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 2009  dicembre 05 Sabato calendario

UN ACCORDO CI FU

Nessuno può dire se Marcello Dell’Utri, creatore e ideatore di Forza Italia, sarà condannato al termine del suo processo d’appello. Tutti però già oggi dovrebbero poter dire, con una ragionevole presunzione di certezza, che un accordo tra lui e Cosa Nostra vi è stato. E non perché lo ha raccontato ieri in aula il braccio destro dei fratelli Graviano, Gaspare Spatuzza. O perché l’accordo è stato dato per sicuro dalla sentenza di primo grado contro il senatore azzurro. Il punto è un alt ro . Le tracce evidenti di quel patto scellerato esistono da molto prima che Spatuzza decidesse di pentirsi. Le poche migliaia di persone che in questo paese conoscono – a causa delle colpevoli e non casuali negligenze dei media – gli esatti contorni delle inchieste siciliane sui rapporti tra mafia e politica, sanno bene come delle promesse di Dell’Utri abbiano spesso parlato boss di prima grandezza in colloqui captati dalle microspie. Da quelle ”cimici” che oggi in tanti (troppi) vorrebbero di fatto eliminare. Lo ha fatto, per esempio, proprio l’uomo che in anni recenti si è ritrovato a sostituire i Graviano alla testa del mandamento mafioso di Brancaccio. Cioè Giuseppe Guttadauro, un ex viceprimario dell’ospedale Civico di Palermo, che nel 2001 spiega con disappunto a un altro membro di Cosa Nostra il motivo per cui il parlamentare azzurro non si era più fatto vivo con la mafia dopo le elezioni europee del 1999. Dice Guttadauro: ”Dell’Utri non è più venuto a Palermo perché l’unica persona con cui parlava lo hanno arrestato. Quello con cui Dell’Utr i ha preso l’impegno, ca fù ddu cristiano, chistu Iachinu Capizzi (il boss della Guadagna, ndr)”. La frase chiarisce bene perché oggi Dell’Utri sostenga (forse non a torto) che Spatuzza non è un pentito di mafia, ”ma un pentito che lavora per la mafia”. In carcere ci sono frotte di mafiosi che si sentono presi in giro. Killer che, a partire dai Graviano, credevano davvero che un giorno sarebbero potuti tornare se non liberi, almeno in un regime di detenzione ordinaria. Ma lo Stato e, bisogna riconoscerlo, anche un pezzo importante del centrodestra, ha detto no. Perché, per la maggioranza di questo paese, gli eroi sono ancora Falcone e Borsellino e non Vittorio Mangano.