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 2009  dicembre 03 Giovedì calendario

Un passaporto digitale per 1,2 miliardi di indiani- Il progetto del più grande censimento della storia Grande Fratello o Gandhi informatico? Un uomo gira l’India per spiegare il suo so­gno: dare un numero a ogni abitante

Un passaporto digitale per 1,2 miliardi di indiani- Il progetto del più grande censimento della storia Grande Fratello o Gandhi informatico? Un uomo gira l’India per spiegare il suo so­gno: dare un numero a ogni abitante. Anziché dighe e canali, nel Subcontinen­te dove migliaia di contadini si suicidano perché non hanno acqua (solo il 40% della terra è irrigata), lui propone un numero di 16 cifre, per ciascuno diverso, che serva a identificare tutti davanti allo Stato che per ora «riconosce» meno del 10% dei suoi citta­dini. Un «codice» che riduca le frodi aiutan­do poveri e migranti a ottenere quel poco cui hanno diritto. «Senza un’identità preci­sa chi vive ai margini della società – va pre­dicando l’uomo dei numeri – è tagliato fuori in partenza. E sono milioni: si sposta­no in cerca di lavoro e non vengono riconosciuti, non hanno diritti perché non hanno identità». Un modo diverso di inter­pretare il «lei non sa chi so­no io». Sanspapiers nel Pae­se dove si è nati. In India non esiste un unico docu­mento personale. Ne esisto­no diversi, dalle tessere per il grano a quelle elettorali, ma nessuno universale. La gente spesso non ha certificati di residenza o di nascita. In questo caos anagrafico dotare tutti, nel giro di sei anni, di una cartà d’identità con numero personale e dati biometrici (im­pronte digitali) non è cosa da poco. Essen­do gli indiani oltre un miliardo e 200 milio­ni, Nandan Nilekani non lo nasconde: «Il da­tabase più grande del mondo contiene 120 milioni di persone, qui si tratta di mettere in piedi qualcosa dieci volte più vasto, qual­cosa di paragonabile a Google. Sarà diffici­le, ma l’India non sarà più la stessa». E’ un sogno costoso (da 2 a 30 miliardi di euro di fondi pubblici) che però dovrebbe far ri­sparmiare all’erario sprechi per 3 miliardi l’anno. E «dare i benefici del welfare a 100-200 milioni di persone che non li han­no mai avuti». L’uomo dei numeri sta formando un te­am internazionale, molti indiani della dia­spora tra cui professori del Mit di Boston, economisti, ingegneri. «Ma i problemi – ammette – sono più politici che tecnici». Anche se Nilekani è un personaggio leggen­dario (Thomas Friedman ha cominciato con lui il libro «Il mondo è piatto»), anche se dopo gli studi di ingegneria elettrica («al­lora non c’erano i computer») è diventato un genio del software (tra i fondatori di In­fosys, gigante dell’outsourcing, patrimonio personale 1,3 miliardi di dollari) o forse pro­prio per questo quando fa partire le presen­tazioni PowerPoint i suoi interlocutori lo ascoltano con un certo sospetto. Sono in massima parte amministratori, funzionari, tecnocrati locali: le migliaia di facce del Raji, la famelica e temuta Dea Burocrazia. «Convincere tutti è un bell’esercizio di evan­gelizzazione » racconta al Wall Street Jour­nal l’ex copresidente di Infosys, uno dei 100 uomini più influenti del pianeta secon­do Time . Il 54enne Nilekani, moglie cono­sciuta all’università di Bangalore e due figli che studiano in America alla Yale, a luglio ha lasciato il settore privato accogliendo l’appello del primo ministro Manmohan Singh. Adesso guida un ente statale (25 mi­lioni di dollari il budget 2009) con un grado che lo pone al livello dei ministri di gover­no. Il nome suona più birmano che india­no: Autorità per l’Identificazione Unica. Di­fensori dei diritti civili come l’avvocato Nan­dita Haskar sul Guardian hanno denuncia­to il progetto: «E’ uno strumento di repres­sione. Chi conosce i meccanismi di questo megasistema di sorveglianza?». Un codice a barre per ogni persona: l’uo­mo dei numeri ribatte che «l’obiettivo non è certo schedare un miliardo di individui. Sarà un database cui tutti gli uffici governa­tivi avranno accesso online. Ci saranno mec­canismi di controllo per proteggere l’identi­tà dei singoli». Concretamente, il numero a 16 cifre dovrebbe finire su una carta d’iden­tità con altri dati: nome, data di nascita, im­pronte, forse l’iride, certo non la religione o la casta. Il codice personale non sarà obbli­gatorio: anche se gli ideatori si augurano che una volta lanciato diventerà automati­co averlo. Le mille facce della Dea Burocrazia non devono essere tutte contente del piano «un numero per tutti». Anzi. E’ davanti all’India dei «senza-identità» che meglio fioriscono sopprusi, corruzione, frodi. D’altra parte un progetto di dimensioni «googoliane» da 30 miliardi non può che fare gola al business. La gestione del ciclopico database sarà affi­data a un provider privato, ammette Nileka­ni. Anche la sua società, Infosys, correrà per l’appalto. «Ma io mi chiamerò fuori da ogni possibile conflitto di interessi. Non ho accettato questo lavoro per guadagnarci». Il profeta del numero unico continua a «evangelizzare» l’immensa provincia india­na. Il progetto pilota del più grande censi­mento della storia dovrebbe partire l’estate prossima nello Stato di Bihar. Gli ammini­­stratori locali hanno chiesto che cominci durante le ricorrenze religiose, Chhath, il Festival dei Colori, Diwali, Eid, quando i mi­granti senza identità torneranno a casa.