Cinzia Di Cianni, La stampa 2/12/2009, 2 dicembre 2009
Nel gorgo degli antichi mostri i ”motori” che alterano il clima- Nelle leggende norrene il mitico Amlodi - che ispirò l’Amleto di Shakespeare - possedeva un mulino che nell’Età dell’Oro macinava pace e abbondanza
Nel gorgo degli antichi mostri i ”motori” che alterano il clima- Nelle leggende norrene il mitico Amlodi - che ispirò l’Amleto di Shakespeare - possedeva un mulino che nell’Età dell’Oro macinava pace e abbondanza. Dopo molte peripezie il mulino finì in fondo al mare dove, sgretolando rocce e sabbia, creò il gorgo del Maelström, via d’accesso al regno dei morti. Se per i naviganti il gorgo è orrore puro, per gli scienziati le turbolenze oceaniche sono diventate importanti, perché in forma di vortici (chiusi) e di fronti (aperti) non solo contribuiscono alla vita degli ecosistemi marini, ma influenzano il clima. La «turbolenza oceanica a mesoscala», che interessa aree comprese tra 5 e 200 km di estensione, per esempio, ha acceso l’interesse degli oceanografi da quando si è capito che funziona come un frullatore e come un ascensore, rimescolando nutrienti e plancton. Il fitoplancton è presente fino a 100 m di profondità, nello «strato eufotico», dove consuma molti nutrienti, principalmente azoto. La sua sopravvivenza è quindi legata a fenomeni di «upwelling», la risalita delle ricche acque profonde verso la superficie, che viene così fertilizzata. Nell’oceano l’«upwelling» avviene proprio in corrispondenza di fronti e vortici a mesoscala. «Il ciclo del carbonio, la concentrazione di CO2 e l’effetto serra sono influenzati dai flussi biogeochimici tra oceano e atmosfera - spiega Antonello Provenzale dell’Isac-Cnr di Torino - e i flussi dipendono dall’ecosistema marino e quindi dalle dinamiche del fitoplancton e dello zooplancton. Questi processi, così, diventano attori importanti sulla scena climatica». Se la scienza non smette di interrogarsi, la prima raffigurazione del Maelström, il vortice per antonomasia, compare probabilmente nella «Carta marina et Descriptio septemtrionalium terrarum», pubblicata a Venezia nel 1539 dal religioso svedese Olaus Magnus, che lo colloca correttamente lungo le coste norvegesi, presso le isole Lofoten. E’ un capolavoro che cela un piccolo mistero. Non se ne ha infatti notizia fino al 1886, quando un esemplare venne scoperto all’Hof- und Staatsbibliothek di Monaco, mentre l’altra copia è al Carolina Rediviva dell’Università svedese di Uppsala. Composta di 9 incisioni, riunite in una mappa di 170x125 cm, la «Carta» è la prima descrizione attendibile del Grande Nord. Vi figurano terre all’epoca quasi sconosciute, come Groenlandia, Islanda, Penisola scandinava e coste baltiche della Russia. Nel 2001 l’accuratezza della mappa regalò a Tom Rossby dell’Università di Rhode Island una scoperta sorprendente. Nel tratto di mare a Est dell’Islanda le linee d’inchiostro formano spirali che indicano forti turbolenze e minacciano gli Holk di Lubicensi, Angli e Goti, già alle prese con mostruosi Leviatani. Solo una licenza artistica? No, secondo l’oceanografo. «Avevo partecipato a un congresso a Bergen, in Norvegia, dedicato allo studio del fronte oceanico Islanda-Faroer, l’area dove le acque calde della Corrente del Golfo incontrano quelle fredde dell’Artico. Negli stessi giorni leggevo ”Cod”, il libro di M. Kurlansky che contiene una riproduzione della mappa. Osservandola mi sono venuti i brividi: ho capito di aver scoperto qualcosa di speciale!». In effetti, le turbolenze sulla mappa coincidono con il fronte Islanda-Faroer. Ma come poteva Olaus Magnus conoscere un fenomeno confermato solo 5 secoli più tardi dai satelliti? Nel 2003 Rossby firmò con Peter Miller del Plymouth Marine Laboratory un articolo su «Oceanography», in cui sosteneva che al cartografo svedese si doveva la più antica descrizione di vortici oceanici su larga scala. Per confermare l’ipotesi, Miller ha composto un puzzle di immagini satellitari: visto che il Nord-Est Atlantico è sempre coperto di nubi, non c’è altro modo di ottenere immagini nitide dell’area. Vortici e fronti, infatti, sono stati «scoperti» solo negli Anni 60, quando gli oceanografi impiegarono boe di profondità e immagini termiche. Videro così che nel fronte Islanda-Faroer le temperature superficiali dell’acqua variavano anche di 5 C° e le velocità orizzontali raggiungevano 0,5 m/s. Oggi gli scienziati si servono anche dell’altimetria satellitare (che misura l’altezza della superficie marina), di radar e di modelli al computer. Provenzale ha appena pubblicato un articolo sul «Journal of Geophysical Research», frutto di una collaborazione tra Cnr, Georgia Institute of Technology di Atlanta e University of California a Los Angeles, in cui dimostra che le velocità verticali dei vortici sono maggiori di quanto finora ipotizzato: anche 50 m al giorno. «Sono molti gli aspetti da chiarire su vortici e fronti - aggiunge il fisico - soprattutto da quando si è osservato che parte rilevante dell’aerosol marino è prodotto dal plancton. L’aerosol, d’altra parte, è legato alla formazione di nubi e quindi influenza il clima». Rossby, intanto, ha scavato nella vita di Olav Manson (Olaus Magnus è il nome latinizzato) per svelare il mistero della «Carta». Ha scoperto che grazie al fratello, arcivescovo di Uppsala, fu inviato come legato pontificio nelle contrade del Nord. Nel 1523 re Gustavo Vasa lo spedì in missione diplomatica in Italia e da allora Olav non rientrò più in Svezia, che nel frattempo aveva abbracciato la Riforma. Visse a Danzica, Venezia e Roma, dove morì nel 1557. Secondo Rossby, «impiegò 12 anni per preparare la ”Carta”: credo che abbia raccolto notizie di prima mano dai marinai della Lega Anseatica, che ogni primavera raggiungevano le coste dell’Islanda nel periodo in cui le turbolenze erano più forti». Proprio come Olav, Rossby ora prosegue le ricerche sulla Corrente del Golfo: «Il prossimo anno ci sposteremo tra Norvegia e isola di Spitsbergen nell’arcipelago delle Svalbard. Solo da poco abbiamo capito l’importanza del bacino Lofoten per l’overturning, il rovesciamento degli oceani che mantiene temperato il clima del Nord Europa, agendo come un termosifone. Abbiamo imparato molto sugli oceani, ma solo per scoprire quanto poco ne sappiamo!». Il mulino di Amlodi continua a macinare qualcosa di buono, in fondo al mare.