Stefano Lepri, La stampa 1/12/2009, 1 dicembre 2009
Le banche sorvegliate speciali- «Non c’è una lista sola» replicano al Financial Stability Board presieduto da Mario Draghi; le liste dei «rischi sistemici» nella finanza internazionale possono variare a seconda dei pericoli che si profilano
Le banche sorvegliate speciali- «Non c’è una lista sola» replicano al Financial Stability Board presieduto da Mario Draghi; le liste dei «rischi sistemici» nella finanza internazionale possono variare a seconda dei pericoli che si profilano. I 30 nomi di gruppi bancari e assicurativi pubblicati dal Financial Times, si spiega, non sono esattamente quelli sui quali si sta cominciando a esercitare una vigilanza mondiale coordinata, una delle prime novità del dopo-crisi. Sono allora quelli «a rischio sistemico»? Nemmeno, dicono ancora al Fsb (il coordinamento per la stabilità finanziaria mondiale), perché quella lista è flessibile, non stabilita una volta per tutte. Sta di fatto che la lista è alquanto verosimile. Per l’Italia, prevedibilmente, vi compaiono Intesa Sanpaolo e Unicredit; di fatto vi rientra anche Bnl come controllata della francese Bnp Paribas. Le banche individuate sono 24 in tutto il mondo, 4 americane (Bank of America, Citigroup, Goldman Sachs, JP Morgan Chase, Morgan Stanley) 4 inglesi (Barclays, Hsbc, Rbs, Standard Chartered), 4 giapponesi (Mitsubishi, Mizuho, Nomura, Sumitomo), due a testa per Francia (oltre a Bnp, Société Générale), Svizzera (Ubs e Cs), Italia e Spagna (Bbva e Santander), una per Germania (Deutsche Bank), Olanda (Ing) e Canada (Rbc). In un caso, come si usa dire, i buoi sono già scappati. Tra le quattro britanniche in lista c’è la Royal Bank of Scotland, già salvata dal fallimento a caro prezzo per opera del governo, e ora a maggioranza pubblica. Le multinazionali assicurative sono sei, l’olandese Aegon, la tedesca Allianz, la britannica Aviva, la francese Axa, le svizzere Swiss Re e Zurich. Si tratta evidentemente dei gruppi impegnati in operazioni di finanza complessa. I collaboratori di Draghi invitano a distinguere il problema del «rischio sistemico» con i «collegi internazionali di supervisione». Da una parte, occorre individuare quali gruppi sono abbastanza interconnessi con gli altri perché la loro stabilità sia interesse di tutto il pianeta. Dall’altra, ci sono gruppi talmente ramificati nel mondo che nessuna autorità di vigilanza nazionale può controllarli da sola. Le due liste in parte coincidono, ma non sono identiche. Dentro il Fsb, il lavoro sui rischi posti dai gruppi multinazionali è affidato a un gruppo capeggiato da Paul Tucker, vicegovernatore della Banca d’Inghilterra. Tutti i gruppi ritenuti di importanza sistemica dovranno «entro 6-9 mesi» presentare un «testamento» ovvero uno schema preciso di come procedere, in caso di falimento, al recupero e alla liquidazione degli attivi dispersi fra tutte le società collegate. Scopo principale del lavoro del Fsb è evitare che i gruppi considerati «troppo grandi per essere lasciati fallire» si comportino in modo imprudente, contando sul fatto che i governi sarebbe costretti a salvarli da un crack.