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 2009  dicembre 05 Sabato calendario

BONUS IN AZIONI INVECE DI CONTANTI. LA PICCOLA RIFORMA DI GOLDMAN


Goldman Sachs ha un proble­ma: come giustificare gli enor­mi compensi che si prepara a pagare ai suoi 31 mila 700 dipendenti, mentre l’America e il mondo languono sotto il peso di una recessione di cui proprio la Goldman Sachs e le sue consorelle porta­no la più pesante responsabilità per aver inventato quell’economia del debito che ha fatto fallimento. Nei primi 9 mesi di quest’anno, la banca d’investimento più grande e potente ha messo da parte per i colletti bianchi 16,7 miliardi di dollari; a fine anno supererà i 22 miliardi. Facen­do la media del pollo, parliamo di 700 mila dollari a testa.
Per Llyod Blankfein non esiste crisi. Ha già restituito al governo gli aiuti diret­ti per 10 miliardi di dollari e così pensa di aver chiuso i conti. Gli resta solo da tenere a bada l’opinione pubblica per evi­tare che il Congresso approvi misure dra­stiche sulle retribuzioni. Come? Rifor­mandole. L’idea, secondo il Financial Ti­mes , è quella di aumentare la quota del salario pagata in azioni, mentre in prece­denza si preferiva il contante. Natural­mente, bisognerà vedere i dettagli, a co­minciare da quelli fiscali. Ma fin d’ora si può dire che trattasi di riformetta: il pun­to non è la modalità del pagamento, ma la sua entità e quella dei profitti che, se­condo tutti i Blankfein del mondo, la giu­stificherebbero. Sono questi profitti il primo scandalo. Le banche d’investimen­to sopravvissute al crac si sono giovate non tanto degli aiuti in conto capitale quanto dell’intervento degli Stati a soste­gno dell’intero sistema bancario. Quan­do le banche centrali tuttora scontano le peggiori obbligazioni e danno denaro buono a prezzi stracciati, offrono la base per una facile speculazione: ci si indebi­ta allo 0,5% a breve e si comprano titoli a medio e lungo termine al 3-5%.
Se domani la scommessa andasse ma­le, c’è sempre lo Stato a soccorrere. For­se banche centrali e governi non hanno alternativa. Ma allora, quando si lavora con i soldi degli altri, il problema non è rimodulare i bonus, ma abolirli. Lo ha scritto Henry Mintzberg, della McGill University di Montreal sul Wall Street Journal . E ha scritto bene.