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 2009  dicembre 03 Giovedì calendario

Dall’Italia 1000 rinforzi ”Ma deciderà il governo”- L’ambasciatore americano in Italia, David H

Dall’Italia 1000 rinforzi ”Ma deciderà il governo”- L’ambasciatore americano in Italia, David H. Thorne, resta ottimista. Le prime risposte di alcuni alleati e della Nato non sembrano soddisfare pienamente le richieste americane per un aumento delle truppe in Afghanistan, ma le diplomazie sono al lavoro e raggiungeranno l’obiettivo. «Sono convinto che ci sarà una buona risposta da parte degli alleati che finora hanno partecipato al nostro sforzo. Anche se in un primo momento le cifre sembrano - ripeto, sembrano - non essere quelle che ci attendiamo, io credo che alla fine gli obiettivi che ci siamo fissati saranno raggiunti». Che cosa vi aspettate dall’Italia? E’ vero che non vorreste che in cambio dell’impegno a Kabul venisse ridotta la presenza in Libano? «Il Segretario di Stato Clinton parlerà oggi con il ministro Frattini e il ministro La Russa con la Nato. Toccherà al governo italiano decidere quante truppe impiegare. A Roma si discute di circa 1000 soldati, ma alla fine la cifra sarà concordata nell’ambito dell’Alleanza atlantica. Anche sul Libano toccherà al governo italiano decidere in ambito Nato. L’Italia si è sempre dimostrata molto sensibile alle necessità delle missioni di peace keeping e continuerà a svolgere il suo ruolo coordinandolo con gli altri paesi». I rapporti tra Usa e Italia non sembrano più buoni come una volta. Si dice che gli Usa siano irritati per le battute di Berlusconi su Obama e per i suoi legami con Putin. «Bisogna fare chiarezza e non trattare queste vicende come se fossero un minestrone. Il rapporto tra Obama e Berlusconi è sempre stato ottimo. Il Presidente mi ha detto di considerare Berlusconi una persona interessante e alla Casa Bianca non si dà alcun peso alle battute sull’abbronzatura». E il legame con la Russia? E’ vero che non vi piace l’accordo per il gasdotto South Stream? «Berlusconi e Putin sono due leader che si conoscono da 15 anni. Uno va a trovarlo nella dacia, l’altro ricambia la visita in Sardegna. E’ del tutto normale che questa buona relazione personale continui. Sui gasdotti non vorrei essere frainteso, come è già avvenuto tempo fa. Ribadisco che in questo campo l’unica preoccupazione del governo americano è la dipendenza energetica dell’Europa, che non deve puntare solo su una fonte ma deve diversificarle». Che impressione le ha fatto la visita di Berlusconi a Lukashenko? «Non conosco bene le ragioni che hanno determinato la visita, ma sulla Bielorussia posso solo ribadire che gli Stati Uniti sono molto sensibili al rispetto dei diritti umani». La Casa Bianca ha chiesto alle imprese italiane di rallentare l’interscambio con l’Iran. Siete soddisfatti dei risultati ottenuti? «L’America è fortemente impegnata a impedire che l’Iran sviluppi il suo programma nucleare e ha chiesto di essere aiutata a raggiungere l’obiettivo. E’ evidente che ogni iniziativa che esuli da questo impegno non è ben vista. La posizione del Dipartimento di Stato è molto chiara ed è inutile soffermarsi su singoli casi. Quello che chiediamo ai nostri alleati è un fermo appoggio che non perda mai di vista il risultato che dobbiamo raggiungere». Tra i compiti che le sono stati affidati c’è anche quello di favorire l’interscambio economico tra Stati Uniti e Italia. Ma per quale ragione le imprese americane sono così restie a investire da noi? «Sono consapevole che non c’è una grande presenza di compagnie americane in Italia. Il mercato è globale e le imprese hanno ora maggiori possibilità di decidere qual è il luogo migliore nel quale investire i propri soldi. Ma questa scelta non viene fatta guardando l’elenco dei paesi e scegliendo il nome che piace di più: si va ad operare dove ci sono maggiori possibilità che il proprio investimento abbia un ritorno significativo. Resto tuttavia convinto che l’Italia abbia ancora ottime possibilità da sfruttare». Ambasciatore, torniamo all’Afghanistan. Obama nel suo discorso ha pronunciato per la prima volta la parola Vietnam, per assicurare che la storia non si ripeterà. Ma anche i sovietici furono costretti a ritirarsi dal paese. «Ho combattuto in Vietnam e quindi penso di avere titoli per fare un confronto fra le due situazioni. Allora non era chiaro per quale ragione combattevamo e non c’era nessun interesse nazionale in gioco. L’ambiente politico e militare nel quale si operava era molto diverso. Ora il nostro scopo e quello dei nostri alleati è chiaro a tutti: sconfiggere Al Qaeda e fare in modo che gli afghani assumano il controllo del loro paese. E la storia non si ripeterà anche perché, a differenza dei sovietici, noi non siamo in Afghanistan per costruire un impero». L’incremento di truppe deciso da Bush nel 2007 per l’Iraq ha migliorato la situazione in quel paese. Obama si è ispirato al suo predecessore? «E’ vero che l’aumento delle truppe ha reso l’Iraq più stabile, almeno nel breve periodo. Ma fare un paragone tra le due situazioni non è appropriato. L’Iraq è un paese molto diverso dall’Afghanistan per le caratteristiche geografiche e l’impiego di militari e le tattiche di combattimento che sono efficaci in una situazione possono non esserlo in un’altra. Obama si fida dei suoi generali e ha deciso di fare quello che chiedevano». In alcuni blog che commentavano ieri mattina la decisione di aumentare le truppe si percepiva un po’ di delusione: non abbiamo eletto Obama, scriveva qualcuno, per avere in cambio un Bush al terzo mandato. Come farà il presidente a convincere gli Americani? «Mandare truppe a combattere è sempre una decisione sofferta e difficile, in America come in Italia e in tutti gli altri paesi che concorrono alla forza di coalizione. E’ un problema che ha a che vedere con la leadership, con le decisioni anche difficili che un presidente deve prendere e con le responsabilità che deve assumersi. Obama continua ad essere molto popolare e la gente ha fiducia in lui. Ce la farà».