Sara Menafra, il Manifesto 4/12/2009, 4 dicembre 2009
COSE NOSTRE. INDAGINI SENZA SEGRETI
Un sistema informatico unico e centralizzato. Che metta in «rete» il bene più prezioso e segreto delle procure della repubblica. Il registro degli indagati. E che sarà gestito centralmente dagli operatori del ministero della giustizia e da Telecom, che ha ottenuto l’appalto per l’assistenza da remoto di tutti gli uffici giudiziari d’Italia nonostante la fama che si porta dietro in fatto di fughe di notizie e archivi «paralleli».
Mentre il parlamento discute di differenti leggi e leggine, che tengano al riparo il capo del governo dalle inchieste passate e future, il ministero della giustizia ha dato una nuova spinta ad un sistema informatico, il Sicp, che se messo in funzione di fatto consentirà ai tecnici di via Arenula di accedere senza lasciare traccia al registro degli indagati di tutte le procure d’Italia. Con una sperimentazione che in questi giorni sta coinvolgendo le due procure più «bollenti» del momento. Firenze e Palermo. Cioè proprio quelle a proposito delle quali, in questi giorni, si è parlato di una nuova iscrizione al registro degli indagati per Silvio Berlusconi.
Il registro o «Re.ge.» è il cuore più delicato delle inchieste giudiziarie. E il più difficile da violare. Perché ancora oggi, per sapere quali sono i nuovi indagati, il guardasigilli, come qualunque cittadino, avrebbe bisogno di un funzionario «infedele» che acceda alla rete informatica interna del singolo ufficio giudiziario. Lasciando inevitabilmente una traccia, nel vecchissimo sistema informatico che ancora usano tutti gli uffici e che «gira» sulle schermate nere e verdi di «Clipper». Un residuato storico, di fatto inattaccabile dall’esterno.
Modificare la situazione non è facile. Soprattutto perché il Codice di procedura penale prescrive che il «Registro generale» sia conservato nell’ufficio della procura ed in nessun altro posto (art. 335 cpp) e non prevede deroghe.
Sicp o Sistema informatico di cognizione penale è un progetto partito già più volte e sempre naufragato. Prevede tre passaggi fondamentali. Al posto dei computer distinti ufficio per ufficio, bisogna creare un unico ufficio informatico centralizzato per distretto di corte di appello, praticamente uno per regione. Spostare questi computeroni all’esterno degli uffici giudiziari e farne gestire la sicurezza da tecnici del ministero o da società appaltanti come Telecom, che ha già vinto l’intero controllo dell’assistenza da remoto. E infine metterli in rete tra loro, per rendere la rete più gestibile. Ma di fatto esponendoli al rischio che sia possibile passare da un distretto all’altro senza lasciare impronte.
In teoria, il progetto serve a modernizzare un sistema informatico vecchio e superato. Di fatto però, il piano previsto da Sicp è rischioso. E viola il Codice di procedura penale.
Un anno fa, la remotizzazione era stata avviata nelle città pilota e il ministero stava lavorando per fare lo stesso anche a Roma. Ma in pochi mesi, accaddero tre incidenti che convinsero il ministero a bloccare il progetto e l’allora dirigente dei sistemi informatici di via Arenula ad accettare un altro incarico.
Il primo incidente a Firenze, quando sperimentando Sicp la procura fiorentina e quella di Lucca si accorsero che l’una leggeva i fascicoli dell’altra senza filtri. Fu il primo stop, seguito qualche mese dopo da un nuovo incidente. Il ministero ferma i motori quando si accorge che comprando un software reperibile in commercio gli utenti autorizzati possono accedere al sistema da qualunque computer collegato a internet.
Chiusa anche questa falla, arriva il terzo e ultimo stop. Dalla procura di Roma. Il procuratore Giovanni Ferrara scopre che durante l’estate il ministero ha ordinato ai gestori dei computer di piazzale Clodio di abbassare i firewall della direzione distrettuale antimafia, cioè le protezioni digitali che isolano i loro computer dall’esterno, perché via Arenula possa accedere al Registro degli indagati. L’ordine è stato inviato ai soli tecnici della procura, senza passare per l’ufficio giudiziario e salta fuori solo perché un tecnico capitolino si fa prendere dall’ultimo scrupolo e chiede l’autorizzazione del responsabile della dda, Giancarlo Capaldo. Una lettera di fuoco di Ferrara e Capaldo segna l’ultima frenata
Alcuni mesi fa, invece il ministero della giustizia ha riavviato il progetto. Ordinando a Firenze, Genova, Palermo e Napoli di riprendere Sicp là dove l’avevano abbandonato. Firenze e Palermo sono già avanti. Il capoluogo fiorentino ha spostato il computer su cui gira il registro in un’altra sede. Palermo ha tutto in tribunale, ma anche là è attivato Sicp. Il prossimo passo, a inizio 2010, sarà la distrettualizzazione dei sistemi. E infine il collegamento dei computer tra di loro.
Il progetto ha messo in allarme la Cgil funzione pubblica, che per giudica il nuovo sistema «poco sicuro» e non si fida dell’esternalizzazione dell’assistenza: «Vogliono far gestire il nuovo sistema ai funzionari delle procure senza riqualificarli e senza attivare il sistema di formazione a cascata che serviva a promuoverne la professionalità - dice Nicoletta Grieco, responsabile della Cgil Fp giustizia - contemporaneamente l’appalto all’esterno rischia di portare informazioni molto delicate in mano a impiegati magari precari e che non hanno il vincolo di discrezione che ha, invece, il personale interno».
Il direttore generale dei sistemi informatici di via Arenula Stefano Aprile, invece, prova a frenare la polemica: «Il sistema Sicp è sicuro, non c’è alcun rischio di fughe di notizie non controllate. Stiamo affrontando i problemi in corso d’opera, alla fine funzionerà senza incidenti».