Leonardo Maisano, Il Sole-24 Ore 3/12/2009;, 3 dicembre 2009
«IL FUTURO DI EMI RIPARTE DAI GORILLAZ»
Il futuro di Emi è sulle fragili spalle di Russel, Murdoc, 2D, Noodle, maschere piuttosto minacciose dei Gorillaz, band virtuale che nel marzo del 2010 lancerà una nuova release musicale. « un appuntamento molto importante perché ci consentirà di dimostrare come Emi si muove nel mondo digitale con prodotti innovativi e interattivi».
Elio Leoni-Sceti, romano, 43 anni, Ceo di Emi music, marcia verso il rilancio di un’etichetta storica senza troppo farsi distrarre dalle voci, inquietanti, sul futuro di un gruppo sul ciglio di un passaggio cruciale. Nei giorni scorsi Citigroup ha negato al fondo di private equity Terra Firma di Guy Hands una riduzione del debito di un miliardo di sterline pari al cash che lui si impegnavaa iniettare. Il no della banca alla ristrutturazione, almeno nei termini proposti da Hands, apre le porte a diversi scenari, come la teorica caduta di Emi nelle mani di Citigroup, banca che vanta un credito complessivo di 2,5 miliardi di sterline. Con quei soldi (più un altro paio di miliardi) Guy Hands riuscì a metà del 2007 ad acquisire il glorioso brand. stata una fra le più estreme operazioni, nel contesto globale del business musicale, di un fondo di private equity al picco del boom. Così estrema da aver fatto dire a mister Terra Firma che se fosse maturata due settimane più tardi non l’avrebbe mai fatta. Con un terzo di dipendenti in meno, tagliati nella prima fase della gestione di Hands, in un mondo che va al con-trario, afflitto com’è da una domanda crescente di musica e utili in calo, il lavoro dei Gorillaz, per restare alla metafora, è duro.
«Abbiamo chiuso il 2009- precisa Elio Leoni-Sceti- con un ebitda al 15% contro il 5 del 2008 e le passività del 2007. A gennaio renderemo noti i risultati del primo semestre del 2010, la traiettoria va verso il 20 per cento». Ogni domanda su Citi e Terra Firma è cordialmente girata alle parti in causa anche se il Ceo di Emi music ( il più piccolo cotè publishing nonè sotto di lui) ritiene «osservando le dinamiche» che ci sia «un negoziato in corso». Eppure dipenderà molto da lui se Emi saprà tornare ad essere business appetibile, nonostante il debito. «Se io, il mio team e la società saremo nelle condizioni di operare nella direzione strategica che ci siamo dati credo che in 12-24 mesi potremo essere ben posizionati». Per soddisfare tutti? Un cenno della testa dice di sì.
La direzione strategica significa consolidare il focus che Emi si è data diventando a tutti gli effetti impresa che punta al consumatore senza abbandonare i contenuti. «Per molti anni l’andamento nella nostra industria era lineare: dalla radio che trasmette il pezzo musicale, allo scaffale del negozio per l’acquisto del disco. Ora le fonti si sono moltiplicate, ma anche le esigenze dei clienti. Il quadro che si è creato, globalmente, è che nei valori il 75% dell’industria discografica è ancorata al prodotto fisico, al cd sostanzialmente, mentre solo il 25 %è digitale.Ma nei volumi è l’opposto: l’80 e più per cento è sul digitale. Ma di questo solo il 10% è pagato». Siamo al capitolo pirateria che impegna governi e affligge i bilanci. «Il più attivo è stato il presidente francese Sarkozy continua Leoni-Sceti - con norme che fanno scuola. Nei prossimi mesi ritengo che faranno cose analoghe gli inglesi, come annunciato dal ministro Mandelson, ma si muovono anche americani, italiani e coreani». A dare la svegliaè stata la banda larga che a forza di potenziarsi spalanca voragini per la pirateria dei film rilanciando il tema della tutela dei diritti e aumentando la pressione sui governi.
Resta però il quadro di un business che si è lasciato sfuggire il potenziale dell’innovazione. «Questo - riconosce Leoni-Sceti - è quello che dobbiamo fare noi, anche se le svolte tecnologiche che hanno coinvolto il mondo musicale sono arrivate da altri».
Apple è il più ovvio esempio. Spiegazione, almeno parziale, di un mondo capovolto dove la domanda musicale cresce del 10% l’anno e il mercato si contrae di una quota analoga, gli utili calano e Guy Hands, per banalizzare, scopre di non aver fatto, fino ad ora, un buon affare. Ancor peggio oggi quando le banche hanno un atteggiamento diverso verso il private equity rispetto alla flessibilità di un paio d’anni fa. L’innovazione, in Emi, matura ora con un nuovo modello di gestione, con la ritrovata centralità del cliente «senza influenzare l’artista», con l’interattività della musica nell’era digitale. «E con il nostro catalogo - ricorda il Ceo - che muove da Frank Sinatra ai Beatles». Fonte inesauribile, il gruppo di Liverpool per Emi: 2,2 milioni di copie del cofanetto rimasterizzato sono stati venduti in 5 giorni fra Usa, Regno Unito e Giappone. Una gran accelerazione per l’utile di quest’anno. «Il trend in crescita non sarebbe cambiato - riconosce Leoni- Sceti- ma hanno aiutato ». Ora tocca ai Gorillaz.