Lorenzo Morelli, ItaliaOggi 30/11/2009, 30 novembre 2009
Il vero lavoro è semplificare il lavoro- Pietro Ichino, giuslavorista e parlamentare, racconta la sua carriera professionale e le sue passioni Il parlamento sta trasformando la normativa sul part-time: da quella attuale fatta da 13 articoli a uno solo di 117 parole Giornalista, sindacalista, avvocato, professore, tecnico prestato alla politica
Il vero lavoro è semplificare il lavoro- Pietro Ichino, giuslavorista e parlamentare, racconta la sua carriera professionale e le sue passioni Il parlamento sta trasformando la normativa sul part-time: da quella attuale fatta da 13 articoli a uno solo di 117 parole Giornalista, sindacalista, avvocato, professore, tecnico prestato alla politica. Sono diverse le anime professionali di Pietro Ichino, ma il fil rouge che le unisce è la materia a cui si è dedicato per tutta la vita: il diritto del lavoro. Classe 1949, a 20 anni era già impegnato nell’attività sindacale con la Fiom-Cgil, dal 1973 al 1979, è stato responsabile del Coordinamento dei servizi legali della Camera del lavoro di Milano. Nel 1985 è diventato coordinatore della Rivista italiana di diritto del lavoro, della quale è stato poi direttore responsabile fino al 2008, quando ha dovuto lasciare a causa dell’elezione in Parlamento che lo vede impegnato al progetto di semplificazione per il nuovo codice del lavoro e il progetto per la transizione al nuovo sistema di protezione della stabilità del lavoro ispirato alla flexsecurity nord-europea. Quali sono le sfide del nuovo codice? «Il primo ostacolo da superare è l’enorme volume e complessità della normativa che oggi regola in Italia il rapporto di lavoro», spiega Ichino, «questa ipertrofia è causa di costi di transazione molto elevati per tutti coloro che stipulano un contratto di lavoro. Di questa legislazione prolissa, ampollosa, ridondante e onnipervasiva, i primi a soffrire sono gli investimenti stranieri nel nostro Paese: se persino noi abbiamo difficoltà a leggere e capire il nostro diritto del lavoro, figuriamoci un imprenditore svedese o canadese. Ma una legislazione ipertrofica è destinata a subire la fuga anche degli imprenditori indigeni, fuga favorita dal fatto che gli stessi lavoratori hanno difficoltà a rivendicare un diritto inconoscibile». Il progetto di riforma consente di misurare quanto la legislazione in materia di lavoro sia inutilmente voluminosa. «Ecco alcuni esempi. La disciplina attuale della Cassa integrazione guadagni è dispersa in 34 leggi, emanate dal 1945 a oggi; il progetto semplifica e generalizza questo «ammortizzatore sociale» con un meccanismo contenuto in un solo articolo, composto di quattro commi, che ne estende il campo di applicazione a tutti i rapporti di lavoro e pone le premesse per una riduzione del costo della relativa polizza. Il part-time, la cui disciplina è venuta ingrossandosi via via per iniziativa del centrosinistra o del centrodestra fino a 13 lunghi articoli; il disegno di legge mostra come sia possibile allinearsi perfettamente agli standard comunitari con un solo articolo di 117 parole. Al lavoro intermittente (camerieri per i banchetti e hostess per i congressi), la legge Biagi dedica ben 1.443 parole suddivise in 8 articoli; per una disciplina efficace e incisiva della materia basta un solo comma di 39 parole. La legge del 1955 e i 7 articoli dedicati dalla legge Biagi all’apprendistato possono ridursi a un solo articolo di 414 parole, senza che vada persa alcuna protezione per gli interessati. Alla fine 64 articoli, quante le caselle di una scacchiera, si candidano a sostituire mille pagine di leggi per diritto del lavoro e diritto sindacale. Articoli concisi e chiari, che possono essere letti e capiti immediatamente da tutti, fino al più piccolo tra gli imprenditori e al più sprovveduto fra i lavoratori». Sintesi, chiarezza e fruibilità dei testi, sono queste le caratteristiche che dovrebbe avere la legge secondo Ichino. Il quale aggiunge peraltro una notazione inconsueta: «Un bravo avvocato deve saper andare contro il proprio interesse, quando deve scegliere tra la strada più complessa e quella più semplice. L’avvocato che scrive 10 pagine quando ne basterebbe una sola è lo stesso che ci metterà probabilmente un anno a risolvere una questione che potrebbe risolversi in un mese». La professione giuridica spesso è un testimone che si tramanda di padre in figlio. Così è stato anche per Ichino che nel 1986 è entrato nello studio associato Ichino Brugnatelli, del quale è stato contitolare il padre Luciano dal 1946 al 1997 e in precedenza lo erano stati il nonno materno, Carlo Pellizzi e lo zio Giovanni Luigi Pellizzi. Lo studio, già attivo nel ’700, era stato ereditato nella seconda metà dell’800 dal senatore Luigi Rossi; ne ha fatto parte anche Camillo Giussani, presidente della Banca commerciale italiana. Tante ore dedicate al lavoro, ma qualcosa rimane anche per la vita privata. «Quando posso coltivo il mio amore per la montagna in Valle d’Aosta e sulle Alpi Apuane, che frequento a piedi, con gli sci e in mountain bike. Le due ruote sono state sempre il mio mezzo di locomozione preferito; con mio fratello Andrea e altri amici andiamo spesso a fare lunghe escursioni. Ho tenuto per cinque anni sul mensile Versilia oggi una rubrica di mountain bike e trekking» disponibile nell’archivio del mio sito Pietro Ichino. Un’altra mia passione è quella per gli scacchi. «La scacchiera è una metafora della vita: spesso si crede di avere una posizione dominante e non ci si aaccorge di avere un fianco scoperto, un punto debole che può rivelarsi catastrofico; viceversa, quando si pensa di essere ormai battuti, c’è una soluzione che fino a quel momento non era visibile che consente di ribaltare la situazione a proprio favore».