Attilio Bolzoni, la Repubblica 29/11/2009, 29 novembre 2009
Interno di una caserma, in un luogo segreto della Calabria. Il muro è coperto da una grande carta geografica dell´Africa
Interno di una caserma, in un luogo segreto della Calabria. Il muro è coperto da una grande carta geografica dell´Africa. Sul tavolo è srotolata una mappa del Venezuela, su un altro foglio si scorge anche la punta del Messico più vicina a Cuba. Nella stanza accanto c´è tutta la Spagna, dentro il cerchio rosso un lungo elenco di nomi nasconde la Costa del Sol. Gli spagnoli la chiamano la Cosca del Sol. Al riparo, lontana da orecchie e da occhi, la caserma è avvolta nel silenzio. I finanzieri dell´Antidroga sono attaccati alle cuffie. Ascoltano. Ascoltano anche di notte. Ascoltano voci che provengono da lontano. E fischi. Quegli stessi fischi che guidano le pecore lungo i sentieri dell´Aspromonte, l´alfabeto morse della ?Ndrangheta più tribale. Una "fischiata" fra Locri e La Paz, a volte può tracciare anche la rotta di una nave con le stive piene di cocaina. Mappe. Un atlante geo-criminale delle nostre mafie sparse sui cinque continenti. Mappe. Di "locali" o di "famiglie" radicati in grandi città e piccoli paesi, boss di prima o seconda o terza generazione che mischiano affari leciti e illeciti, spaghetti e narcos, grandi alberghi e stragi, commerci, traffici. I soldi non li contano neanche più. Li pesano. Sistemano montagne di banconote sulle bilance e poi fanno il calcolo. C´è sempre più Calabria e meno Sicilia nel made in Italy malavitoso, con i boss della Locride che sono diventati sempre più ricchi e potenti, e quegli altri di Palermo che ormai sono influenti solo a Brooklyn e a Cherry Hills. Il resto se lo sono presi Napoli e i Casalesi: riciclano dalla Costa Azzurra fino all´Avana. La prima trattazione del crimine italiano globale è firmata dall´ex presidente della Commissione parlamentare antimafia Francesco Forgione, trecento pagine di racconti e analisi in un libro che con il suo titolo e le sue cartine annuncia una diffusione planetaria: Mafia Export, come ?Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra hanno colonizzato il mondo. Che ci fanno tre pastori di San Luca nella suite del più esclusivo hotel di Torremolinos? «Siamo nella terra dei tori», sussurrano nel loro dialetto stretto al telefono mentre aspettano notizie dal loro amico che è già sul volo da Medellin. Dalla Spagna passano e sono passati tutti. Calabresi. Siciliani. Napoletani. Non c´è stato "carico" proveniente dal Sudamerica o dalla Nigeria che - negli ultimi quindici anni - non sia entrato in Europa dalla Spagna. La terra dei tori e dei latitanti italiani. Si nascondono sempre lì. E sempre lì, uomini sconosciuti che arrivano dalle Serre o dalla Piana di Gioia Tauro incontrano quegli altri uomini che si fanno chiamare El Tio o El Mono o El Nacho, emissari dei cartelli colombiani e messicani, ecuadoriani, boliviani, venezuelani. Tutti trafficanti che corrono a prendere valigie stracolme di soldi dai pastori, quelli che vivono fra le ramblas e Gibilterra. I Candeloro e i Parrello di Palmi che hanno preso casa a Fungirola, i Piromalli-Molè di Gioia Tauro che vivono a Barcellona, i Trimboli di Platì a Malaga, i Cicero di Belvedere Marittimo ad Algeciras, i Morabito di Africo a Madrid, i Maesano di Reggio a Palma di Majorca. Con loro c´è qualcuno che viene anche dalla Campania. Come quel Vincenzo Scarpa di Torre Annunziata, uno che fino a un paio di anni fa andava su e giù da Miami e riciclava. Altri soldi di altri amici. Un cittadino riverito nella comunità madrilena el señor Scarpa, salotti, auto di lusso e una società di catering che organizzava banchetti e ricevimenti anche per l´ambasciata d´Italia. Che ci fanno tre pastori di Palmi a Norimberga? E gli altri tre che vivono a Mannheim? A Munster ci sono gli Aracri di Crotone. A Siegburg i Giglio di Strongoli. A Ludwigsburg i Carelli di Corigliano Calabro. Ogni cosca ha il suo territorio. Come giù in Calabria. In Germania hanno portato anche le loro abitudini, i riti, le statue dei santi, le processioni e perfino la natura che avevano lasciato vorrebbero averla lì, fra le brume della grande pianura tedesca. Se a Reggio è il torrente Calonipace che segna il confine - sulla sponda destra comandano i Labate, su quella sinistra i Libri -, se sulla fiumara Buonamico di San Luca spadroneggiano su una riva i Pelle e i Vottari, gli Strangio e i Nirta sull´altra, è il Reno che taglia in due le tribù calabresi nel nord della Westfalia. Guten