Massimo Gaggi, CorriereEconomia 30/11/2009, 30 novembre 2009
Buffett Super polizza contro l’inflazione- L’investimento nelle ferrovie Burlington gioca d’anticipo su possibili fiammate dei prezzi Voleva, dice, «colmare una lacuna della mia infanzia: mio padre non mi ha mai regalato un trenino»
Buffett Super polizza contro l’inflazione- L’investimento nelle ferrovie Burlington gioca d’anticipo su possibili fiammate dei prezzi Voleva, dice, «colmare una lacuna della mia infanzia: mio padre non mi ha mai regalato un trenino». Warren Buffett, il celebre investitore soprannominato l’«oracolo di Omaha», ha stupito tutti ancora una volta investendo 26 miliardi di dollari per acquistare la maggioranza (77%) della rete ferroviaria Burlington Northern Santa Fe e ora gigioneggia un po’ sulle ragioni della sua scelta. Se lo può permettere: anche se con la crisi ha perso una bella fetta del suo patrimonio e il primo posto nella classifica Forbes degli uomini più ricchi del mondo (ora è secondo), il contributo di dinamismo e di saggezza che ha dato al capitalismo Usa nel suo momento più difficile viene riconosciuto da tutti. Modello americano Che il 79enne miliardario del Nebraska sia un «fan» della «old economy» non è una novità. «Compro solo aziende che producono cose che capisco» è una delle frasi che ripete più di frequente. E, infatti, i suoi contatti con l’economia digitale sono limitati alle partite di bridge con Bill Gates. Per il resto, dalla Coca Cola alla Kraft, dalla Constellation Energy alla chimica Dow, Buffett ha sempre investito in prodotti di largo consumo che sono alla radice del modello americano. La crisi lo ha reso ancora più «patriottico». Nell’autunno scorso, mentre tutto sembrava crollare, il saggio di Omaha ha scommesso sulla General Electric, gigante dell’energia e dell’industria manifatturiera, comprando sue azioni per tre miliardi di dollari in un momento molto delicato per l’azienda. E poi ha investito cinque miliardi nella Goldman Sachs, architrave di un sistema finanziario che in quel momento sembrava sul punto di dissolversi. Un anno dopo la scommessa con Goldman l’ha stravinta: il grande recupero del titolo della banca di Wall Street gli garantisce una plusvalenza teorica di quasi 3 miliardi. Con Ge, invece, la partita è ancora tutta da giocare, il titolo è sprofondato in Borsa di un altro 40%. Ma il gruppo guidato da Jeffrey Immelt, spera di recuperare visto che è ben posizionato nei settori – tecnologie di risparmio energetico, eolico, solare, carbone «pulito», nucleare – che Obama vuole trasformare nel volano della ripresa Usa. Ci crede anche Buffett che ora moltiplica la posta investendo massicciamente anche in binari e locomotive diesel: apparentemente roba da «dinosauri del capitalismo», una tecnologica addirittura del Diciannovesimo secolo. E subito è iniziata la corsa degli analisti a individuare il pensiero sofisticato che sta dietro alla scelta: «Punta sul carbone, energia a basso costo e prodotta negli Usa, che viene trasportato coi treni». «Ha capito che sui binari si consuma meno energia e vuole creare una rete di treni passeggeri ’low cost’, una RyanAir delle ferrovie ». Probabilmente Buffett si è soprattutto convinto che, col settore privato impoverito dalla crisi, la ripresa americana passerà necessariamente per lo sviluppo di un’«economia delle reti». Un processo che parte dal rifacimento di quella elettrica, ma non potrà di certo trascurare un’infrastruttura ferroviaria che diventa sempre più strategica mano a mano che salgono i costi di un trasporto via camion condannato dalla sua inefficienza energetica. Ma, soprattutto, con la Burlington Santa Fe, il finanziere di Omaha ha comprato una polizza contro l’inflazione. Ha infatti acquisito binari, terreni, depositi, stazioni: beni fisici che dovrebbero mantenere intatto il loro valore anche se – come Buffett ritiene probabile – con la ripresa dell’economia partirà anche una fiammata dei prezzi, alimentata dall’enorme volume di liquidità fin qui immesso nel sistema. Buffett deve credere molto nel futuro dei treni perché non solo ha investito nella Santa Fe una quota consistente del patrimonio della Berkshire Hathaway ma, per concludere l’affare, ha accettato qualcosa che si era sempre rifiutato di fare: frazionare il valore delle azioni della sua società. Azioni frazionate «Voglio investitori di lungo periodo, non speculatori che scambiano vorticosamente il mio titolo» aveva sempre risposto a chi gli obiettava che è difficile investire in una società con un titolo che vale parecchie migliaia di dollari. Non ha cambiato idea nemmeno quando l’azione Berkshire è arrivata a 100 mila dollari (quella di classe B ne vale 3.300). Ma pagare i piccoli azionisti della Burlington non era possibile. Così ha accettato il frazionamento. Forse, però, c’è anche dell’altro. Sentendosi vicino al ritiro, Buffett avrebbe deciso di trasformare la sua Berkshire da un gigante dell’investimento finanziario in qualcosa che assomiglia più a una conglomerata della manifattura, dei prodotti di consumo, dei trasporti e delle utilities: business solidi con rendimenti stabili, abbastanza al riparo dalla concorrenza delle economie asiatiche. Un gruppo che può essere gestito con successo anche senza le mosse geniali di un finanziere entrato nel mondo degli affari a 6 anni (vendeva lattine di Coca Cola ai compagni di scuola) e che a sette già leggeva trattati sui mercati obbligazionari.