Giovanni Pons, Corriere della Sera 29/11/2009, 29 novembre 2009
DAL NOSTRO INVIATO
DUBAI - «All´origine di tutto c´è una questione di sabbia portata dal deserto e buttata nel mare per creare le isole galleggianti». C´è da rimanere a bocca aperta ad ascoltare l´alto funzionario di una delle banche pubbliche locali che sotto garanzia di anonimato ripercorre la storia che ha portato la Nakheel, società di costruzioni controllata a cascata dal governo del Dubai, a provocare un buco nei conti di entità non conosciuta con precisione da nessuno. «Non hanno imparato la lezione della Palm Jumeirah e ora le conseguenze saranno dolorose». La Palm Jumeirah è quell´isola galleggiante a forma di palma che rompe il piattume della costa di Dubai e sulla quale sono state costruite ville, alberghi e appartamenti. La mega-operazione immobiliare si è rivelata un successo ma con qualche inconveniente che non si è tenuto nel dovuto conto per gli investimenti successivi. L´isola è stata creata dal nulla portando la sabbia dal deserto e "sparandola" in acqua con dei cannoni insieme a dei massi per formare una sorta di terraferma. Operazione dal costo elevatissimo anche se il governo ha fatto in modo di concedere tutte le facilitazioni del caso. Ma di successo perché le ville sono state vendute in anticipo, sulla carta, a prezzi molto convenienti, tra uno e due milioni di dollari l´una. E quando la Nakheel si è accorta che i costi di costruzione di tutto il complesso avevano superato le previsioni è corsa ai ripari diminuendo l´ampiezza delle ville da consegnare, il numero degli alberghi e anche quello degli appartamenti. Tuttavia coloro che avevano acquistato in anticipo hanno comunque accettato di ritirare gli immobili senza protestare in quanto nel frattempo i valori degli stessi si erano moltiplicati. Negli anni del boom immobiliare, cioè fino al 2007, le ville da un milione sono arrivate a valere 10 milioni e ora che la bolla è scoppiata ne valgono ancora tre.
Tutto ciò doveva far suonare dei campanelli d´allarme ai costruttori locali ma al contrario la Nakheel si è lanciata in progetti ancora più faraonici. A est e a ovest della Palm Jumeirah avrebbero dovuto sorgere la Palm Deira, vicino all´Al Hamriya Port, il The World (il cui progetto visto dall´alto doveva raffigurare tutti i continenti) e il Palm Jebel Ali, poco distante dall´omonimo porto commerciale che nel corso degli anni è diventato il quinto del mondo. Quest´ultimo complesso, nella campagna pubblicitaria, veniva descritto come un´opera delle dimensioni doppie dell´isola di Hong Kong. Poiché tutto ciò avveniva prima dello scoppio della crisi dei subprime, le grandi banche internazionali, gonfie di denaro a buon mercato e alla ricerca di ritorni sugli investimenti sempre più alti, hanno finanziato i progetti senza battere ciglio. E la Nakheel ha acceso i motori dei camion cominciando a trasportare la sabbia dal deserto e a gettarla in mare per formare la terraferma delle isole. Inoltre, come aveva fatto con la Palm Jumeirah, ha cominciato a vendere i futuri immobili sulla carta per dimostrare alle banche la bontà dell´operazione. Senonché è arrivata la crisi dei mutui subprime e il conseguente crollo dei valori immobiliari che a Dubai si è concretizzato con un po´ di ritardo, nel gennaio-febbraio di quest´anno. La Nakheel è andata in crisi come molte altre imprese di costruzioni locali ma in quel frangente è intervenuto il governo di Abu Dhabi con il lancio di una ciambella di salvataggio da 20 miliardi di dollari, di cui la metà sottoscritti immediatamente. I bond emessi dalla Nakheel sono crollati fino a 30 centesimi e a quel punto la maggior parte delle banche locali è intervenuta acquistando questi bond un po´ per dovere e un po´ perché i prezzi erano stracciati. Così è stato evitato il peggio anche se il problema all´origine - i progetti immobiliari faraonici e dal costo esorbitante - si è ingigantito poiché è risultato chiaro che le varie isole galleggianti non verranno mai completate. E di conseguenza il ritorno su quell´investimento per la Nakheel, per le banche che hanno prestato i soldi e per gli investitori che hanno sottoscritto i bond, si è volatilizzato mentre una parte dei costi è a bilancio.
«Resta da capire quale sia la reale situazione finanziaria della Nakheel», dice il nostro interlocutore con l´aria un po´ preoccupata, «forse è anche questo il motivo per cui lo sceicco al-Maktoum ha deciso di chiedere il congelamento del debito, vuole vederci chiaro anche lui». In pratica nessuno sa quali sono i conti reali della Nakheel. Nei prospetti informativi a corredo delle emissioni obbligazionarie sono stati prodotti molti documenti ma nessuno fornisce uno spaccato attendibile. E soprattutto c´è il rischio che alcune poste collocate all´attivo siano in realtà delle passività. «Se un acquirente ha versato 30 su un totale di 100 per l´acquisto dell´immobile, gli altri 70 nel bilancio Nakheel erano rappresentati da "receivables" (soldi da ricevere, ndr) mentre ora dovranno diventare debiti visto che i progetti sono stati cancellati».
Dunque, riepilogando, la Dubai World che controlla la Nakheel ha chiesto il congelamento dei 59 miliardi di debiti che ha in portafoglio. Una grossa fetta di questi fa capo alla Nakheel ma non si sa esattamente quanto. Il resto si riferisce alla Dp World, l´altra società controllata dalla Dubai World che gestisce i porti, un´attività ancora molto profittevole. Il problema è che i debiti della Nakheel sono probabilmente sottostimati di una decina di miliardi di dollari e questa incertezza agita sia le autorità locali sia la comunità finanziaria internazionale.