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 2009  dicembre 02 Mercoledì calendario

DUE ARTICOLI SULLA NUOVA STRATEGIA DI OBAMA PER LA GUERRA IN AFGHANISTAN


IL REBUS DEGLI USA. CHI PAGHERA’ PER LE TRUPPE IN PIU’ -
PAOLO VALENTINO PER IL CORRIERE DELLA SERA DEL 2/12/2009

Quanto costa man­dare un nuovo soldato americano a com­battere in Afghanistan? Un milione di dol­lari l’anno, dice la Casa Bianca, basandosi sui calcoli di Peter Orszag, direttore del­­l’Office of Management and Budget. Det­to altrimenti, i 30 mila rinforzi che Ba­rack Obama ha deciso di inviare nella re­gione graveranno sul bilancio federale per 30 miliardi di dollari l’anno.

La previsione non è del tutto condivi­sa, il Pentagono per esempio parla di una spesa inferiore della metà, anche se è so­lo un problema di cosa si mette dentro: quante nuove armi, quali materiali, quan­to carburante, quante perdite.

Nell’un caso e nell’altro, il problema per il presidente rimane: siano 30 o 15 mi­­liardi di dollari l’anno, chi pagherà il so­vrapprezzo della guerra afghana? Obama ieri sera non vi ha fatto cenno, preoccupa­to soprattutto di spiegare e convincere il Paese che la surge (l’aumento delle trup­pe) sia la cosa giusta e il lavoro vada por­tato a termine entro tre anni.

Ma è questo il nodo, come se non ne avesse già abbastanza, con cui dovrà mi­surarsi nelle prossime settimane. Anche perché al Congresso, i suoi democratici non mostrano di volergli facilitare la vita. La conferma viene da David Obey, de­putato del Wisconsin, che insieme a 10 colleghi (alcuni molto influenti, come il capogruppo alla Camera John Larson) ha presentato un disegno di legge, che intro­durrebbe una tassa di guerra provvisoria sui redditi superiori a 30 mila dollari l’an­no. Entrerebbe in vigore nel 2012 e sareb­be progressiva, incidendo maggiormente sui più ricchi. «Se una guerra si deve com­battere, dobbiamo anche pagarla», ha det­to nel presentare la sua Temporary Afgha­nistan War Surtax Obey, personalmente contrario all’escalation.

 difficile che la proposta passi. Ma il dibattito che ha aperto è reale, come lo sono i sussulti trasversali che agitano il Congresso, già alle prese con una riforma sanitaria che costerà 900 miliardi di dolla­ri in 10 anni.

L’ironia della discussione: chi è favore­vole alla surge (repubblicani e democrati­ci moderati) è contrario alla tassa, prefe­rendo invece tagli di spesa altrove; men­tre chi appoggia il balzello (la sinistra de­mocratica) dice no all’invio di nuove trup­pe a Kabul. C’è anche, è il caso del Washington Post , chi fa una proposta di sapore italiano, suggerendo di aumenta­re la tassa federale sulla benzina, che ne­gli USA è ferma dal ”93. Per Obama, un rovello in più: oltre all’argomento strate­gico, il presidente dovrà vincere in Con­gresso anche quello economico.
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L’ITALIA INVIER MILLE SOLDATI IN PI -
MARCO LUDOVICO PER IL SOLE 24 ORE DEL 2/12/2009
Fino a un migliaio di soldati italiani in più per l’Afghanistan. Per arrivare quantomeno a quota 4mila, rispetto ai circa 3mila oggi inviati nello stato asiatico. La cifra ufficiale non c’è ancora e non ci può essere, perché sarà decisa all’interno del governo nei prossimi giorni. Ma i calcoli sono in corso, per rispondere alla richiesta americana.
Il quotidiano Le Monde sostiene che gli Usa avrebbero chiesto all’Italia un incremento del contingente pari a 1.500 soldati. Al ministero della Difesa replicano che «un’indicazione così specifica non è arrivata». Fatto sta che l’ordine di grandezza indicato dal giornale francese non è così lontano dalla disponibilità effettiva che l’Italia può mettere in campo. A condizione, però, che siano rispettati criteri di sostanziale invarianza di costo rispetto al 2009: «Credo che l’anno prossimo la cifra impegnata complessivamente per le missioni non sarà superiore a quella dell’anno in corso», dice al Sole 24 Ore il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto.
La strada per aumentare la presenza dei militari in Afghanistan e rispondere così in modo positivo agli Stati Uniti passa, innanzitutto, da una revisione dei contingenti nelle altre missioni all’estero. Spiega Crosetto: « prevista una riduzione di 200 uomini per il Libano. Ed entro la fine del 2010 saranno ritirati dal Kosovo, gradualmente, 1.500 soldati». Decisioni già prese che, a questo punto, fanno gioco nella nuova partita in campo. Nei prossimi giorni i massimi vertici militari della Nato si riuniranno a Bruxelles e sarà un’occasione preziosa per definire, sul piano tecnico, uomini, mezzi e strategie da aggiornare alla luce del piano del presidente Usa, Barack Obama. La Difesa italiana, dal canto suo, fa i conti con le risorse finanziarie, al momento fissate e non modificabili; con i livelli di addestramento; con i soldati disponibili in base alle loro specializzazioni.
Ecco perché lo sforzo ulteriore chiesto all’Italia non si potrà comunque produrre prima del secondo semestre dell’anno prossimo. Ma la volontà politica dell’Esecutivo è comunque favorevole. Ribaltandosi, va ricordato, rispetto al settembre scorso, quando - dopo la morte dei sei parà dopo un attentato a Kabul - su pressione del leader leghista Umberto Bossi, sembrava che l’Italia procedesse a un rientro graduale, com’è già accaduto per i 400 soldati inviati per le elezioni politiche. Ieri il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha detto che «nei prossimi giorni ci sarà un incontro tra il ministro degli Esteri Franco Frattini e il segretario di stato americano, Hillary Clinton, in base all’esito del quale - ha spiegato - la nostra già buona predisposizione a esaminare la proposta di aumento dei militari prenderà forma ». La Russa conferma che «abbiamo una grande disponibilità, a patto che il numero dei soldati sia inserito in una strategia che abbia dati temporali più certi di quelli attuali».