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 2009  dicembre 02 Mercoledì calendario

ISOLATO


Luca Aldegani, dieci anni, bergamasco, non sorride da due anni, non vede né sente più ed è alimentato da una macchina collegata direttamente allo stomaco. affetto da leucodistro­fia metacromatica, una malattia degenerativa incurabile che colpisce un bambino su 40.000: la carenza di un enzima metabolizza la mielina, portando alla progressiva paralisi del­le funzioni motorie e cognitive fino alla morte. Fino ad un anno e mezzo, Luca era sanissimo; poi, all’improvviso, ha cominciato a stare male. I suoi genitori cercano comunque di assicurargli una vita normale: fre­quenta una scuola materna, gira in bici­cletta insieme al papà, trascorre le vacan­ze in viaggio con il camper («Andiamo al mare e in montagna, anche all’estero: l’unica cosa indispensabile è la corrente per l’alimentatore»). In futuro, i bambini come lui potrebbero avere qualche speranza di guarigione: l’Istituto per la terapia geni­ca Telethon del San Raffaele ha ideato una cura che funziona sull’organi­smo animale, e due settimane fa ha chiesto il permesso per sperimentarla sull’uomo al ministero della Salute.

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Un farmaco può salvare il bimbo isolato dal mondo -

PONTERANICA (Bergamo) – Sprofon­dato tra i cuscini del divano, mentre la mamma gli accarezza i capelli, sembra che Luca si sia appena addormentato. Indossa una felpa sportiva e i pantaloni scozzesi uguali identici a quelli del papà. primo pomeriggio, per lui questa è ora di pran­zo. Da una piantana di fianco al bracciolo pende la sacca di «cibo» che una macchi­na gli pompa direttamente nello stomaco. Ogni tanto i suoi occhi blu si aprono al­l’improvviso, e di scatto si richiudono. Non vede e non sente più, dicono i medi­ci. Sono passati due anni dall’ultima volta che ha sorriso. La malattia si è portata via quasi tutto. Quasi tutto: Luca non ha mai smesso di essere un bambino bellissimo.

La famiglia Aldegani non ha mai smes­so di sperare. Otto anni fa, quando sentiro­no per la prima volta la parola leucodistro­fia metacromatica, si brancolava nel buio. Il difetto genetico del loro secondo figlio, sano come un pesce fino a un anno e mez­zo di vita, era troppo raro per interessare all’industria farmaceutica: fare ricerca su una patologia che colpisce un bimbo ogni 40 mila non è considerato un buon investi­mento. «Io e mio marito Stefano piangem­mo per due settimane intere, giorno e not­te – racconta Maria Luisa ”. Poi scoprim­mo che a Milano, a solo mezz’ora da casa nostra (vivono a Ponteranica, un paese al­le porte di Bergamo, ndr ), c’era qualcuno che stava studiando la malattia. Finite le lacrime, ci siamo rimboccati le maniche e ci siamo messi a lottare per offrire a Luca una vita felice». Per gli Aldegani, e per tut­ti i genitori come loro («Ne conosciamo una ventina»), questi sono giorni molto, molto speciali: l’Istituto per la terapia geni­ca Telethon del San Raffaele ha messo a punto una cura che funziona sull’organi­smo animale. E due settimane fa ha invia­to al ministero della Salute i dossier per chiedere il via libera alla sperimentazione sull’uomo.

«Se Luca proverà la terapia? Non lo sap­piamo, è il ministero a scegliere i primi pa­zienti – spiega Stefano ”. Però non è questa la cosa più importante: ciò che con­ta è che si parta, che si strappi al più pre­sto l’etichetta di ’incurabile’ a questa ma­lattia ». un passo decisivo, conferma il professor Luigi Naldini, genetista che gui­da l’equipe del Tiget: «Contiamo di comin­ciare all’inizio dell’anno, questa potrebbe essere una svolta non solo per i malati di leucodistrofia, ma di tutta una serie di pa­tologie genetiche». Nella leucodistrofia la carenza di un enzima che metabolizza la mielina porta alla progressiva paralisi del­le funzioni motorie e cognitive, fino alla morte: «Attraverso un autotrapianto di staminali – spiega Naldini ”, le cellule malate possono essere ’aggiustate’ intro­ducendo una copia sana del gene difetto­so ». Il procedimento non è solo molto complesso, è anche costosissimo: «La spe­ranza che inizia a farsi concreta è per noi un regalo meraviglioso – dice Stefano ”, e sarebbe stato impossibile senza il lavoro di Telethon e la generosità di tutti i cittadi­ni che hanno donato soldi alla ricerca».

Il cammino degli Aldegani è stato lun­go e faticoso, il futuro resta incerto. Ma per loro conta soltanto il presente, dimo­strare giorno dopo giorno a Luca che non si è sbagliato: «Sì, perché ci siamo convin­ti che sia stato lui a sceglierci come genito­ri. Ha ritenuto che fossimo all’altezza di af­frontare questa prova, e noi non possia­mo deluderlo». La sfida è rendere la vita fragile e indifesa di questo bambino di 10 anni il più normale possibile: Luca fre­quenta una scuola materna, gira in bici­cletta insieme al papà, trascorre le vacan­ze in viaggio con il camper («Andiamo al mare e in montagna, anche all’estero: l’unica cosa indispensabile è la corrente per l’alimentatore»).

Se Luca è il «centro di gravità perma­nente» degli Aldegani, Marco è la «marcia in più» della famiglia. Ha dodici anni, ama la pallacanestro e il suo primo pensiero ogni mattina è correre dal fratellino per dirgli ciao. «Senza di lui non ce l’avrem­mo mai fatta», raccontano Stefano e Maria Luisa. Basta guardare Marco negli occhi per convincersi che no, Luca non si è sba­gliato: ha scelto una famiglia davvero spe­ciale.