il computer tranne che per i tacchi: loro interpretano i miei desideri. Qui c’è una qualità artigianale d’eccellenza che non è sufficientemente valorizzata dall’Italia. I cinesi mica ce l’hanno... La qualità si era abbassata un po’ dappertutto, ma il suo ritorno è la miglior ricetta anti-crisi.
I suoi competitor investono milioni di euro all’anno in pubblicità e lei no, ma li batte in notorietà.
Perché?
Mi sono sempre chiesto come mai sono il marchio di scarpe più famoso al mondo: forse è il passaparola.
Crede negli sviluppi delle vendite online di lusso?
No, sono così noiose: vanno bene per comprare le caramelle Rossella all’anice, ne ho appena ordinati 6 chili. Ma, secondo me, non può funzionare per acquistare vestiti.
I successi di Sex and the City
hanno aumentato le vendite?
Sex and the City? Non l’ho mai guardato, neppure in Dvd.