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 2009  dicembre 01 Martedì calendario

L’emiro-poeta che ama i cavalli Ad Ascot con i reali d’Inghilterra- Al Maktoum, regista della svolta immobiliare: non sono Superman «Poeta, amante del deserto, dell’ar­te e dei cavalli – si descrive su Face­book ”

L’emiro-poeta che ama i cavalli Ad Ascot con i reali d’Inghilterra- Al Maktoum, regista della svolta immobiliare: non sono Superman «Poeta, amante del deserto, dell’ar­te e dei cavalli – si descrive su Face­book ”. Buon musulmano nel rispet­to delle altre fedi». Potrebbe essere il profilo di uno dei tanti arabi del Gol­fo, anche se 100 mila e passa amici non sono la norma. E infatti Sheikh Mohammed bin Rashid Al Maktoum di «normale» ha ben poco. Premier e vice presidente degli Emirati Arabi Uniti, emiro di Dubai dal 2006 ma di fatto al comando dal 1995 come prin­cipe ereditario del più timido fratello Maktoum, Sheikh Mohammed è il quarto reale al mondo per ricchezza: 16 miliardi di dollari (per ora). Soprat­tutto, è l’uomo che ha creato la nuova Dubai con tutti i suoi eccessi. Trasfor­mando lo staterello senza quasi petro­lio ma con un gran porto aperto sul­l’Asia nel bizzarro miracolo che tutti han magnificato per anni, sgretolato­si ora sotto il peso di debiti e critiche. La sua «visione» e il suo potere – finché sono durati o dureranno – so­no stati assoluti, grandiosi. «Ambizio­so e convinto di essere Dio, un Farao­ne che voleva passare alla Storia – di­ce un esperto del Paese che lo conosce ”, abituato ad essere l’unico a decide­re su tutto. E circondato dal timore e la reverenza generali: se l’ambasciato­re di Francia è convocato all’improvvi­so è normale che corra e s’inginocchi, annullando ogni impegno. Se una con­ferenza di 300 top manager l’attende ma lui cambia idea, nessuno fiata e tutti si riorganizzano. Ma a modo suo è anche un uomo ’semplice’, a volte: da solo e in incognito sale ogni tanto in metrò, compra nei supermarket, guida la Mercedes. un musulmano tollerante. E in patria è benvoluto o al­meno rispettato: con lui tutti si sono arricchiti e non mancano certo scuole o ospedali». Sessant’anni, studi in arabo a casa e poi in inglese nel Regno Unito, una prima moglie della famiglia – Sheikha Hind, sposata nel 1979, con cui ha uno stuolo di figli – e una se­conda consorte bionda e giovane non­ché figlia dello scomparso re Hussein di Giordania – Principessa Haya, da cui ha una bimba di 2 anni – Sheikh Mohammed già prima del crac era in realtà poco amato dagli altri reali del Golfo: in Qatar e Bahrain, ma anche nell’emirato fratello-rivale di Abu Dhabi o in Arabia Saudita. Probabil­mente in gran parte per invidia. Per­ché se le sue stravaganze glamour vo­lute e seguite personalmente – le iso­le- mondo, le torri-grattacielo e tutto il circo ormai noto – a molti faceva­no storcere il naso, se la crescita a cre­dito era giudicata un po’ troppo ri­schiosa, lo stile di vita dell’emiro di Dubai è stato finora l’emblema indi­scusso del suo successo. Poeta in ara­bo classico fin da bambino? I suoi ver­si non solo compaiono sui muri della città con i suoi ritratti, ma dovrebbe­ro formare una «corona» di sabbia e cemento intorno all’isola Palma Jebel Ali se mai verrà completata («Solo un uomo con una visione può scrivere sull’acqua...»). Ama i cavalli? Ebbene Sheikh Mohammed è considerato (an­cora) il re indiscusso delle aste miliar­darie di purosangue in Gran Bretagna e negli Usa. Ha comprato centinaia di meravigliosi, carissimi, animali a par­tire da Gainsborough Stud nel 1981. Ha vinto con loro le più prestigiose corse del mondo, che frequenta abi­tualmente: ad Ascot e non solo è un habitué, la sua passione lo ha portato ad essere intimo dei reali britannici. «Non sono Superman», si schermi­va pochi mesi fa in un’intervista lo stesso Mohammed. «Dubai non è un mondo a sé, è fortemente unita agli emirati fratelli, Abu Dhabi per pri­mo », continuava, quando le sorti del­la sua creatura già eran segnate, l’arro­ganza da faraone ridimensionata. Adesso, rimossi alcuni responsabili delle finanze dell’emirato, sta conce­dendo più potere ai fratelli e soprattut­to ai figli, a partire da Hamdan, neo-erede al trono. Forse nella previ­sione di farsi da parte, lasciare ad altri il compito di riavviare il miracolo o, più probabilmente, gestire la fine del sogno.