Alberto Gaino, La Stampa 29/11/2009, 29 novembre 2009
«NEL CRACK CHRYSLER SI PROCEDUTO COME CON ALITALIA»
«Mi sembra di essere un pastore sardo» esordisce Franco Bonelli, in Italia uno degli avvocati di maggior peso, «di fronte alle dimensioni dei crac americani e alla rapidità delle procedure fallimentari» d’Oltreoceano. «La distanza è siderale» aggiunge riferendosi agli interventi di James M. Peck e Arthur J. Gonzales, i giudici della Southern Bankruptcy Court di New York che hanno esaminato (e deciso) le istanze di fallimento di Lehman Brothers e di Chrysler. Invitati da Luciano Panzani, presidente del tribunale di Torino, sono stati loro, aria dimessa e argomenti forti, il centro di gravità del convegno svoltosi ieri ad Alba: «Grandi e piccole insolvenze».
Peck racconta la sua esperienza: «Ci troviamo ad affrontare i postumi della più grande recessione delle nostre vite: il dolore della disoccupazione e la grande ansia che ha lasciato. I casi Lehman e Chrysler hanno rappresentato l’esigenza di vendite veloci per salvaguardare i posti di lavoro. Lehman era troppo grande per fallire e ha subìto proprio questo destino. Scoprii di dovermene occupare in un corridoio del mio ufficio: fu una cancelliera a dirmelo. E’ stata la banca più sfortunata di quelle messe alla prova dai mutui subprime, dalle cartolarizzazioni e dai derivati. L’esposizione delle controparti rimane una sfida per la mia gestione del caso».
E porge la notizia: «Le perdite, da 820 miliardi di dollari, saliranno a circa un trilione». Nel 2008 l’economista Roubini indicò questa stima per l’intero sistema americano. Peck sceglie per Lehman Brothers la metafora «del cubetto di ghiaccio che si scioglie perdendo ogni forma di riconoscibilità e valore. Paragone utilizzabile anche per Chrysler». Caso risolto grazie al sostegno del governo. Gonzales, il giudice di quella procedura, ricorda che, dopo i «primi 17,4 miliardi di dollari concessi a Chrysler e General Motors (bruciavano liquidità a velocità incredibile), non vi sarebbero stati altri incentivi senza un accordo con i creditori, fece sapere il presidente Obama. Per Chrysler erano subordinati al negoziato con Fiat. I piccoli creditori opposero resistenza e fu chiesta l’istanza di fallimento su cui io ho deciso. La mia ”opinion” è stata confermata dalla Corte d’appello del secondo distretto e credo sia stata corretta. Sono stati salvati i posti di lavoro, alcuni creditori saranno pagati in toto, altri no».
Le procedure del Chapter 11 hanno consentito di decidere per Lehman in cinque giorni, in poco più tempo per Chrysler. Bonelli vi vede molte analogie con «quella di Alitalia» (di cui si è occupato) e, rispetto a cui, rivela: «Però, per noi, il problema velocità non si è posto: ritardammo il trasferimento degli asset alla newco perché temevamo che i dipendenti facessero le cose peggiori sotto Natale». Anche questa scelta avrebbe coronato il successo dell’operazione secondo il professore. L’onorevole Vietti lo inchioda con garbo: «Bonelli ci ha raccontato una fiaba che ci aiuterà ad affrontare con spirito sereno i disagi dei voli Alitalia». Cose di casa nostra.