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 2009  dicembre 01 Martedì calendario

Una mandria di yak pulirà i boschi delle Dolomiti- CORTINA D’AMPEZZO (Bel­luno) – Sono la passione del­l’alpinista Reinhold Messner

Una mandria di yak pulirà i boschi delle Dolomiti- CORTINA D’AMPEZZO (Bel­luno) – Sono la passione del­l’alpinista Reinhold Messner. Ma ora anche del governo. Gli yak, lanosi parenti tibetani del­le mucche, simili a bisonti, da sempre affascinano il grande scalatore altoatesino che ha portato questi ruminanti d’alta quota anche in Alto Adige (a Solda), e nel Veneto (nel Cado­re). Il ministro delle politiche agricole e forestali Luca Zaia pe­rò non è da meno. Si è preso a cuore la sorte di un gruppo di questi bovini himalayani che rischiavano di tirare le cuoia e ieri è scattata l’«operazione yak», il trasferimento in gran­de stile di una man­dria di 25 esemplari dall’Abruzzo alle Dolo­miti, a Tambre. Perché questa pas­sione ministeriale? E perché dal Centro Italia? La ri­sposta è semplice: per salvare queste mucche tibetane, porta­te sull’Appennino (prima sui Monti Gemelli a ridosso dei monti della Laga e poi in Abruz­zo), dove sono state oggetto di una ricerca scientifica trienna­le. A studio finito, senza l’inter­vento del ministro sarebbero stati abbattuti: troppo costoso mantenerli. «Sono certo – di­ce Luca Zaia – che gli yak con­tribuiranno a rendere ancora più bello il territorio delle Dolo­miti. Grazie alla vocazione ’eco­logica’ di questo animale, l’am­biente sarà più pulito e potre­mo valorizzare ancora di più queste aree». A conclusione della ricerca gli yak sono risultati ottimi «spazzini delle montagne»: si nutrono di piante non comme­stibili per gli altri animali (il co­siddetto falasco). Estirpandole favoriscono la ricrescita di al­tre piante foraggere. Poteva il ministero Zaia – che ha una laurea in Scienze della produ­zione animale – non avere un fremito al cuore per il destino di questi «operatori ecologici extracomunitari» tibetani? Ov­viamente no. Tutto è partito nel 2005, quando il ministero allora retto da Gianni Aleman­no finanziò il progetto di ricer­ca per verificare la possibilità di far crescere in Italia una man­dria, affidato al Cra, Istituto sperimentale per la zootecnia (Isz) di Roma. Ma è stato Zaia che si è trovato tra le mani la patata bollente una volta con­clusa la ricerca: che fare di que­sti bovidi imponenti? I risultati del progetto con­sentivano di prevedere di po­ter allevare lo yak sull’Appenni­no a quote che vanno dai 1.300 ai 2.200 metri di altitudine. In­tanto però per questi esempla­ri, che sono un bene dello Sta­to, la destinazione sarà diversa: verranno dati in comodato d’uso gratuito a un’azienda pri­vata nei pressi di una malga, sulle Dolomiti bellunesi, a Chies d’Alpago, e non saranno destinati alla macellazione. «Potranno vivere in un conte­sto climatico e ambientale idea­le per loro – aggiunge il mini­stro ”. La convivenza di que­sti ’spazzini del bosco’ con ani­mali di altre specie contribuirà ad accrescere la biodiversità e a favorire la salvaguardia del­l’ambiente » . Certo, durante la ricerca so­no state fatte anche prove di macellazione, che hanno dimo­strato come la carne di yak sia di ottima qualità, ricca di acidi grassi insaturi e ferro, rame e zinco. Ma almeno per questi esemplari è rimandato il mo­mento in cui finiranno in pen­tola. Ringraziando il ministro Zaia.