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 2009  dicembre 04 Venerdì calendario

MILANO, SUL WEB TORNANO I CARTELLI "NON SI AFFITTA A STRANIERI"


Affittasi appartamento, «no animali, no stranieri». Bar in centro cerca cameriere, «astenersi extracomunitari». Affitto bilocale in zona Sarpi, «solo italiani, no cinesi». Gli annunci come questi, relativi all´area milanese, su Internet sono centinaia. A pubblicarli sono i maggiori portali di compravendita immobiliare e di offerte di lavoro, da Subito.it a Secondamano. Inserzioni fatte da aziende, proprietari di casa e agenzie. «Simili inserzioni, fino a qualche mese fa, non esistevano quasi - dice Maurizio Crippa, responsabile dell´orientamento al lavoro della Cgil milanese - ora ne compaiono a decine ogni giorno». Crippa, che costantemente scandaglia la rete in cerca di annunci, fornisce una spiegazione del fenomeno, semplice quanto brutale: «Nel montante clima di odio per gli stranieri, il razzismo sembra non avere più bisogno di nascondersi». Per quanto riguarda le offerte di lavoro, c´è poi l´influenza della crisi, «che spinge molti a privilegiare gli italiani nelle sempre più rare assunzioni». E così tornano sul web, questa volta contro gli immigrati, quei cartelli che nella Milano anni Sessanta avvisavano che «non si affitta ai meridionali».
O che in periodi più tristi della Storia vietavano l´ingresso nei negozi «ai cani e agli ebrei».
La febbre dell´esclusione dello straniero a Milano è un contagio trasversale. C´è il centralissimo caffè a due passi dal Policlinico, che sul portale Kijiji cerca «barista di bella presenza, max 22 anni, no straniero» e l´agenzia immobiliare di Trezzano sul Naviglio che negli annunci di affitto alterna le formule «no animali, no stranieri» e «no animali, solo italiani». La casa editrice pronta ad assumere magazzinieri «solo italiani» e il proprietario di una mansarda vicino al Politecnico che non vuole inquilini «extracomunitari». Per la segnalazione di simili casi di discriminazione, in città è attivo uno sportello delle Acli convenzionato con l´Unar, l´ufficio nazionale anti discriminazioni razziali (Unar) della presidenza del consiglio dei ministri. L´avvocato Fiorella Landro, responsabile del servizio legale, spiega: «Nonostante il proliferare di questi annunci, le denunce sono poche, segno che gli stranieri hanno paura a esporsi. Dovrebbero essere gli italiani a chiamare». Al numero verde nazionale dell´Unar, nell´ultimo anno le presunte discriminazioni «su base razziale» segnalate sono 800, in 320 casi sfociate in procedimenti legali. «Nel 24 per cento dei casi si tratta di discriminazioni nell´accesso al lavoro - dice Pietro Vulpiani, antropologo e tecnico dell´Unar - nel 16%, il problema per lo straniero è proprio trovare casa».
Per Dario Guazzoni, presidente dell´associazione milanese degli amministratori di condominio Anaci, «l´ostilità nei confronti degli stranieri è irrazionale, visto che la conflittualità fra condòmini non aumenta con la presenza degli extracomunitari. E anche nella puntualità sui pagamenti dell´affitto, gli stranieri sono mediamente più ligi degli italiani. Il problema è culturale». Per quanto riguarda invece l´esplicita esclusione degli stranieri negli annunci di lavoro, il razzismo spesso nasconde un calcolo economico. Per Crippa, «scrivendo "solo italiani", il datore lancia un messaggio allo straniero: per avere il posto, devi accettare di essere pagato meno». I casi raccolti da Cgil sono da incubo: lavapiatti cinesi full-time a 500 euro al mese, camerieri nordafricani a 600 euro, commesse moldave che in negozi di abbigliamento guadagnano 750 euro anziché i 1.000 previsti. «Nel caso delle moldave - dice Crippa - l´annuncio era chiaro: non volevano stranieri. Quindi, facendole lavorare, l´azienda ha fatto loro un favore».
A vietare gli annunci discriminatori è il decreto legislativo 215 del 2003, che introduce «la parità di trattamento, indipendentemente dalla razza e dall´origine etnica». Se il cittadino che fa l´annuncio non rischia nulla dal punto di vista legale, la norma obbliga invece chi pubblica le inserzioni a pagare risarcimenti. Il primo processo è in corso a Roma: su segnalazione dell´Unar, l´unione forense per la tutela dei diritti dell´uomo ha avviato una causa civile nei confronti del giornale di annunci Portaportese, che aveva pubblicato segnalazioni come «non si affitta a persone di colore» e «solo studentesse italiane». La sentenza, attesa entro un anno, è destinata a fare scuola. «Abbiamo chiesto di condannare il direttore del giornale a un risarcimento, e i soldi saranno poi spesi in campagne contro la discriminazione - dice l´avvocato Antongiulio Lana, che segue la pratica - ma l´importante è che la sentenza metta un freno a una pratica discriminatoria che è sempre più evidente».