Mattia Bernardo Bagnoli, la Repubblica 2/12/2009, 2 dicembre 2009
Calcoli sbagliati Gli oceani saliranno di un metro in più- Il livello degli oceani, se le emissioni di anidride carbonica non verranno sostanzialmente tagliate, aumenterà con tutta probabilità di 1,4 metri entro la fine del XXI secolo
Calcoli sbagliati Gli oceani saliranno di un metro in più- Il livello degli oceani, se le emissioni di anidride carbonica non verranno sostanzialmente tagliate, aumenterà con tutta probabilità di 1,4 metri entro la fine del XXI secolo. E questo a causa dello scioglimento dei ghiacci in Antartide e in Groenlandia. A disegnare l’apocalittico scenario è un dettagliatissimo studio elaborato dallo Scientific Committee on Antarctic Research (Scar), l’associazione con sede a Cambridge, Gran Bretagna, che riunisce sotto il suo ombrello studiosi sparsi per tutto il globo. Il rapporto, presentato a Londra, rivede al rialzo tutte le previsioni azzardate fino ad oggi dagli esperti e porta a sostegno delle sue stime analisi condotte sui ghiacci della regione antartica. Dati concreti, dunque, misurati e misurabili. Che dovessero rivelarsi corretti muterebbero per sempre il volto del pianeta. «La temperatura dell’aria si sta alzando, la temperatura degli oceani si sta alzando e il livello delle acque sta aumentando», ha spiegato Colin Summerhayes, direttore dello Scar. «E il sole, per quanto abbiamo potuto osservare, ha poco a che vedere con questo fenomeno». Lo studio, intitolato «Antarctic Climate Change and the Environment» e condotto grazie al contributo di 100 specialisti in diverse discipline, ha infatti concluso che il buco dell’ozono - collocato proprio in prossimità del continente bianco - non può essere ritenuto responsabile per l’aumento delle temperature. Anzi. A bene vedere è il contrario. La gran parte dell’Antartide, ovvero la sezione orientale, si è infatti addirittura raffreddata se si comparano i dati con quelli rilevati negli Anni Ottanta. Il buco dell’ozono ha in pratica protetto il continente dal riscaldamento globale. Ad essere nei guai, dunque, è la penisola antartica - la propaggine che si protende verso Argentina e Cile. «L’acqua calda dell’oceano si sta insinuando sotto la coltre di ghiacci che ricopre l’Antartide occidentale e ne sta provocando lo scioglimento», ha dichiarato John Turner, responsabile della missione scientifica britannica di stanza nel continente. Entro la fine del secolo, ha poi precisato, quell’area avrà perso tanto ghiaccio sufficiente a innalzare - da solo - il livello dei mari di «decine di centimetri». Basta questo quindi a prepensionare la precedente proiezione - avanzata due anni fa dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) - che prevedeva un aumento compreso tra i 28 e i 43 centimetri. Per arrivare poi alla fatidica soglia del metro e rotti ci penseranno lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia, dei ghiacciai andini e himalayani, e l’aumento del volume dell’acqua oceanica dovuto al riscaldamento. Ma non solo. Grazie al protocollo di Montréal, che ha bandito i prodotti contenenti Cfc che danneggiano l’ozono, il buco si sta infatti colmando. Quando, fra circa 50 anni, il processo di autoriparazione messo in atto dalla Terra si sarà completato, ecco che l’Antartide si ritroverà privo del suo attuale scudo. Un raddoppio delle emissioni di CO2, conclude il rapporto, comporterebbe quindi un innalzamento delle temperature di circa 3-4 gradi nel continente bianco. Che, precisa il documento, è talmente freddo da potersi concedere il lusso dell’indifferenza. Ma, di nuovo, saranno i mari sempre più caldi a intaccare i ghiacci, sino all’Antartide orientale. Per quanto riguarda la penisola antartica, il processo è già in atto: negli ultimi 50 anni la temperatura media dei mari che la circondano si è innalzata infatti di 3 gradi. Ovvero l’aumento più marcato mai registrato nell’intero emisfero australe. Le raccomandazioni, a questo punto, sono sempre le solite: tagliare drasticamente le emissioni. La conclusione del rapporto sembra fatta apposta per aggiungere pressione ai leader del pianeta che settimana prossima si riuniranno a Copenhagen per decidere come affrontare il problema del cambiamento climatico. L’innalzamento degli oceani, infatti, sarebbe una catastrofe che coinvolgerebbe tutti: Londra, New York e Shanghai, avverte il «Times», sarebbero costrette a spendere miliardi per costruire barriere per evitare di essere sommerse dai flutti. Venezia, va da sé, sarebbe spacciata, anche se protetta dal Mose, che stando ai dati del ministero delle Infrastrutture è stato concepito per sopportare «un innalzamento delle acque di 60 centimetri». Sufficienti fino alle previsioni di ieri, non più adesso. Il rapporto, a ogni modo, è stato anche preso dagli scettici come esempio d’inaffidabilità della comunità scientifica. «Prima 50 cm, poi 60, poi 100: 60 metri se chiedete a James Hansen della Nasa», ha detto ironico Benny Peiser, direttore di Global Warming Policy Foundation. «Siamo molto preoccupati che politiche che andranno a coprire un secolo si possano basare su tali elucubrazioni».