appetit, buon appetito. Dietro ogni "locale", quella che è la "famiglia" per Cosa Nostra, c´è un locale. I nomi sono i soliti: Stella di Mare, Calabrisella, Il Violino, Osteria del Sud, Bacco. E c´è sempre anche una trattoria San Michele, il santo protettore degli ?ndranghetisti. Da Bruno era il ristorante della morte di Duisburg, quello dei sei ragazzi uccisi, la strage di Ferragosto del 2007. Che ci fanno tre pastori di Gioiosa Jonica sul lago Ontario? Un palazzo tutto vetri, l´attico e il super attico, una terrazza sconfinata e un uomo di una quarantina d´anni - Giuseppe Coluccio - che ha una Ferrari, una Range Rover, una Maserati e una nave che si chiama Atlantide. Nell´oceano non pesca solo tonni e merluzzi. Suo fratello Salvatore, il più vecchio, si nasconde in una spelonca a Gioiosa. ricercato, fa una vita miserabile. Ma è lui il capo, Salvatore. La sede ufficiale della multinazionale del crimine "Coluccio & Coluccio" è sempre in Calabria, a Toronto c´è la direzione aziendale. Hanno comprato acciaierie nell´ex Germania dell´Est, residence e supermercati a San Pietroburgo, interi quartieri in Belgio e a Praga. un impasto di primitivo e di ipertecnologico la ?Ndrangheta che si espande nel mondo. Sono dappertutto. Vengono da Roccella, da Sinopoli, da Melito Porto Salvo e i loro parenti li ritrovi a Lomè - capitale del Togo - a Dakar - capitale del Senegal - in Guinea e in Namibia. Dove c´è un grande porto ci sono loro. Con le loro flotte e i loro denari. Ogni boss ha la sua zona. Un porto e uno Stato. Sono in ogni angolo della terra. Prima da trafficanti, poi da residenti. Comprano fattorie e foreste in Australia, comprano centri commerciali, sono padroni di società immobiliari, fanno affari con l´Italian Food. E importano droghe. Spesso restano impuniti, qualche volta finiscono in carcere. Come è accaduto due anni fa a Francesco Madafferi, un calabrese originario di Oppido Mamertina sposato con una cittadina australiana, frequentatore con i Perre e i Sergi del circolo Reggio di Parkville, un sobborgo di Melbourne. Sospettato di omicidi e coinvolto in un colossale traffico di ecstasy - più di quattrocento tonnellate, quindici milioni di pasticche - Francesco Madafferi era anche un clandestino. Il suo arresto a Melbourne è diventato un caso. La comunità calabrese che si è schierata contro l´espulsione firmata con un decreto dal ministro dell´immigrazione Philiph Ruddock, i quotidiani in lingua italiana che hanno sostenuto una «campagna umanitaria» a suo favore, il nuovo ministro dell´immigrazione Amanda Eloisa Vanstone che poi ha annullato il decreto di espulsione del suo predecessore e fatto diventare Madafferi cittadino australiano. Pochi mesi dopo un giornale di Melbourne, The Age, ha raccontato di una vicenda di finanziamenti al Partito conservatore della ministra Vanstone, contributi che venivano da gruppi imprenditoriali, tutti sostenitori del calabrese prima espulso e poi riabilitato. La polizia di Melbourne, nel febbraio del 2009, ha aperto un´indagine. E la ministra, già travolta dalle polemiche, è stata dimessa e nominata ambasciatrice. A Roma. la signora Amanda Elosia Vanstone che ancora oggi rappresenta il governo australiano in Italia. Nella terra più lontana i Calabresi hanno avuto bisogno di avere una loro Cupola, come quella dei Siciliani. Troppo grande l´Australia - il doppio dell´Europa - per spartirsela con le rappresentanze familiari. Infinite le distanze per comunicare fra cugini e cognati. Se la sono divisa in sei territori. Giuseppe Carbone nel South Australia, Domenico Alvaro nel New South Wales, Pasquale Alvaro a Canberra, Peter Callipari a Griffith, Pasquale Barbaro a Melbourne, Giuseppe Alvaro ad Adelaide. Sono i sei "Crimini" della ?Ndrangheta australiana, i sei capi. Anche loro però dipendono dal "Capo Crimine" che, ogni anno a settembre, viene nominato sopra San Luca al santuario della Madonna dei Polsi. Che ci fanno tre pastori di Platì ad Amsterdam? Nella caserma, in quel luogo segreto della Calabria, ascoltano le telefonate che arrivano ai loro cellulari. Partono dalla Sicilia. Partono dalla Spagna. Partono dalla Colombia. Partono anche da uno dei quartieri più eleganti di Amsterdam, da una bella casa di proprietà dell´avvocato Leon Van Kleef. Catturano tutti, trafficanti e pure l´avvocato. Poi il mandato di cattura internazionale per Leon Van Kleef viene revocato. Van Kleef non è un avvocato qualunque: è il Presidente della camere penali olandesi, è il legale della regina. Che ci fanno tre pastori di Platì ad Amsterdam?