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 2009  dicembre 04 Venerdì calendario

SE GOMORRA INGRASSA MODENA


In una città dove il problema più pressante sembra quello di trovare i tortellini migliori per Natale, dev’essere stato un bello choc. Ieri «La Gazzetta di Modena» ha aperto con le dichiarazioni piuttosto decise del procuratore della Repubblica, Vito Zincani. Ha colpito non il titolo: «Soldi sporchi a Modena», e vabbé, tutto il mondo è paese, ma l’occhiello: «Se per magia eliminassi il crimine, i modenesi mi caccerebbero per il disastro finanziario».
Ma come? La città è ricca e grassa, tollerante e civile e ha la più impressionante stabilità politica del mondo occidentale: dal ”46, comanda sempre lo stesso partito e infatti lo chiamano tutti così, «il partito», anche se per i vecchi, in piazza, è ancora il Piccì. E questa città è nelle mani della camorra? Via, procuratore, esageruma nen, come si dice più in alto a sinistra... «Sono stupito del suo stupore. Queste cose le dico da quando sono arrivato a Modena, più di un anno fa. E le dico perché, visto che il paziente è ancora fondamentalmente sano, dobbiamo bloccare il cancro prima che produca le metastasi. Se no succede come a Duisburg, quando i tedeschi hanno scoperto di colpo che la mafia in Germania c’era, eccome».

Del resto Zincani, che è anche docente di Crimonologia, non solo dice quello che pensa ma pensa anche quello che dice: «Guardate che la criminalità organizzata si adatta alla società. Non è che ti accorgi che la mafia c’è perché di colpo vedi gente con la coppola, la lupara e un marcato accento siculo. A Modena sono state scoperte più presenze camorriste, a Reggio più della ”ndrangheta, a Bologna dei corleonesi. Una spartizione? Forse. Il problema di tutte le analisi è che le facciamo su quello che abbiamo scoperto, non su quello che dobbiamo ancora scoprire. Ma siamo ancora in tempo a bloccarli: e il mio dovere non è solo quello di reprimere, ma anche di prevenire. Oltretutto, la crisi è pericolosa: la criminalità ha i soldi che mancano a quasi tutti».
In effetti, che qualcosa non quadri nei cantieri sub e sub-appaltati o se un bar prende misteriosamente fuoco è impressione comune. Massimo Mezzetti, consigliere regionale della Sd, che dal ”96 grida al lupo camorrista, non ha sospetti ma certezze. Almeno da quando gli è arrivata una busta con due proiettili calibro 38 e il seguente messaggio: «Chi si fa i beeep! suoi campa cent’anni»: «Legga Narcomafie: il pentito Domenico Bidognetti, detto ”o bruttaccione, ha detto che i Casalesi sono sbarcati in Emilia dalla metà degli Anni Novanta. Ma la politica ha dormito. Ricordo quando venne a Modena Ottaviano Del Turco, allora presidente dell’Antimafia, per dire che qui la criminalità organizzata non c’era».
Avete dormito? «Non direi - ribatte il sindaco, Giorgio Pighi, avvocato penalista, molto simpatico, molto emiliano, molto sibilante nelle esse, ovviamente Pd -. E’ da un po’ che ci sono episodi strani, perfino un regolamento di conti a Castelfranco, sa, qui non siamo abituati. Partecipiamo all’Osservatorio sugli appalti privati e in quelli pubblici abbiamo eliminato il massimo ribasso appunto per evitare infiltrazioni. Però ci sono presenze, non radicamento: lo dice anche il Comitato per l’Ordine pubblico. Ma il procuratore fa bene a tenere alta l’attenzione».
«Ma certo che hanno dormito», tuona da Roma Isabella Bertolini, deputata Pdl e tosto capo del centrodestra locale, minoritario dai tempi di Noè: «Per anni hanno fatto finta che la criminalità non esistesse, perché non si doveva toccare il mito dell’Emilia come isola felice e paradiso terrestre. Forse il procuratore esagera, ma credo che le mafie siano molto più infiltrate di quel che si pensa».
Fin qui le istituzioni. L’economia che dice? Dice che il procuratore fa bene a lanciare l’allarme, però la realtà è un’altra. Pietro Ferrari, presidente degli industriali, la butta in statistica: «Esportiamo per 12 miliardi di euro. L’economia di Modena la fanno la meccanica, la ceramica e il tessile. E qui la camorra non c’è. Nei subappalti dell’edilizia o nei baretti equivoci, magari sì. Ma, dal punto di vista economico, se chiudono loro qui non si ferma niente».
E avanti con le piccole e medie imprese. Dino Piacentini, presidente Confapi-Pmi: «Una provocazione salutare. Ma io conosco la mia gente: se per eliminare i mafiosi dovessero tagliarsi un dito, beh, il dito eccolo qui».
E forza con le banche. Ormai di quelle storiche a Modena ne è rimasta solo una, la Popolare dell’Emilia. Luigi Odorici, vicedirettore generale: «La vigilanza e la normativa antiriciclaggio sono nella linea del più rigoroso controllo. Ma il segnale non è da sottovalutare, se ne consideriamo la fonte».
Appunto. Domani, magari, oltre al tortellino ci sarà qualcos’altro su cui riflettere.