Marco Valsania, Il Sole-24 Ore 2/12/2009;, 2 dicembre 2009
NUOVI POVERI IN CODA PER IL CIBO
«Questa mattina si è fatta avanti una donna che ha lavorato tutta la vita ma si è ammalata, ha perso il posto e spende quello che ha in farmaci. In un’altra famiglia con tre figli, marito e moglie non ce la fanno ad arrivare a fine mese neppure con molteplici impieghi. E c’è il vigile del fuoco in pensione che ha perso tutto in un fondo d’investimento».
Daniel Reyes snocciola le storie una dietro l’altra. Storie dei nuovi poveri americani, vittime di una crisi economica che si è forse attenuata sui mercati finanziari ma che lacera, come mai aveva fatto dagli anni della Grande Depressione, la fibra sociale degli Stati Uniti. Lui è il direttore dei programmi della Yorkville Common Pantry. Il nome è l’omaggio a un quartiere leggendario Yorkville - un tempo cuore della classe operaia newyorchese. E ancora oggi, sulla 109 a Strada quasi all’angolo della Quinta Avenue, è a pochi isolati di distanza da simboli di cultura e benessere, i musei Metropolitan e Guggenheim. Ma adesso qui ha sede la più grande "dispensa" per i neodiseredati della città. Dove un esercito di disoccupati e sottoccupati si mette in coda per chiedere e ricevere gratuitamente buste della spesa. «Non vediamo banchieri - dice senza nascondere il sarcasmo ma nuove generazioni di famiglie improvvisamente cadute in povertà, abituate a guadagnare anche più di 30mila dollari l’anno, che non hanno diritto all’assistenza pubblica, che vivono di salari pagati a ore quando le ore di lavoro vengono tagliate ».
Volti e cifre parlano dei ceti medi travolti dalla recessione e dai pignoramenti delle case, da una costa all’altra del paese. Il New York Times ha fatto scalpore quest’anno quando ha raccontato di Cindy Dreeszen e di suo marito: nonostante due lavori, dipendente di sala cinematografica lui e impiegata pubblica lei, e un reddito familiare di 55mila dollari, sono stati costretti dalla nascita di un figlio e rincari nei costi a ricorrere alla Interfaith Pantry di Morristown, in New Jersey, in passato tra le contee più ricche del paese. Nella seconda metà del 2009 nei bucolici sobborghi di Morristown la distribuzione di alimenti è aumentata addirittura del 45 per cento. E il caso dei Dreeszen non stupisce più, per nulla: «Dobbiamo soccorrere sempre più gente», ammette Kathleen DiChiara, responsabile di una catena di Food Banks del New Jersey, ovvero di una delle associazioni caritatevoli all’ingrosso che riforniscono dispense e mense per i disagiati. «Famiglie che hanno finito i risparmi e che non avevano mai immaginato di non farcela». Lei stessa, una veterana che aveva cominciato a offrire pacchi alimentari nel 1975 dal bagagliaio della sua auto, afferma di «non aver visto mai niente di simile».
Come quello dei Dreeszen, così è anche il caso di Prentice Jones a Chicago, che ha fatto il carpentiere o il metalmeccanico ma oggi, senza lavoro, è tornato a vivere con la madre e visita regolarmente i supermercati per i poveri. E in tutti gli Stati Uniti, dalla Florida alla California, sono diventati oltre 25 milioni gli americani che, come loro, si rivolgono a una Food Pan-try, a una dispensa gratuita. Il segno più evidente - più del ricorso a tradizionali mense e buoni pasto pubblici anch’essi protagonisti di impennate record- del silenzioso dramma vissuto dai nuovi poveri. Da una fetta sempre più consistente di quei 50 milioni di persone, quasi un americano su sette, che secondo il Dipartimento all’Agricoltura fatica a trovare abbastanza da mangiare.
Nei locali della Yorkville Pantry è il caso di Azucema Matos, di origine dominicana ma cresciuta in città. «Non ero mai venuta alla Pantry per me», spiega. «Faccio l’assistente domestica, di solito per persone anziane, e a volte sono passata a prendere pacchi alimentari per loro. Ora, però, guadagno solo 800 dollari ogni due settimane e ho l’affitto da pagare ». Oppure di Eridania Siriaco, due figli piccoli a carico, di novee tre anni, e un lavoro da cassiera. Anche per lei è la prima volta alla Pantry: «Ne ho bisogno», afferma semplicemente mentre aspetta il suo turno per ritirare una busta della spesa con verdure, riso, cereali, latte, fagioli, tonno in scatola e una busta di alimenti freschi con pane e carne surgelata.
«Ogni settimana offriamo vivande in media a 1.800 famiglie, un quarto in più dell’anno scorso », dice Reyes. «E le famiglie che fanno la spesa da noi sono ot-tomila in tutto, triplicate in due anni. Spesso, inoltre, chi veniva in media una volta al mese viene adesso una volta alla settimana. E siamo davanti a un ventaglio sempre più ampio di famiglie, bambini e anziani.
Un aumento provocato dal balzo della disoccupazione e degli impieghi marginali, che non pagano abbastanza». A New York i residenti senza lavoro sono ormai oltre 415mila, un record in 32 anni. Con un tasso di disoccupazione in media del 10,3% e quasi doppio nelle comunità ispaniche e afroamericane. La Yorkville Pantry prevede così ulteriori aumenti della domanda di assistenza. «Mi attendo che le richieste crescano di un altro 20 o 25 per cento», dice Reyes.
Con il direttore esecutivo Stephen Grimaldi, uno staff di una ventina di persone e qualche decina di volontari gestisce una non profit che vanta lunga esperienza nei servizi sociali. stata creata fin dagli anni Ottanta da un gruppo di chiese e sinagoghe e sostenuta dalla beneficenza che le garantisce un budget di circa 3 milioni di dollari l’anno ( 1,2 dei quali direttamente in prodotti alimentari). Chi si presenta alle sue porte viene regolarmente registrato e riceve una tessera, valida per almeno una spesa alla settimana proporzionata alle dimensioni della sua famiglia. Anche Reyes, però, oggi ha paura: «Il rischio, anche per noi, è quello di essere travolti dalla crisi. Da richieste per cui non avremo sufficienti risorse».