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 2009  novembre 28 Sabato calendario

ATENE PIANGE SUI SUOI BOND


«Un dramma greco... ma non una tragedia». Forse avranno voglia di scherzare gli analisti di Barclays Capital, ma il titolo di un loro studio sui mercati obbligazionari ben rappresenta la situazione che si è venuta a creare nel paese ellenico: se le voci di un possibile default che si sono rincorse nelle scorse settimane sono probabilmente esagerate, è anche vero che la faccenda è seria e gli investitori – piccoli o grandi che siano – faranno bene a non ignorarle.
Ma cosa è successo di tanto grave in questo novembre sulle rive del Mar Egeo? Che in Grecia la situazione dei conti pubblici non sia certo delle più rosee non è un mistero, così come non lo è il fatto che le statistiche ufficiali rilasciate nel paese siano ritenute poco affidabili e – per dirla con le parole del presidente della Bce, Jean-Claude Trichet – Atene abbia «un problema con la credibilità». La minicrisi è stata però probabilmente originata da un malinteso: il fatto che la Banca centrale greca abbia invitato i singoli istituti privati del paese a cercare forme alternative di approvvigionamento del denaro rispetto alle aste della Bce è stato interpretato come invito a vendere i titoli di stato greci (che le banche acquistano a piene mani offrendoli come collaterale nelle stesse operazioni di rifinanziamento).
Da lì a prefigurare scenari catastrofici di insolvenza il passo è stato breve, anche perché i conti di Atene (con un rapporto deficit/Pil previsto dalla Commissione Ue al 12,4% nel 2010 e una crisi economica, se possibile, ancora più profonda che nel resto d’Europa) non sono di quelli che lasciano dormire sonni tranquilli. Sui mercati obbligazionari uno scenario simile si è tradotto in un improvviso tracollo dei titoli di Stato ellenici, alcuni dei quali (vedi tabella sotto) hanno lasciato sul terreno anche più del 5% da inizio novembre, in un allargamento del differenziale di rendimento rispetto al bund tedesco (risalito a 180 punti dai minimi di 108 toccati ad agosto) e in generale nella crescita dei timori di default.
«I prezzi dei credit default swap assegnano alla Grecia nei prossimi 5 anni un rischio di insolvenza simile a quello della Russia e addirittura superiore a Filippine, Colombia e Panama, paesi emergenti che pure hanno rating godono di un doppia B peggiore rispetto alla singola A di Atene», fa notare Michael Riddell del fixed income team di M&G. Probabilmente il mercato sta esagerando, come spesso succede, ma il problema del rating (assegnato dalle agenzie o percepito dal mercato) non è certo secondario. Se infatti la Grecia dovesse retrocedere a «tripla B», i suoi titoli di Stato potrebbero in futuro non essere più accettati dalla stessa Bce come collaterale nelle già citate aste di rifinanziamento, aggiungendo così un ulteriore fattore destabilizzante.
Cosa fare dunque con i titoli greci che si hanno in portafoglio? Dipende anzitutto da quando sono stati acquistati: i bond hanno realizzato un vero e proprio rally da inizio anno (+6-8% a seconda delle scadenze), almeno fino a qualche settimana fa, e chi è entrato con tempismo potrebbe venderli portando a casa una plusvalenza significativa. A qualcuno potrebbe inoltre venire in mente di approfittare della debolezza per accumulare titoli ellenici, ma su questo aspetto gli analisti tendono a raffreddare gli entusiasmi.
«Sotto l’aspetto dei fondamentali – spiega Laurent Fransolet di Barclays Capital – la Grecia resta uno dei nodi più deboli d’Europa ed è improbabile che nelle prossime settimane il flusso di notizie torni a essere positivo. Da tempo siamo cauti su questi titoli, e forse è l’ora di attuare un atteggiamento più neutrale, ma questo non vuol dire che sia già tornato il momento di acquistare. Non escludo che gli spread greci possano ancora salire di 50 punti base». Dopotutto, all’apice della crisi post Lehman lo scarto fra Grecia e Germania era salito fino a 300 punti: chi volesse approfittare della crisi di Atene è avvertito.