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 2009  dicembre 03 Giovedì calendario

PERCH ROMA VIETAVA I MATRIMONI TRA CUGINI


Anticipiamo un brano di Affari di famiglia. La parentela nella letteratura e nella cultura antica, il nuovo libro di , che esce in questi giorni (Il Mulino, pagg. 369, euro 28)
racconti sulle origini di Roma ci tramandano ben pochi casi di unioni con la cugina: soltanto tre, ma ciò che più conta è che si tratta ogni volta di unioni assolutamente sfortunate, paradigmi mitici che sarebbe certo mal augurante seguire. Il primo esempio è costituito dall´infelice matrimonio che Amata aveva progettato fra la propria figlia Lavinia e Turno, il figlio di sua sorella Venilia. In questo caso si tratta addirittura di un matrimonio direttamente contrario ai fati, perché la fanciulla è destinata a sposare Enea, lo «straniero» venuto da lontano: per permettere nientemeno che la fondazione di Roma.
Il secondo esempio è costituito invece dal matrimonio progettato fra uno dei Curiazi e sua «cugina» Orazia, figlia di una sorella di sua madre. Anche questa unione era però destinata a realizzarsi, e a concludersi tragicamente con la morte del fidanzato (sponsus) Curiazio nel duello con il cugino (e futuro cognato) Orazio: e con l´uccisione di Orazia per mano del suo stesso fratello. Il terzo esempio corrisponde infine a un matrimonio cui seguirono ogni sorta di omicidi e di nefandezze, quello tra i due fratelli Tarquini e le loro cugine, figlie del re Servio Tullio e della sorella della loro madre. Queste due unioni simultanee si presentarono subito male assortite, dato che il Tarquinio «buono» si era unito con la cugina Tullia «cattiva», mentre il Tarquinio «cattivo» (e futuro Tarquinio il Superbo) si era unito con la Tullia «buona». Come ben si sa l´omicidio provvide a riappaiare i partner, con l´uccisione di Tarquinio e della Tullia «buoni», seguita da quella del vecchio re Servio Tullio, il cui cadavere fu anzi oltraggiato dalla coppia assassina. Ebbe così inizio lo sciagurato regno di Tarquinio il Superbo assieme alla propria cugina/cognata/moglie: l´ultimo regno della storia di Roma.
L´esito disgraziato di questi tre mitici matrimoni fra cugini, progettati o realizzati, non sembra dunque lasciare molti dubbi, specie se proiettato sul divieto matrimoniale che abbiamo ricordato. Anche il racconto, in accordo con le prescrizioni consuetudinarie, sembra dire: a Roma non si sposa la cugina.
Questo forte divieto matrimoniale non mancava naturalmente di colpire i non romani. Plutarco dedicò due delle sue Questioni romane alla riluttanza che a Roma visibilmente si manifestava di fronte alla possibilità di sposare le consanguinee. Di tale interdizione egli forniva anzi spiegazioni di un certo interesse, oltre ad allegare una storiella che spiegava come e qualunque questo divieto fosse stato una volta infranto: e da quel momento in poi il costume fosse cambiato. In effetti, sembra certo che Plutarco avesse ragione, e che l´antica barriera esogamica si fosse progressivamente ridotta nello sviluppo storico della società romana: ma il «divieto della cugina» continuò sostanzialmente a serpeggiare a Roma, visto che almeno a partire dal IV secolo d.C. questo tipo di matrimonio appare nuovamente interdetto. E anzi, il cristianesimo trasformò tale divieto in una regola quasi tanto forte quanto l´incesto con la sorella. (...)
La Chiesa si preoccuperà di estendere sempre di più le proibizioni matrimoniali, il cui raggio d´azione raggiungerà un´ampiezza realmente vertiginosa: mentre il «matrimonio con la cugina» - vietato dalle leggi canoniche e mal visto dal costume - costituirà un punto dolente, ovvero una sorta di continua tentazione per la nostra cultura occidentale. Si potrebbe anzi affermare che, proprio nel «divieto della cugina», la nostra cultura troverà uno dei più espliciti punti di contrasto, ovvero di «differenza», rispetto alle pratiche matrimoniali in uso in culture diverse, in cui il matrimonio con la cugina è molto spesso non solo autorizzato ma addirittura prescritto.